Di draghi volanti e costellazioni. Intervista all’illustratore fantasy Paolo Barbieri
DIFFICILE NON PERDERSI NEL MONDO DI PAOLO BARBIERI, ILLUSTRATORE FANTASY TRA I PIÙ APPREZZATI AL MONDO. ABBIAMO SFOGLIATO IL SUO NUOVO LIBRO “STARDRAGONS”, E CI SIAMO FATTI RACCONTARE QUALCOSA IN PIÙ SULLA SUA RICERCA.
Mito e leggenda, scienza e magia si fondono in StarDragons, l’ultimo libro di Paolo Barbieri (Mantova, 1971): un viaggio illustrato che raccoglie oltre cinquanta minuziosi disegni di draghi straordinari. Abbiamo incontrato l’autore per conoscere meglio la sua ricerca, facendoci trasportare negli affascinanti territori del genere fantastico.
Molti conoscono già il tuo percorso, soprattutto per la tua lunga esperienza come illustratore di copertine. Come possiamo presentarti a chi si confronta oggi per la prima volta con il tuo lavoro?
Sono un illustratore e autore. Lavoro da circa 25 anni per il mondo dell’editoria e ho illustrato tante copertine di romanzi di ogni genere, specializzandomi nel fantasy. Negli ultimi dieci anni ho realizzato vari libri illustrati per editori quali Lo Scarabeo e Mondadori.
Da qualche settimana sei in libreria con il tuo ultimo lavoro: StarDragons, pubblicato per Edizioni Lo Scarabeo. Il libro è una raccolta di pregiatissime illustrazioni fantasy che uniscono mitologia e astronomia. Me ne parli?
Le stelle mi hanno sempre affascinato, così come i draghi. Quando con l’editore abbiamo concordato di realizzare un libro su questi soggetti, ho deciso che il modo migliore per illustrarli sarebbe stato aumentare esponenzialmente il loro mito. Per questo in StarDragons i draghi hanno i nomi delle più note costellazioni, mentre le creature che li accompagnano assumono i nomi delle stelle principali. In tutto ci sono 56 disegni che abbracciano le 48 costellazioni antiche o tolemaiche, più altre.
Le tecniche impiegate per ognuna delle tavole sembrano varie. Usi liberamente sia strumenti classici che digitali? E, più in generale, quanto l’illustrazione fantasy ha beneficiato delle nuove tecnologie?
L’illustrazione digitale è certamente importante per l’evoluzione che ha avuto il mercato dell’editoria. Il mio modo di disegnare, essendosi sviluppato con tecniche classiche, si è approcciato al digitale considerando però questa tecnica come uno strumento da adattare al mio stile, e non il contrario. Questo, nel corso degli anni, mi ha permesso di evolvermi senza però perdere la mia impronta stilistica.
Oggi, quando realizzo un libro illustrato, utilizzo sia disegni a matita che illustrazioni fatte interamente in digitale. Credo che un libro illustrato debba “palpitare”, o meglio debba creare un certo feeling tra la nascita del disegno fino all’illustrazione a colori. In questo modo, ogni libro ha una sua identità per immagini che passano dalla bozza al disegno a matita rifinito fino a giungere al “quadro” colorato, lasciando però una vita propria a ogni singolo mondo definito dalla tecnica di ogni illustrazione.
Dal 1996 collabori attivamente con case editrici italiane e straniere, illustrando copertine per romanzi e libri di autori quali Alberto Angela, Umberto Eco, Michael Crichton e molti altri. Ci sono passaggi particolari a cui una “buona” copertina deve attenersi rispetto a un’illustrazione libera?
Il lavoro dell’illustratore è quello di soddisfare un cliente e l’esperienza la si apprende con il tempo e le collaborazioni. Il cliente, ovvero l’editore, fornisce in un certo senso un “recinto” di indicazioni più o meno grande: l’illustratore deve lavorare in quello spazio e, se possibile, lasciare il suo tratto distintivo nel disegno di copertina.
Il libro illustrato, di solito, consente uno spazio creativo maggiore. Se il libro è interamente creato dall’autore/illustratore, ha proprio la finalità di mostrare al pubblico il mondo interiore dell’artista tradotto in una storia visiva a cui può essere aggiunto il testo. Certo, anche in questo caso l’editore ha ovviamente voce in capitolo, ma il rapporto per questo tipo di prodotto cambia rispetto alle copertine.
Negli ultimi anni il mondo dell’illustrazione e del fumetto ha vissuto un’importante impennata, occupando sempre più spazio sugli scaffali delle nostre librerie. È così anche per il genere fantasy?
Cos’è il fantasy esattamente? Creature strane, cavalieri che cavalcano draghi o destrieri alati, demoni che dominano interi mondi, avventurieri che incontrano sirene o giganti da un solo occhio? Quindi cosa sono l’Odissea, La Divina Commedia, il Beowulf, L’Orlando Furioso e, se andiamo più indietro nel tempo, le storie dei miti antichi delle varie mitologie fino ad arrivare alla Mesopotamia o ai Veda indiani? Non definiscono forse gli stessi mondi che oggi definiamo “fantasy”? Inoltre, se andiamo a curiosare tra i quadri o le sculture di artisti che il tempo ha consacrato a miti, scorgiamo draghi, diavoli, giganti, dei antichi. Raffaello, Giambologna, Bougereau, Dürer, Bosch, Bernini, Caravaggio, Cellini, Botticelli, Ingres, Canova – solo per citarne alcuni.
