Football Drama, il videogioco dedicato al calcio
Intervista a Pietro Polsinelli, “scrittore” del videogioco Football Drama, che apre nuove prospettive sulla disciplina calcistica.
Football Drama è un nuovo videogioco ambientato nel mondo del calcio e sviluppato dallo studio italiano Open Lab Games. Chi gioca interpreta il ruolo di Rocco Galliano, vecchio allenatore chiamato a salvare dalla retrocessione la squadra del Calchester. Football Drama alterna le partite del campionato a dialoghi con scelte capaci di influenzare la trama e di modificare le due statistiche che rappresentano lo stile di Rocco come allenatore, Karma e Kaos. I dialoghi, le scelte fatte e queste due statistiche permettono anche di ottenere carte speciali da giocare per tentare specifiche strategie durante le partite, rappresentate in un modo molto semplice, mostrando non i movimenti dei giocatori (se non nei momenti finali di un’azione vicino alla porta), ma solo la posizione della palla nel campo e la squadra che ne ha possesso. Anche le azioni che Rocco può compiere, dalla panchina, sono limitate: può decidere quanto debba essere aggressiva la squadra e può appunto giocare le carte speciali, che non sempre hanno però successo.
Pietro Polsinelli è lo scrittore di Football Drama, ne ha programmato quasi tutto il codice e ha lavorato al suo “design”, cioè allo studio delle meccaniche di gioco e della loro integrazione con gli altri elementi dell’esperienza, in questo caso soprattutto quelli narrativi. Abbiamo parlato con lui via Skype per capire come è nato uno dei più insoliti videogiochi di calcio mai realizzati.
L’INTERVISTA
Prima di tutto, chi è Pietro Polsinelli?
Sviluppo software da sempre, ma da circa otto anni lavoro ad “applied games”, giochi applicati. Giochi di formazione di vario tipo, su progetti europei, per università, gruppi di ricerca, qualche volta per aziende. Su questo ho fatto anche tanto lavoro di ricerca teorica e ora sono ricercatore di Games for Health per l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Football Drama è il nostro primo videogioco commerciale, ho iniziato a lavorarci quattro anni fa facendo ricerca sul concept, lavorando su prototipi della parte di gestione delle partite e progettandone la narrativa, ma lo sviluppo vero e proprio è durato due anni.
Cosa è Open Lab Games, lo studio di cui fai parte?
Open Lab Games è una piccolissima società che dalla sua nascita ha attraversato varie fasi. È stata una società molto più grande, ha avuto sino a sedici persone, e ha generato due società che sono state vendute o sono state acquisite. Lo spirito della società è sempre stato la ricerca di nuovi software e nuove soluzioni, non diventare più grandi possibile e fatturare il più possibile, e al momento è un gruppo di quattro persone incentrato sulla realizzazione di giochi commerciali, giochi applicati e applicazioni per web. Pino Panzarella ha fatto le animazioni, l’interfaccia utente e ha progettato visivamente Football Drama, Matteo Bicocchi si è occupato della parte su iOS e della pubblicazione e ha esteso gli Achievement di Steam (obiettivi sbloccabili sulla piattaforma di distribuzione Steam, la principale per PC) su un sito di approfondimenti e Laura Mirri e Daniela Calogiuri ci hanno aiutato con supporto, contabilità e contatti.
Però hanno collaborato anche altre persone alla realizzazione di Football Drama.
All’inizio, sulla parte di ricerca, sono stato aiutato da Daniele Giardini. Giardini, che usa come etichetta “Demigiant”, è in grado di fare qualsiasi cosa: scrivere, programmare, creare estensioni per Unity. Daniele ha disegnato tutti i personaggi e tutte le carte e Pino si è occupato di integrarle. Le musiche sono di Marta Ascari, che ha realizzato una colonna sonora registrata in studio, con strumentisti jazz, e insieme a me (io ho scritto il testo) ha realizzato la canzone presente nel gioco. Infine, Charlene Lebrun ha fatto il lavoro di PR.
Come è nata l’idea?
