Il futuro delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Intervista al nuovo direttore
Parola a Giulio Manieri Elia, nuovo direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Tra novità e programmi a lungo termine.
Dopo l’addio dell’ex direttrice Paola Marini, sostituita per sopraggiunti limiti di età, e l’interim gestito dal segretario generale del Ministero Giovanni Panebianco, da qualche mese è Giulio Manieri Elia a capo delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, che pochi giorni fa hanno presentato al pubblico i nuovi spazi di accoglienza. Tra desiderio di continuità e spinta al rinnovamento, Manieri Elia anticipa il futuro della sede culturale veneziana.
La sua nomina a direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia risale allo scorso giugno. Che cosa ha significato per lei assumere questo tipo di incarico in una sede di cui è stato vice direttore dal 2009 al 2013?
Assumere questo incarico ha avuto per me un grandissimo significato. È stato il culmine di un percorso che mi ha visto presente nel museo in veste prima di funzionario, poi di vicedirettore dal 2009 e infine di direttore delegato dal 2013; l’ultimo prima della riforma. A parte l’esperienza di alcuni mesi al vertice del Segretariato del Veneto, ho svolto, dunque, gran parte della mia carriera nell’Amministrazione dei Beni Culturali alle Gallerie dell’Accademia; questo mi ha fornito una conoscenza senza pari della struttura e delle persone che vi lavorano e, come può immaginare, anche una grande affezione verso il museo.
Il testimone ricevuto da Paola Marini ha un peso ben preciso, che racchiude le molte iniziative messe in atto negli scorsi anni per rilanciare le Gallerie dell’Accademia ‒ dalle grandi mostre temporanee alle residenze d’artista fino alla collaborazione con le istituzioni locali e internazionali. Quali strategie e azioni concrete ha in mente per il futuro?
Il testimone per la verità l’ho ricevuto da Giovanni Panebianco il quale, nel ruolo di segretario generale del Ministero, si era avocato la direzione del Museo che ha condotto fino alla conclusione del concorso internazionale che mi ha portato al vertice della struttura. Paola Marini ha dato un grande impulso al museo nelle direzioni da lei giustamente individuate. Certamente mi pongo nel segno della continuità con la sua azione e in generale con tutte le precedenti direzioni, con cui ho strettamente collaborato negli anni, a cominciare da quella di Giovanna Nepi Sciré. L’azione principale va portata verso la collezione permanente. È di fondamentale importanza oggi la prosecuzione del rinnovamento allestivo delle collezioni. La prima parte di tale lavoro si è conclusa, con l’apertura di sette nuove sale al primo piano: si tratta di un percorso museografico completamente ripensato e riqualificato secondo nuovi criteri. Tale attività va ora proseguita, al primo piano, dopo la conclusione dei lavori di restauro architettonico nell’ala palladiana, condotti dal Segretariato MiBACT del Veneto, e, al piano terra, con l’allestimento dei due ultimi saloni finanziati dalla fondazione Venetian Heritage onlus.
Quali novità ha in serbo l’allestimento?
Tra le principali novità nell’allestimento ci sarà: una sezione per la presentazione ciclica dei disegni appartenenti alla raccolta del Gabinetto dei disegni delle Gallerie, nonché una sala che, vista l’enorme attenzione per il disegno con L’Uomo Vitruviano, possa surrogare l’impossibile visione continuativa del capolavoro con un’esperienza virtuale dello stesso. Abbiamo ideato una nuova sala dedicata alla scultura e alcuni ambienti tematici che, fuori dal percorso tendenzialmente cronologico del museo, riuniranno le principali tipologie pittoriche predominanti nei secoli XV e XVI: pale d’altare, dipinti di devozione privata e i cicli narrativi destinati alle confraternite. Nella chiesa (sala XXII) verrà esposta la pittura religiosa d’altare; la disposizione delle opere espliciterà l’evoluzione che ha visto, in età di Rinascimento, il progressivo passaggio dal polittico “a scomparti” fino alla pala d’altare unificata. La sala XVIII sarà dedicata alla pittura devozionale privata, mentre nelle sale adiacenti, XX e XXI, rimarranno esposti i due grandi cicli narrativi delle Scuole di Sant’Orsola e di San Giovanni Evangelista.
E sul fronte della comunicazione?
È essenziale migliorare e implementare la capacità di comunicazione del museo, anche in relazione a un’offerta culturale in città che è diventata estremamente ricca e competitiva a fronte di un turismo che tende a ridurre il soggiorno e dunque a selezionare i luoghi da visitare. Va realizzata una nuova azione di comunicazione integrata su più livelli capace di rivolgersi sia al bacino di utenza locale, con forme di fidelizzazione come la Membershipcard (presentata in concomitanza con l’apertura dei nuovi spazi di accoglienza), che al turismo, divenuto sempre più globale. Punti fermi sono naturalmente il miglioramento del sito web, che stiamo completando e traducendo per ora anche in lingua inglese, e la comunicazione social che ci proponiamo di implementare; per migliorare la visibilità del museo all’interno del tessuto urbano stiamo valutando l’apposizione di banner sulle facciate dell’edificio. Vanno nel senso di un’agevolazione della comunicazione con l’utenza i nuovi dispositivi posti nella sala di accoglienza, con il videowall che veicola informazioni essenziali e al contempo immagini accattivanti del patrimonio del museo.
