Fondazione Coppola a Vicenza. Intervista al presidente
Mancano pochi giorni all’inaugurazione della mostra che segna il debutto del nuovo polo per l’arte contemporanea vicentino. Abbiamo intervistato il fondatore Antonio Coppola.
Quali sono gli intenti alla base della Fondazione e quali le ragioni che hanno portato alla scelta del Torrione di Porta Castello come sede?
Condividere la mia passione per l’arte con le persone che mi circondano e contribuire a instaurare un dialogo con le invisibili sfere ‒ quelle più intime e creative ‒ delle attività intellettuali e spirituali dell’uomo. Il Torrione è un’occasione inaspettata, un luogo di incontro tra storia e presente, è una prova di resistenza dell’uomo alla fragilità che lo segna. È un simbolo che vuole rigenerarsi e che nel far questo genera un processo speciale di cognizione tra il visitatore e le opere esposte, un mini cortocircuito culturale.
Come si è sviluppato l’intervento di restauro a opera dello studio UP3 Architetti Associati?
Nel rispetto della storia del Torrione, nel non volere predominare su quanto i secoli ci hanno consegnato. Mi sembra che gli architetti De Biasi e Durante abbiano brillantemente rispettato, al punto di scomparire, lo spirito e l’essenza di un posto che dopo otto secoli è attuale per il suo pudore, per la carica di significati, per l’imponenza eloquente e allo stesso tempo fragile.
Lei ha donato il Torrione al Comune di Vicenza in cambio di un usufrutto di trent’anni. Come rinsalderete il già solido legame con il territorio attraverso l’attività della Fondazione?
Attraverso l’adozione della torre da parte dei cittadini, facendola assurgere a simbolo di luogo vivente e pregno di significati. È un’operazione che può funzionare se ci si ricorda che solo credendoci le cose possono succedere, che un luogo apparentemente sterile può ritrovarsi a stimolare un dialogo culturale e spirituale. L’importante è che il Comune continui a collaborare e che la torre sia sentita come una casa comune.
La Fondazione Coppola mira a essere un polo per l’arte contemporanea. Che significato ha questa operazione nel contesto vicentino? Avete già avviato collaborazioni con altre sedi culturali presenti in Veneto?
È un’operazione, forse inedita per il territorio, che porta all’attenzione del cittadino e dell’uomo comune il tema dell’arte visiva. Ed è anche un pretesto affinché in una piccola città chiunque possa interrogarsi sul ruolo e sul significato dell’arte.
Come sarà strutturato il vostro programma espositivo?
Si deciderà di semestre in semestre, di anno in anno. Non vogliamo ingessarci da subito con programmi disegnati in largo anticipo.
La mostra inaugurale vede protagonisti Neo Rauch e Rosa Loy. Ci racconta qualcosa di più?
Durante una loro visita a Vicenza, ebbi modo di accompagnarli a fare un sopralluogo nella torre. La loro reazione fu generosa e sentita, in quanto subito condivisero l’idea di fare una mostra nella torre.
Quanto peso avrà l’arte emergente nella vostra programmazione?
Tanto. Vogliamo che la fondazione sia un luogo in cui gli artisti emergenti possano dire la loro, un acceleratore culturale, piccolo ma sincero.
Da chi è composto il vostro team? Avete già in mente progetti di residenza per artisti o workshop che avvicinino il loro lavoro al pubblico?
Un grande collezionista, un gallerista internazionale, io, mia figlia, un rappresentante del Comune, un architetto e alcune figure con mansioni più tecniche. Ci sono al momento solo idee allo stato embrionale per progetti extra espositivi.
‒ Arianna Testino
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