Io non sono per nulla un amante del calcio, non sapevo neanche la differenza tra l’Europa League e la Champions League, ma mi è sempre piaciuto come sport da praticare e da vedere. Ho notato che anche negli amici più snob e intellettuali, spesso di sesso maschile, c’era una incredibile e inspiegabile passione folle per il calcio, una passione che non avresti mai sospettato. E questo mi ha incuriosito. Sono andato a vedere cosa ci fosse di letteratura ben scritta sul calcio, e lì mi si è aperta una letteratura sterminata e di grandissima qualità su cui si sono esercitati i più grandi intellettuali del Novecento: da Umberto Saba a Pasolini a Wim Wenders a Eduardo Galeano e Osvaldo Soriano… Ho cominciato a leggere sia la letteratura dedicata al calcio (come la poesia) sia la saggistica, e tutto questo può riassumersi in un solo autore, cioè Roland Barthes. Il suo testo fondamentale da questo punto di vista è Le sport et les hommes (documentario realizzato con Hubert Aquin), che tratta vari sport tra cui il calcio dal punto di vista antropologico. Barthes negli Anni Cinquanta aveva già capito che la cultura più pop potesse avere una densità straordinaria e Football Drama è, seppur scritto in modo delirante, un trattato di antropologia del calcio.
Quindi la voglia di raccontare il calcio in un videogioco viene dalla scoperta di questa sua pregnanza culturale?
La voglia di raccontare il calcio è nata dal vedere come sia ben raccontato in altri media, in poesia, in letteratura e in film come Il mondiale dimenticato. Mi son chiesto perché noi invece abbiamo nei videogiochi solo roba come FIFA (celebre serie di videogiochi di calcio della grande multinazionale Electronic Arts) e Football Manager (serie in cui chi gioca gestisce una squadra di calcio), due oggetti di una tristezza infinita. Mi son reso conto che forse c’era l’opportunità di fare una cosa diversa.
Poi, stavo cercando applicazioni della scrittura che non fossero scrivere il grande romanzo. Io ho studiato tanto scrittura, ho scritto storie brevi, ho iniziato a pubblicarle, ma questo genere di scrittura è ormai abbastanza autoreferenziale e non raggiunge le persone. Questi due percorsi, la volontà di raccontare il calcio e di superare la narrativa del romanzo, si sono uniti a una mia passione: creare giochi di strategia molto semplici da usare. Il calcio ha una complessità d’azione infinita: ci sono gli schemi, i singoli giocatori e le regole sono molto più complesse di quello che la gente sa. Ho cominciato a realizzare prototipi di simulazione calcistica, poi un giorno io e mio figlio, che all’epoca aveva 7-8 anni, ci siamo messi a fare un gioco di carte sul calcio: abbiamo disegnato le carte e creato un campo da calcio molto semplice, diviso in fasce, ed è lì che è nato l’attuale modello di Football Drama. È il tipo di game design che piace a me: meccaniche molto semplici ma molto espressive.
Come nascono le statistiche, le variabili che regolano Football Drama?
La scrittura per un videogioco è una scrittura tutta speciale: tutte le variabili devono mescolarsi con la tua narrazione e devi creare quelle che sostanzialmente sono delle scelte. Avere queste variabili, Karma e Kaos, permette di creare delle scelte esistenziali che cambiano ciò che succede e di legare narrativa, carte e meccaniche, perché c’è un rapporto diretto tra i punteggi di Karma e Kaos, quali carte ti arrivano e l’efficacia delle carte usate nelle partite.
Oltre a Karma e Kaos, però, in Football Drama ci sono tantissime altre statistiche (sono sedici in tutto).
