Cronache da una città sommersa. La risposta della serigrafia Fallani di Venezia all’acqua alta
Nonostante siano trascorsi alcuni mesi, le immagini di una Venezia assalita dalla marea eccezionale che ha raggiunto i 187 centimetri lo scorso 12 novembre sono ancora scolpite negli occhi del mondo. Lo sforzo messo in campo dalla città per rialzarsi è stato, e continua a essere, enorme, grazie anche alle iniziative sostenute da artisti e artigiani. Ne è un esempio il progetto realizzato dalla serigrafia Fallani, di cui abbiamo parlato con il figlio del fondatore, Gianpaolo, e di cui abbiamo anticipato gli esiti tra le pagine dell’ultimo numero di Artribune Magazine.
Il 12 novembre 2019, con l’acqua alta che raggiunge i 187 centimetri, è una data cardine: mostra quanto il disastro climatico sia una questione che ci riguarda adesso e qui, nei nostri stessi confini – nella fattispecie Venezia, sommersa e violentata nella sua vita quotidiana, culturale, monumentale, individuale.
Per questa ragione, il numero #53 di Artribune Magazine ha dedicato sei delle sue otto pagine di columns alla Laguna più celebre del mondo. Con editorialisti che sostituiscono le firme a cui siete abituati e illustrazioni realizzate nell’ordine da Bruno Bozzetto (Sig. Rossi), Lucio Schiavon (Passarin Samurai) e Olimpia Zagnoli (Nel blu) – parte del progetto Cronache di una città sommersa, promosso dal laboratorio di serigrafia Fallani Venezia.
Le grafiche sono nove in tutto, realizzate ognuna in cinquanta esemplari, numerate, firmate dagli autori e acquistabili online, singolarmente o in cartella. Ne abbiamo parlato con il promotore dell’iniziativa, Gianpaolo Fallani, a capo della serigrafia veneziana fondata dal padre Fiorenzo, il quale avviò la sua attività nel 1968, e che è stata crocevia di artisti del calibro di Renato Guttuso, Mario Schifano, Giuseppe Santomaso ed Emilio Vedova.
L’iniziativa Cronache da una città sommersa ha preso forma all’indomani della marea eccezionale che ha travolto Venezia lo scorso 12 novembre. Di chi è stata l’idea e come si è sviluppata?
L’idea nasce da Chiara Masiero Sgrinzatto e da Andrea Da Villa, amici vicini alla serigrafia, che hanno fatto nascere il progetto e hanno coinvolto una serie di illustratori, i quali hanno donato un loro lavoro da stampare, così da permettermi di riavviare l’attività di stampa dopo l’acqua alta. Chiara si è presentata un giorno in laboratorio e mi ha presentato il progetto già pronto per essere messo in produzione.
L’adesione al progetto da parte degli illustratori è stata una risposta, chiara e determinata, alla catastrofe che ha colpito Venezia, aggiungendosi alle molte iniziative artistiche nate per sostenere la Laguna e i suoi abitanti, artigiani, professionisti in un momento di grossa difficoltà. Secondo te, c’è ancora speranza, quindi, che l’impegno degli artisti possa contribuire a modificare uno status quo sempre più tetro, specialmente nella gestione – politica, economica, turistica – di una città come Venezia?
Direi che la speranza di smuovere le cose con l’aiuto dell’arte è più che mai forte. Purtroppo la situazione politica e amministrativa di Venezia è molto complessa e non sempre ben gestita. Problematiche come la residenzialità, il turismo, la sopravvivenza di un tessuto sociale e produttivo, fatto di piccole aziende e soprattutto di piccoli e singoli artigiani non trova risposta alle continue domande di attenzione. Servirebbe una visione diversa, che punti non solo a “fare cassa” ma che fosse attenta al futuro sociale, economico e civile della città.
I proventi delle vendite delle illustrazioni sono destinati a finanziare la ripresa del lavoro del tuo laboratorio di serigrafia, attivo da oltre cinquant’anni. La campagna sta producendo i risultati sperati? Altri illustratori aderiranno all’iniziativa?
