Gli artisti e la ceramica. Intervista a Michelangelo Consani

I suoi punti di riferimento sono Emilio Prini e il gruppo Fluxus, mentre la ceramica è una materia con la quale non smette di sperimentare. Lui è Michelangelo Consani e lo abbiamo intervistato.

Michelangelo Consani (Livorno, 1971), da anni attento ai temi di decrescita e sostenibilità, ha nel tempo lavorato la ceramica, che ha inserito all’interno della propria ricerca ambientale, intesa come un concetto allargato di azione nella realtà.

La tua formazione nasce a contatto con un materiale delicato e malleabile come il vetro. Dal 2000 ti sei avvicinato alla ceramica: ci sono punti di vicinanza e continuità tra i due linguaggi?
Da sempre mi sento scultore. In realtà per i miei progetti ho usato tutto, dal video alla fotografia all’installazione alle patate. Il vetro non mi è mai piaciuto come materiale perché non ci trovo personalmente un potenziale scultoreo, non è proprio nelle mie corde; ho fatto l’Istituto Statale d’Arte a Pisa nella sezione vetro e cristallo perché allora era l’unica sezione che aveva molte ore di modellato e molte ore di disegno dal vero.
Chiaramente la ceramica e il vetro hanno dei punti in comune, come la fragilità e la necessità della cottura in forno, ma, come ti dicevo, in tutta onestà non amo il vetro.

La tua esperienza in ceramica è legata alla figura di Roberto Cerbai. Come si è evoluto il tuo legame con la materia negli anni?
Roberto era un artista prima di essere uno straordinario ceramista. Ho iniziato a frequentare il suo laboratorio di Capalle a ventinove anni e sono rimasto affascinato dalla sua capacità e sensibilità nell’eseguire progetti altrui rendendoli propri. Riusciva ad aggiungere qualcosa d’invisibile che trasformava il progetto iniziale in pura poesia.
Molti sono gli artisti con cui Roberto ha lavorato, da Anish Kapoor a Ilya & Emilia Kabakov, Ettore Spalletti, Marisa Merz, Wim Delvoye, Jan Vercruysse, Tony Cragg, solo per citarne alcuni. Per me il laboratorio di Capalle è stato importantissimo. Vedere Roberto al lavoro è stato un motivo di grande crescita personale, sia a livello umano che professionale.
Inoltre in quello studio ho fatto incontri straordinari, primo fra tutti quello con Pier Luigi Tazzi, che poi è diventato il mio curatore di riferimento.

Michelangelo Consani, portraits, 2010, ceramica. Courtesy dell’artista. Photo credit Michele Alberto Sereni

Michelangelo Consani, portraits, 2010, ceramica. Courtesy dell’artista. Photo credit Michele Alberto Sereni

Quali opere ti piace in qualche modo ricordare?
La mia produzione di ceramiche è veramente esigua per una scelta ben precisa, che è quella di non inflazionare il lavoro; con Roberto in circa venti anni abbiamo fatto due progetti: una foglia in ceramica (il ‘ritratto’ dell’albero davanti a casa mia) che pesa quanto una foglia vera e un fermacarte smaltato platino riempito di pallini di piombo dal titolo Variazione da fermacarte. Il fermacarte ha il compito di tenere ferme delle carte in cui si raccontano storie di vita vissuta, è un omaggio a Emilio Prini e in modo particolare al suo lavoro Azione da fermacarte. Successivamente ho iniziato a lavorare con Lapo Ruggeri, nipote di Roberto, anche lui ceramista di grande sensibilità e straordinaria manualità, con il quale abbiamo realizzato una pistola a pallini bianchi con un tappo di spumante sulla canna. La pistola ha come fonte d’ispirazione due pellicole cinematografiche a me molto care dirette dal regista Marco Ferreri: Il seme dell’uomo e Dillinger è morto. Sempre con Lapo abbiamo realizzato delle zucche che rappresentano i ritratti di personaggi minori che la “storia ufficiale” ha messo al margine perché scomodi e destabilizzanti per il potere politico dominante. In questo periodo stiamo completando la tiratura dei fermacarte di cui ho parlato poc’anzi, la cui produzione si era interrotta a causa della prematura scomparsa di Roberto, e una zucca con un foro centrale seguendo la tecnica dell’invetriato di Luca della Robbia.
Attualmente, per un progetto che presenterò a breve, sto collaborando con Davide Servadei delle ceramiche Gatti di Faenza.  

Recentemente durante una conversazione ti ho sentito dire: “Con la ceramica è necessario essere delicati e attenti”. Cosa cattura la tua attenzione quando esamini il lavoro ceramico? 
La ceramica è poesia pura, mostrare la sua fragilità è il suo punto di forza, come quando sboccia un fiore. Per questo non deve essere né grossolana né pacchiana, è come un buon pezzo di musica jazz che ti apre il cuore.