Uno dei fattori che rendono il calcio un’esperienza interessante è che il perdente può sempre vincere. Anche dal punto di vista antropologico è un fattore fondamentale, ma a chi gestisce il calcio questo sfugge del tutto, come mostra l’introduzione della VAR che inserisce fattori di determinismo in ciò che invece affascina per il suo indeterminismo. Il fascino del calcio è l’errore inaspettato, il rigore che non esiste e che rovescia la partita. In Football Drama c’è un margine di casualità e quanto sia probabile che una cosa succeda o no dipende da tantissimi fattori: in ogni momento il gioco calcola una distribuzione di probabilità che tiene conto di sedici statistiche, una funzione d’onda che varia nel tempo (e simula il fatto che nessuna squadra riesca a dare il massimo senza pausa per un’intera partita), se stai giocando sul sicuro o rischiando, il tempo, se stai giocando in casa o fuori casa e il numero di cartellini gialli e rossi. Non voglio che tu capisca tutto, questo rovinerebbe la magia.
Durante il gioco Rocco si affida ripetutamente all’I-Ching, il Libro dei Mutamenti, lanciando tre monete e prevedendo dal risultato il suo futuro. Come è arrivato l’I-Ching in Football Drama?
L’I-Ching è importantissimo, perché introduce questa dimensione di apparente indeterminatezza che è presente nel calcio. Aggiunge una dimensione un po’ lirica, ed è il tentativo di Rocco e del giocatore di dare un senso a ciò che accade. In una fase della mia vita ho usato effettivamente l’I-Ching, con grande soddisfazione, quindi credo veramente nel suo potere di predire il futuro. Ed era un omaggio a Philip K. Dick che lo usava.
Una differenza importante tra Football Drama e i normali videogiochi di calcio è come rappresenta i giocatori: sono sullo sfondo, quasi assenti. Perché questa scelta?
È una scelta che parte dalla narrativa: quello che volevo rappresentare è Rocco. Rocco non è onnipotente e non volevo che i giocatori fossero dei robot telecomandabili come di solito è rappresentato il calcio nei videogiochi. È il punto di vista di uno che urla della panchina, per questo per me è ottimo che non ci sia un rapporto deterministico tra le carte e quello che succede. I giocatori sono una nebbia informe, solo intravista. Questo è un gioco che investe tantissimo sul giocatore, lascia tantissimi spazi per immaginare. Anche l’I-Ching è un’occasione che do al giocatore per crearsi un suo mondo. In parte sono limiti di budget, ma in parte è intenzionale.
Hai capito, alla fine, perché alla gente piace il calcio?
È qualcosa che in parte va lasciato aperto, ma dal punto di vista antropologico non ci sono dubbi: il calcio è una rappresentazione ritualistica della guerra. E noi come esseri umani abbiamo bisogno di guerra in qualche forma, anche solo in forma di rappresentazione. Il teatro in parte svolgeva questo scopo, oggi lo fa il calcio. È un ruolo terapeutico, non è una glorificazione della guerra: le rappresentazioni rituali servono proprio ad allontanare il bisogno, a trasformarlo in qualcos’altro. L’hooliganismo, che è un fenomeno minore rispetto a come viene rappresentato dalla stampa, è un fraintendimento di questo ruolo rituale: la rappresentazione del conflitto viene scambiata per occasione di conflitto.
Football Drama è quindi una storia sul calcio come cultura, ma al suo centro c’è una rappresentazione molto severa dell’industria del suo spettacolo. Il conflitto principale è tra Rocco e Splatter, presidente della Thiefa League, chiaro riferimento a Blatter, ex-presidente della FIFA condannato per corruzione.
Il calcio è anche uno spettacolo, ma, come in tutti i settori dello spettacolo in cui girano dei soldi, vediamo enormi fenomeni corruttivi. Nel calcio difficilmente potrebbe essere altrimenti, perché diciamo che il calcio muove tanti soldi ma non è vero: muove tanti interessi e quindi tanto potere. Una singola acciaieria in Inghilterra fattura più dell’intera Premier League.
State già lavorando a qualcosa di nuovo?
Sarà un videogioco su uno sport di contatto femminile, il Roller derby, e si chiamerà Roller Derby Drama. Un gioco narrativo e di gameplay che segue cinque giocatrici di questo sport. Avrà sei punti di vista diversi: le cinque giocatrici e l’allenatrice.
‒ Matteo Lupetti
https://www.open-lab.com/games/footballdrama/
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