Biennale di Venezia. Il Padiglione Estonia di Kim Lemsalu
Parola a Irene Campolmi, membro del comitato scientifico del Padiglione estone nell’ambito della Biennale di Venezia.
Attraverso le parole di uno dei membri del comitato scientifico del Padiglione estone, curato da Maria Arusoo, ci avviciniamo a Kris Lemsalu (Tallinn, 1985) e alle sculture che reagiscono al progetto espositivo Birth V. Hi & Bye alla 58esima Biennale d’Arte di Venezia. Abbiamo domandato a Irene Campolmi di approfondire il percorso espositivo e il suo rapporto con l’artista.
In quale occasione hai incontrato Kris, quando avete cominciato a lavorare insieme e quale caratteristica, del suo lavoro performativo ti ha colpita?
La prima volta che ho “incontrato” Kris Lemsalu giaceva sotto un enorme guscio di tartaruga di porcellana policroma nello spazio della galleria Temnikova & Kasela durante Frieze Art Fair nel 2016. A una prima impressione, poteva sembrare schiacciata dal peso della scultura che la sovrastava, ma i suoi movimenti silenziosi, elastici e quasi impercettibili suggerivano che, piuttosto che nascondersi, Kris stesse cercando un rifugio, uno spazio isolato dalla frenetica folla di artisti, galleristi, curatori e collezionisti che giravano per le corsie di Frieze per incontrare quel collezionista, andare a un meeting, passare da un booth all’altro o non mancare di vedere quella performance. Durante le 36 ore in cui la fiera è stata aperta al pubblico, Kris è rimasta silenziosa, da sola come dice il titolo del pezzo, Whole Alone 2, lasciando intendere ai visitatori che qualcosa stesse per accadere. Kris era una presenza assente, uno spirito incarnato che abitava gli spazi della fiera come un profeta avrebbe fatto negli spazi di una zona di conflitto, infondendo oracoli mistici nella sua atmosfera sovraeccitata e ricordando alle persone che qualcosa sarebbe prima o poi accaduto.
In quale direzione si è evoluta la pratica di Kris con Birth V. Hi & Bye?
La mostra rappresenta l’ingresso e al tempo stesso l’‘uscita’ di Kris dal mondo dell’arte con la pratica artistica con cui si è fatta conoscere. Kris ha immaginato fin da subito questo progetto come un’esperienza unica, in cui poter coinvolgere tutte le persone – curatori, amici, mentori, collaboratori – che l’hanno accompagnata negli anni, in modo che l’intera mostra fosse il risultato dell’incontro di energie e sinergie molteplici, diverse e al tempo stesso così vicine perché catalizzate dall’artista a Venezia. In fondo, ci troviamo qui per volontà di Kris Lemsalu, per le sue sculture e l’energia che catalizza attorno al progetto Birth V. Hi & Bye realizzato per il Padiglione estone.
Quali legami, strutture, sintonie e riflessi ha creato con la sede del Padiglione alla Giudecca?
È la prima volta che il Padiglione estone è presentato sull’isola di Giudecca in una rimessa per barche ancora in funzione della ditta Legno & Legno. È una struttura curiosa, imprevista, dalle connotazioni industriali, la cui nuda semplicità ha ispirato Kris sin dall’inizio. Su una colonna centrale si sviluppano tre storie di nascita, vita e morte. Fontane scultoree raccolgono gli zampilli d’acqua che spruzzano dall’alto conchiglie in cui si racchiudono vagine; come su invocazione di uno sciamano emergono dalle umide profondità di vasche calcarose, invischiate tra una discontinua melodia vitale e un canto angelico tra i piú aulici. Il progetto, accompagnato da un’installazione sonora dell’artista newyorkese Kyp Malone, che raccoglie i suoni di Venezia, sembra creare le condizioni per l’artista e per lo spettatore per provare una rinascita, ma attraverso l’arte.
Impregnate di un’estasi spirituale, vagine di porcellana policroma germogliano, tendendo molteplici mani aperte verso l’esterno come per tentare di raggiungerci, afferrandoci per riportarci brutalmente in vita e, al tempo stesso, aiutandoci per sollevarci verso l’aldilà. Mentre restiamo in sospeso tra qua e là, tra la vita e quello che c’è oltre, una barca – forse quella di Caronte ‒ ci conduce non solo fuori ma quasi di nuovo dentro verso una nuova vita. In questa condizione, ci reinventiamo nuovamente, non più soli come quella prima creatura, ma attraverso l’aiuto degli altri; e così, in questo modo, riusciamo ad arrivare dove vogliamo.
A livello di curatela, avete deciso di approfondire tematiche e aspetti differenti, uno per ciascuno curatore, oppure avete valorizzato apporti diversi, nei confronti della pratica di Kris?
In realtà Kris ha deciso fin dall’inizio che non ci sarebbero stati collaboratori nel progetto col ruolo di ‘curatore’, come avviene per ogni mostra (Biennale inclusa) nel sistema dell’arte contemporanea, ma piuttosto quello di ‘menti di supporto’ al progetto. Nell’ultimo anno ha radunato attorno a sé amici, mentori, scrittori e curatori, musicisti e tecnici che negli anni hanno aiutato il suo lavoro a diventare ciò che è oggi. La mostra Birth V. Hi & Bye è una celebrazione della vita, del modo in cui veniamo al mondo per poi uscirne nuovamente, o chissà forse rientrare in una nuova vita.
Come ha reagito Kris all’augurio/tematica di Ralph Rugoff, May You Live In Interesting Times?
Non saprei, direi forse creando un progetto che ha dato e darà modo di riflettere alle persone su quella dimensione spirituale, sciamanica, strana e al tempo stesso sensuale e attraente che è la vita.
Potresti esprimere un augurio che accompagni il visitatore lungo il percorso di Birth V. Hi & Bye?
Lasciarsi trasportare dalla sensualità intrigante e ipnotica di questa mostra per rinascere spiritualmente attraverso le emozioni che suscita l’arte.
‒ Ginevra Bria
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