Cronache da una città sommersa ha avuto un discreto successo, sia dal punto di vista delle vendite che dal punto di vista mediatico. Molti illustratori hanno offerto la loro disponibilità a partecipare a nuove iniziative, ovviamente con finalità anche diverse. Per il laboratorio è stata l’occasione di poter lavorare con nuovi artisti e poter realizzare nuove edizioni. Stiamo già pensando a un seguito, o meglio a più edizioni, dove vorremmo invitare artisti e pubblico a lavorare e riflettere su diverse tematiche che di volta in volta saranno scelte dai curatori.
Le cronache, nazionali e non, restituiscono l’idea di Venezia come una città destinata a scomparire, non solo per via del cambiamento climatico, ma anche a causa di uno spopolamento sempre più allarmante. Eppure Venezia è un organismo vivo, innervato di un tessuto culturale che non smette di rinnovarsi. Che cosa significa essere un artigiano a Venezia? Quali sfide devi affrontare e di quali soddisfazioni riesci a fare tesoro ogni giorno?
Essere artigiani a Venezia significa amare questa città e credere che possa ancora oggi offrire opportunità a chi ci vive. Significa essere convinti che ciò che si fa sia utile e sia fondamentale non permettere che certe conoscenze e certi saperi vadano perduti.
Le sfide che io e molti altri artigiani affrontiamo quotidianamente riguardano principalmente la difficoltà di trovare locali per lavorare a prezzi ragionevoli, un carico burocratico che assorbe gran parte della giornata (in realtà che sono molto spesso gestite da una sola persona), un impoverimento del tessuto sociale e residenziale senza il quale le attività non possono sopravvivere e una scarsità di attenzione e ascolto da parte delle istituzioni. Le soddisfazioni però non mancano e si vedono anche nella risposta che c’è stata al progetto Cronache da una città sommersa.
Credo che l’artigianato, inteso nel suo significato più ampio, possa essere un ottimo “incentivo” a un ripopolamento della città, specie guardando alle giovani generazioni. Nel tuo laboratorio organizzi workshop, incontri e mantieni viva una tradizione preziosa. Come vedi il futuro dell’artigianato a Venezia, da questo tuo punto di osservazione?
Sono certo che abbia grosse potenzialità e che nei prossimi anni ci potrebbe essere un ritorno all’artigianalità. Essere artigiani per me non vuole dire solamente lavorare con le mani in piccole produzioni o in pezzi unici, ma è un approccio mentale al lavoro, un’attenzione al prodotto, al tempo necessario di cui ha bisogno per essere realizzato, alla passione e all’amore che traspira quando lo si prende in mano.
Ci indichi altre cinque realtà artigiane da conoscere e supportare a Venezia?
Le realtà artigiane sono moltissime a Venezia e tutte da conoscere e supportare. In questi ultimi anni ho avuto modo di fare dei percorsi formativi con molti colleghi ed è anche per me sempre una scoperta.
Vicino al mio laboratorio c’è quello di Mario Berta Battiloro, ultima realtà credo europea che batte a mano la foglia d’oro, o il laboratorio di Adriano Cincotto, restauratore che si occupa tra le altre cose del restauro della pietra e dei molti manufatti che a Venezia in pietra sono fatti. Marco Lachin, restauratore di mobili, Piero Dri, “il Forcolaio matto” che realizza remi e forcole per imbarcazioni tradizionali, e Stefania Giannici, che nel suo negozio Paperwool shop realizza gioielli in carta.
Non è solo l’acqua a sommergere Venezia. Che cosa, secondo te, potrebbe regalare nuovo ossigeno alla città?
I punti secondo me più importanti sono: la residenzialità, per riportare le persone a vivere in città e a ricreare quel tessuto sociale di residenti che è fondamentale per mantenere viva una città; la salvaguardia di alcune attività e professionalità che rischiano di andare perdute per sempre; creare opportunità di aggregazione tra piccole realtà, mettendo a disposizione spazi in disuso; iincentivare l’affitto di immobili residenziali e commerciali per chi vive e lavora a Venezia e mantiene in vita attività artigianali e di vicinato, disincentivando nuove aperture di alloggi turistici, cibo da asporto e negozi da centro commerciale; una gestione dei flussi turistici che è al momento totalmente fuori controllo.
‒ Arianna Testino
https://fallanivenezia.bigcartel.com/
Versione integrale dell’articolo pubblicato su Artribune Magazine #53
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