Anche i laboratori di restauro giocano un ruolo chiave nell’attività delle Gallerie.
Tra gli impegni che riteniamo centrali è il rilancio dei nostri laboratori di restauro a partire dal laboratorio scientifico della Misericordia. Stiamo acquistando nuovi strumenti per le indagini non distruttive sulle opere d’arte poiché vorremmo rendere la Misericordia un punto di riferimento anche a livello territoriale, per quanto riguarda il restauro e gli ambiti di ricerche che esso può aprire. Ci riferiamo, ad esempio, alle indagini: sul disegno soggiacente, sulle tecniche artistiche, sulla storia conservativa. Vorremmo, nondimeno, rendere accessibili tali ricerche emerse nei restauri, con incontri pubblici, come quelli, appena conclusi, dedicati al restauro de La Vecchia di Giorgione.
Avete in programma una implementazione dello staff?
È di essenziale importanza cercare di implementare lo staff del museo carente o mancante di figure chiave in alcuni settori essenziali: dal protocollo alla segreteria all’ufficio mostre all’ufficio tecnico all’ufficio personale. Si confida inoltre che venga completato l’iter concorsuale per l’assunzione di nuovi addetti alla vigilanza e guardiania, considerato che questo settore operativo può contare attualmente sulla metà delle unità previste in pianta organica.
Il 20 novembre avete presentato i nuovi spazi di accoglienza delle Gallerie. Quali sono le loro caratteristiche e quale peso hanno nel dialogo che, come sede espositiva, innescate con il pubblico?
Gli spazi di accoglienza, come tutti gli ambienti destinati ai servizi museali, rivestono oggi un’importanza enorme per il visitatore; la qualità della collezione non è più l’elemento unico dell’esperienza in museo. Il pubblico è diventato esigente, abituato a standard di servizio sempre più elevati nei musei internazionali. Proprio perché destinati all’accoglienza, questi spazi, i primi e gli ultimi che il visitatore approccia, devono essere confortevoli e devono mettere il visitatore a proprio agio; devono contribuire alla comunicazione dell’immagine del museo e alla costruzione di un’esperienza positiva. In questo senso ci sembra molto riuscito il progetto dei nuovi spazi e la scelta dei prodotti, proposti in vendita nel bookshop, che sono stati personalizzati con particolari tratti dai capolavori in collezione e con un’intelligente declinazione del logo delle Gallerie.
Che cosa dobbiamo aspettarci dalle Gallerie, sul fronte della programmazione espositiva, sotto la sua direzione?
Nell’immediato ci stiamo impegnando a costruire un programma di esposizioni temporanee, di cui il museo era, purtroppo, sprovvisto. Saranno di profilo altamente scientifico e allo stesso tempo strettamente legate alla valorizzazione delle collezioni. Alcuni progetti sono in fase di definizione ma non vorrei al momento svelarli. Aggiungo, infine, che intendiamo continuare la presentazione di mostre di arte contemporanea in occasione delle Biennali Internazionali d’Arte e, per il 2021, valuteremo le proposte entro la metà del prossimo gennaio.
In seguito alla drammatica acqua alta registrata negli scorsi giorni, quale crede sia il ruolo che le istituzioni culturali veneziane debbano rivestire dal punto di vista della sensibilizzazione alle urgenze della città? State elaborando un piano condiviso con gli altri enti cittadini?
Le Gallerie dell’Accademia, grazie allo sforzo dello staff e delle ditte che vi collaborano, hanno potuto mantenere continuativamente il servizio nonostante l’eccezionalità dell’evento. Il museo ha inteso così dare un segno forte di fiducia e continuità, mentendo una luce accesa nonostante il disastro. In questi giorni le restauratrici del museo stanno dando il loro contributo agli istituti culturali più colpiti e i funzionari stanno partecipando alle riunioni di coordinamento per la valutazione dei danni. Le istituzioni culturali di Venezia devono fare il possibile ‒ affrontando le mille difficoltà di cui sono cosciente – per dotarsi di modalità per minimizzare i danni di queste nuove emergenze ambientali; per quanto riguarda la sensibilizzazione alle urgenze della città, credo essa spetti fondamentale ad altre istituzioni.
Domanda d’obbligo in un momento delicato come quello odierno: quale crede sia il futuro di Venezia?
Il futuro di Venezia è nella cultura e nell’arte, mi pare un elemento fuori di discussione. Venezia dovrà però rimanere quello che è sempre stata: un ponte verso altri Paesi, altre realtà; dovrà mantenere e implementare la propensione all’apertura e all’inclusività; ogni iniziativa culturale che presupponga la costruzione di rapporti internazionali e tra culture è nella prospettiva di questa città e nel suo futuro.
‒ Arianna Testino
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