L’artista globetrotter. Intervista a Francesca Grilli
Come campano le artiste? A partire da questa domanda ha preso forma la nostra inchiesta, che ha coinvolto numerose voci del panorama contemporaneo.
Dopo Liliana Moro tocca a Francesca Grilli dire la propria sul tema del sostegno alle artiste da parte del sistema dell’arte.
Come vivono gli artisti?
Non faccio segreto nel dire che l’aspetto economico è difficile. Credo che dipenda anche dalla pratica artistica che si è deciso di approfondire. Nel mio caso, lavorando soprattutto sullo sviluppo di progetti, performativi ma non solo, cerco di espandere la mia pratica coinvolgendo altre discipline da cui attingere supporto, nella produzione, nelle economie.
Quali sono le tue fonti di reddito più ricorrenti?
Il mio reddito deriva dalla vendita delle mie opere con la Galleria Umberto Di Marino, dalla vendita delle mie performance e dall’insegnamento. Avendo fatto scelte di vita ben precise, di avere figli ad esempio, ho deciso di trasferirmi in Belgio, dove gli artisti meritevoli (devi dimostrare che guadagni e hai un CV attivo), possono godere dello Statuto d’Artista, laddove per un periodo non hanno delle entrate. Questo mi ha permesso di avere una seconda maternità l’anno scorso, che è una gran cosa se si vuole costruire una vita che non sia basata soltanto sull’aiuto dalla famiglia di origine.
Cosa ti aspetteresti di più dal sistema dell’arte? Cosa vorresti che ti desse?
Vorrei che le contaminazioni con altre discipline fossero incoraggiate maggiormente, vorrei che ci fosse un sostegno trasversale per pratiche sperimentali come la performance. In Italia vi è la necessità di un riconoscimento come artista, dalla burocrazia al sostegno alla vita stessa dell’artista.
Pensi che ci sia un problema di riconoscimento delle donne artiste?
Amo molto l’Italia, per questo motivo ho deciso di fare base all’estero per un po’, per continuare ad amarla. Nel nostro Paese credo ci sia una forte resistenza ad abbattere il “vecchio sistema” per far spazio al nuovo, in ogni campo, dalla famiglia alla politica, fino alle arti. Il mondo sta cambiando velocemente, allontanandosi sempre di più dal vecchio e rigido patriarcato, per questo motivo nel mondo abbiamo sempre più donne che occupano posti decisionali importanti, ma che soprattutto portano modelli comportamentali differenti. Le cose si stanno muovendo, ma con grande lentezza, cosi come nella vita. Mi piacerebbe ci fosse più coesione tra le mie colleghe e i miei colleghi – aiuterebbe a velocizzare il cambiamento. Invece ci sono ancora molti tabu, come essere madri e artiste ad esempio. In Italia c’è talmente poca opportunità di crescere che è difficile avere lo spazio per proporre il nuovo, quando sei occupato a sopravvivere.
Come riesce un’artista globetrotter come te e completamente identificata con la propria pratica a gestire la vita privata e il rapporto con la famiglia?
Improvvisando, credo. Nel 2009, quando ero incinta di Agata, la mia prima figlia, ho deciso che avrei trovato un modo di combinare il bisogno di fare arte con la maternità. Era chiaro che avrei dovuto fare delle rinunce, ma tutto sommato non ho mai rinunciato a ciò che più mi stava a cuore: la possibilità di creare e di essere libera di farlo. Sono stata fortunata in questo, ma anche molto tenace. Non separo la mia vita tra famiglia e arte, ma seguo un processo creativo nel quale sono comprese le mie figlie, così come le mie creazioni artistiche. Ho sempre viaggiato con la mia famiglia, che nel corso degli anni si è allargata: fare arte è anche questo, insegnare alle proprie figlie ad allenare lo sguardo sul mondo, ampliandolo il più possibile. In Italia era difficile portare avanti questo stile di vita, il modello attuale schiaccia ogni possibilità di avere una struttura familiare diversa, così me ne sono andata a Bruxelles. È importante crescere stando nel mondo. E a loro racconto che stiamo facendo un lungo viaggio.
‒ Santa Nastro
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #51
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