Il CAFA Art Museum di Pechino inaugura a febbraio la prima edizione di “Techne”, triennale dedicata alle interazioni di tecnologia arte e cultura nei processi di creazione artistica della società contemporanea.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare il curatore Zhang Ga, emerito professore e direttore del Center for Art & Technology del CAFA che, oltre ad averci illustrato temi, numeri e percorso espositivo, ci ha raccontato il lungo processo dietro le quinte della prima triennale.
NOMI E NUMERI
I numeri dell’evento, a noi occidentali abituati a consolidate rassegne artistiche, paiono, forse, un po’ irrisori, ma, se contestualizzati rispetto al lavoro organizzativo di un solo museo, acquistano un valore ben diverso. E non solo. Se si dà uno sguardo ai nomi e alle partecipazioni, questa Triennale sembra avere tutte le carte in regola per diventare un autorevole appuntamento con l’arte in Asia.
Centoventi lavori firmati da centotrenta artisti e collettivi rappresenteranno uno spaccato inedito di contemporaneità dei ventotto Paesi presenti alla rassegna.
La superficie totale del CAFA Art Museum, più di cinquemila metri quadrati, ospiterà i nomi più importanti dell’arte contemporanea a cominciare da pionieri e visionari che nel secolo scorso hanno cambiato il cammino della storia dell’arte. Saranno, infatti, presenti in mostra opere del calibro di Reunion (1968), che porta le firme congiunte di due artisti entrati nell’Olimpo della scena contemporanea: Marcel Duchamp e John Cage. Tra gli altri si potranno apprezzare i lavori di Bruce Conner, Dan Graham, Zhang Peili, Mike Kelley, Thomas Feuerstein, Micol Assaël, Liu Xiaodong, Philippe Parreno, Alex da Corte, Jayson Musson e Hito Steyerl, giusto per nominarne alcuni.
IL PERCORSO ESPOSITIVO DELLA TRIENNALE
La rassegna si svilupperà in due sezioni: il corpus principale, curato da Zhang Ga, è intitolato Topologies of the Real, mentre la seconda parte della rassegna, Art in Motion: Masterpieces with and through Media, è stata organizzata insieme allo ZKM Center for Art and Media di Karlsruhe e co-curata da Peter Weibel e Siegfried Zielinski in collaborazione con Judith Bihr e Daria Mille.
Topologies of the Real, allestita a sua volta in tre sezioni‒ Reality Interrupted; Datumsoria: The Return of the Real e Multiverse: Ecology without Nature –, esplora come l’immaginazione artistica abbia sfidato e ridefinito nel tempo il concetto di realtà. L’artificio tecnologico dello spazio-tempo, nel suo continuo modificarsi, diviene lo strumento d’indagine che mette in luce come gli sforzi artistici hanno svelato gli enigmi politici, economici e culturali e le potenzialità creative del mondo digitale del XX secolo.
Art in Motion, invece, analizza i fondamenti storico-mediatici di un altro tema cardine della Triennale: Reality Interrupted. Questa sezione vuole portare al grande pubblico una coerente ricostruzione della storia dell’arte dell’ultimo secolo vista attraverso la lente dei media, con l’intento di dimostrare che le espressioni artistiche contemporanee sono frutto della mediazione creativa tra dispositivi tecnologici, apparecchi e macchine.
INTERVISTA AL CURATORE ZHANG GA
Quando nasce l’idea di questa prima triennale?
L’origine dell’idea progettuale può essere ricondotta ai quattro grandi temi della mostra Synthetic Times del 2008, un progetto culturale parte del programma ufficiale delle Olimpiadi di Pechino, organizzato dal National Art Museum of China (NAMOC). In Synthetic Times ho tracciato ed esplorato quattro domini tematici che caratterizzano le esperienze tecnologiche della società contemporanea dal punto di vista del concetto e dei significati di realtà spazio-temporale. In questa mostra esponenti della New Media Art di quasi trenta Paesi hanno riflettuto sul senso dell’umanità al confine della simbiosi uomo-macchina. In particolare sono state due le sezioni della rassegna del 2008 ad aver segnato un incipit per quella che a febbraio diventerà la prima Triennale del CAFA: Recombinant Reality e Here, there and everywhere rappresentano i punti di partenza della lunga indagine sulla New Media Art di cui la sezione Topologies of the Real della Triennale ne costituisce l’epilogo.
Dal 2008 al 2020: si tratta dunque di un lungo periodo di incubazione e di ricerca. Ci può dire qualcosa di più a riguardo?
La sezione Beyond Body della mostra del 2008 divenne, tre anni dopo, il tema della prima Triennale promossa dal NAMOC con un focus sul cyberspazio, sull’illusione transgenica e sull’aldilà bio-meccanico; mentre la sezione Emotive Digital nel 2014 è stata il punto di partenza per la seconda edizione della NAMOC Media Art Triennial. Con l’addio del direttore Fan Di’an nel 2015, la rassegna al NAMOC, giunta appena alla seconda edizione, è stata sospesa per decisione della nuova direzione, così anche la ricerca sui temi correlati si è momentaneamente interrotta. In mancanza di questo appuntamento l’indagine artistica sulle tematiche della New Media Art è proseguita con la mostra del 2017 unREAL. The Algorithmic Present e nel 2018 con Datumsoria: the Return of the Real, allestita al ZMK. Questi due eventi artistici possono essere considerati come un vero e proprio warm up a piccola scala di questa triennale che rappresenta, invece, il capitolo conclusivo di una lunga inchiesta.
Come è nata la collaborazione tra CAFA e ZKM?
Quando ho iniziato a lavorare su Topologies of the Real, circa due anni fa, ho deciso di scegliere gli Anni Sessanta come inizio delle time-line della mostra.
Intanto, nel 2018, lo ZKM ha allestito la grande rassegna Art In Motion: Masterpieces with and through Media, quindi ho pensato che sarebbe stato perfetto incorporare una parte del programma del ZKM nel mio progetto di mostra per costruire una narrazione estesa della storia dell’arte dei media. Quando ho presentato loro l’idea si sono dimostrati fin da subito molto entusiasti di unire le forze. Abbiamo quindi lavorato per selezionare la parte più rilevante della loro mostra, che originariamente includeva più di 400 opere, per mettere insieme l’edizione cinese di Art in Motion.
CAFA E ZKM, UN SODALIZIO IMPORTANTE
Il Centro per l’Arte e la Tecnologia dei Media (Zentrum für Kunst und Medientechnologie), meglio conosciuto con l’acronimo ZKM, è un’istituzione culturale tedesca fondata a Karlsruhe nel 1989 che dal 1997 trova sede in una struttura industriale riconvertita a parco culturale. Lo ZKM organizza mostre ed eventi, progetti di ricerca e artist residence nell’ambito della New Media Art. Questa triennale vede, tra gli altri primati, la feconda collaborazione internazionale tra due istituzioni che fanno della ricerca artistica sui nuovi media il loro vessillo. Peter Weibel, CEO di ZKM, ritiene che questa mostra sia “un’opportunità singolare ed eccezionale […] per riflettere sull’arte del XX secolo e ridefinire cosa sia la Media Art oggi”.
Prendendo il movimento come il minimo comune divisore del concetto di macchina, questa triennale vuole riscrivere un pezzetto di storia dell’arte, quella che si è evoluta a partire dall’utilizzo della fotografia per arrivare alla rete, una membrana planetaria che avvolge la nostra quotidianità e che ha cambiato per sempre le regole della comunicazione e del concetto di realtà.
‒ Giorgia Cestaro
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