Michelangelo Consani, il seme dell’uomo, 2009, ceramica. Courtesy Suburbia, Granada Cape Town

Michelangelo Consani, il seme dell’uomo, 2009, ceramica. Courtesy Suburbia, Granada Cape Town

Hai più volte dichiarato il tuo debito nei confronti di figure quali gli esponenti del gruppo Fluxus e di Emilio Prini, con il quale hai lavorato da vicino. Chi sono i tuoi punti di riferimento quando lavori con la ceramica?
Ho conosciuto il gruppo Fluxus da giovanissimo, quando frequentavo la galleria Pari & Dispari diretta da Rosanna Chiessi. Rosanna era una donna unica e mi ha fatto conoscere molti artisti che all’epoca ignoravo, compreso Joseph Beuys. Con Emilio c’è stato un rapporto di amore e odio. Sono stato per un breve periodo il suo assistente e poi ci siamo sempre sentiti nel corso degli anni. Ricordo che alla mia prima personale alla galleria White Project di Pescara mi telefonò suggerendomi di fare un disegno come se sapesse, a distanza, che un disegno fosse proprio necessario per completare il progetto. Con lui ho lavorato sull’allestimento di Azione da fermacarte per Arte all’Arte di Associazione Arte Continua di San Gimignano. In quell’occasione Emilio mi ha fatto spostare il lavoro in tutte le parti della stanza quasi come se facesse un rituale, anche se sapeva esattamente dove collocarlo. Grazie a quella specie di “danza” nello spazio ho imparato il concetto di “vuoto e pieno” che è alla base del mio lavoro.
Tornando alla domanda, i miei punti di riferimento per la ceramica sono molti ma quelli a cui tengo di più sono tre: Luca della Robbia col suo invetriato, Ogata Kenzan e Roberto Cerbai.

Ne La rivoluzione del filo di paglia l’argilla cruda aveva un ruolo cruciale per la crescita dell’erba gatta che dava vita alla scultura. In numerose altre occasioni le patate e i loro germogli sono stati al centro della tua scultura. In quale misura il rapporto con la terra si trasferisce o riflette nel tuo uso della ceramica?
Vivo in una frazione di un piccolo paese di campagna nella Maremma toscana che conta ben tredici abitanti, perciò il mio rapporto con la terra è quotidiano. Da circa venti anni (quindi da tempi non sospetti) ho sempre rivolto l’attenzione alla decrescita e alla sostenibilità; i miei punti di riferimento sono stati il filosofo austriaco Ivan Illich e l’agronomo giapponese Masanobu Fukuoka, a cui la scultura che germoglia di cui parli si riferisce.
La rivoluzione del filo di paglia è un progetto che è nato per la triennale di AICHI a Nagoya in Giappone (curata da Akira Tatehata, Masahiko Haito, Hinako Kasagi, Pier Luigi Tazzi e Jochen Volz) dal titolo Art and Cities”: in quell’occasione, invece di parlare di città, ho parlato di campagna. Non so quanto la mia ceramica sia in rapporto con la terra, so soltanto che per fare la ceramica usiamo tutti gli elementi: l’acqua, l’aria, il fuoco e in primis la terra.

Irene Biolchini

http://michelangeloconsani.org/

LE PUNTATE PRECEDENTI

Gli artisti e la ceramica #1 ‒ Salvatore Arancio
Gli artisti e la ceramica #2 ‒ Alessandro Pessoli
Gli artisti e la ceramica #3 ‒ Francesco Simeti
Gli artisti e la ceramica #4 ‒ Ornaghi e Prestinari
Gli artisti e la ceramica #5 ‒ Marcella Vanzo
Gli artisti e la ceramica #6 – Lorenza Boisi
Gli artisti e la ceramica #7 – Gianluca Brando
Gli artisti e la ceramica #8 – Alessandro Roma
Gli artisti e la ceramica #9 – Vincenzo Cabiati
Gli artisti e la ceramica #10 – Claudia Losi
Gli artisti e la ceramica #11 – Loredana Longo
Gli artisti e la ceramica #12 – Emiliano Maggi
Gli artisti e la ceramica #13 – Benedetto Pietromarchi
Gli artisti e la ceramica #14 – Francesca Ferreri
Gli artisti e la ceramica #15 – Concetta Modica
Gli artisti e la ceramica #16 – Paolo Gonzato
Gli artisti e la ceramica #17 – Nero/Alessandro Neretti
Gli artisti e la ceramica #18 – Bertozzi & Casoni
Gli artisti e la ceramica #19 – Alberto Gianfreda
Gli artisti e la ceramica # 20 – Sissi
Gli artisti e la ceramica #21 – Chiara Camoni
Gli artisti e la ceramica #22 – Andrea Anastasio
Gli artisti e la ceramica #23 – Michele Ciacciofera
Gli artisti e la ceramica #24 – Matteo Nasini
Gli artisti e la ceramica #25 – Luisa Gardini
Gli artisti e la ceramica #26 – Silvia Celeste Calcagno

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Irene Biolchini

Irene Biolchini

Irene Biolchini (1984) insegna Arte Contemporanea al Department of Digital Arts, University of Malta, ed è Guest Curator per il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, per il quale dal 2012 cura mostre site specific. È curatrice della collezione d’arte…

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