Perché questa introduzione? Per dimostrare che il fantasy è sempre esistito nell’arte, e che l’illustratore è una delle principali evoluzioni che l’arte classica ha avuto. Il percorso delle librerie nella storia, se paragonato a millenni di arte, non è altro che uno sviluppo più che naturale di un’evoluzione che ha radici antichissime.
Quanto credi che i lettori italiani siano appassionati a questo tipo di estetica, anche in termini di mercato?
Il genere fantasy esiste da tanto, anche sugli scaffali delle librerie e, come per tutti i mercati, ha avuto alti e bassi. In Italia reputo fondamentale un avvenimento: l’arrivo al cinema della trilogia del Signore degli Anelli. Quei tre film sono arrivati a un pubblico enorme. Questo ha smosso una buona fetta del pubblico verso un genere fino a prima definito di nicchia, dato che la trilogia aveva fatto comprendere a un pubblico eterogeneo che il fantasy non era fatto solo di draghi e stregoni, ma anche di ottime storie.
Tutto ciò ha sicuramente avvicinato il pubblico italiano a questi mondi popolati spesso da strane creature e, in maniera più ampia, anche fumetti e libri illustrati in genere hanno “beneficiato” di questa onda colorata/culturale.
Le singole tavole presenti nel libro si distinguono per la minuzia con cui sono state realizzate. Quanto tempo impieghi mediamente per realizzare una tavola?
Il tempo può variare dai due, tre, quattro o cinque giorni. Dipende dal disegno e soprattutto da quanto serve per creare la bozza iniziale (la parte più difficile per l’impegno mentale necessario). Io considero ogni mia illustrazione come una sorta di fermo immagine di un film: il disegno deve riuscire a sintetizzare quel “film” e trasmettermi le sensazioni in quella “piccola” storia dipinta. Normalmente, per un’illustrazione, realizzo delle piccole bozze. Una volta deciso per la bozza migliore, passo a un disegno più definito a matita o in digitale e, in seguito, lo coloro.
Nel 2001 sei stato direttore del reparto colori alle scenografie in Aida degli alberi, film d’animazione diretto da Guido Manuli e musicato da Ennio Morricone. Qual è il tuo rapporto con il campo dell’animazione?
L’esperienza di Aida degli alberi ha avuto una parte fondamentale nella mia evoluzione pittorica. La produzione, dopo l’ok del regista, mi aveva mandato tre mesi a Seul per sovraintendere alla realizzazione delle scenografie a colori. A Seul avevo imparato una particolare tecnica che consentiva di utilizzare gli acrilici dando però un effetto finale “morbido” alla tavola. Con questa tecnica si creano opere simili ai dipinti a olio, la stessa tecnica utilizzata per decenni dallo Studio Ghibli, dalla Disney e in genere dall’animazione tradizionale prima dell’avvento del digitale.
Il mio rapporto con l’animazione, specialmente quella giapponese, è stato importantissimo, dato che i miei primi disegni nacquero proprio per copiare gli eroi che vedevo da piccolo in tv. L’animazione è oggi appannaggio del mercato digitale, ma ci sono molti esperimenti incredibili: rispetto al cinema, il film animato consente proprio una maggiore “follia creativa” ed è questa incredibile evoluzione che ovviamente mi attira, così come è per molti miei colleghi.
Sei abbastanza presente in rete. Quanto è indispensabile Internet per la divulgazione delle tue illustrazioni e quanto – in termini di tempo e di energie – un giovane illustratore dovrebbe investire nella propria presenza online?
Inutile negarlo: oggi la rete, con i vari social network, è molto importante. Io, come illustratore di copertine, sono diventato “celebre” quando ancora il web non era una piazza così frequentata. Nella mia evoluzione sono partito da zero, realizzando tante copertine, con un lavoro e un impegno che ha fatto scattare il “passaparola” tra gli addetti ai lavori. Prima che un autore “conosciuto”, sono un professionista che ha affrontato un lungo percorso che mi ha permesso di plasmare me stesso e la mia evoluzione.
Oggi, rispetto a 20 o 30 anni fa, un artista ha più possibilità di essere individuato perché il passaparola dei social può essere istantaneo da una parte del mondo all’altra. Certo, l’illustratore che si affaccia al mercato deve anche sfruttare le sue energie per promuoversi sul web, ma ritengo essenziale che poi abbia la massima professionalità nel rapporto con gli editori.
Dopo le stelle e i draghi, quali altri mondi ti aspettano?
Naturalmente altri mondo dispersi nelle nebbie del fantasy!
‒ Alex Urso
Paolo Barbieri – StarDragons
Lo Scarabeo, Torino 2019
Pagg. 127, € 24,50
ISBN 9788865276433
https://shop.loscarabeo.com
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