“La Casa dei Tre Oci di Venezia non è in vendita”. Parla Emanuela Bassetti, presidente di Civita Tre Venezie
Dopo un convulso susseguirsi di notizie, ipotesi e smentite, abbiamo fatto il punto della situazione sull’affaire Casa dei Tre Oci di Venezia/M9 di Mestre con Emanuela Bassetti, presidente di Civita Tre Venezie, la società che gestisce la Casa dei Tre Oci.
L’ipotesi che la Casa dei Tre Oci di Venezia possa essere messa in vendita per salvare dal tracollo finanziario M9, museo del ‘900 di Mestre, ha acceso gli animi di addetti ai lavori e amanti della sede espositiva situata sull’Isola della Giudecca. Dopo la reazione contrariata del sindaco Brugnaro e la smentita della notizia da parte della Fondazione di Venezia, ente di origine bancaria che supporta M9, abbiamo raccolto le dichiarazioni di Emanuela Bassetti, presidente di Civita Tre Venezie, la società che gestisce la Casa dei Tre Oci, e membro del consiglio generale della Fondazione di Venezia.
Facciamo il punto sull’ipotesi che Fondazione di Venezia alieni la Casa dei Tre Oci per sanare le finanze di M9, anche alla luce delle smentite da parte della stessa Fondazione. Si è trattato di una ipotesi senza fondamento o di una soluzione al vaglio in un prossimo futuro?
Come presidente di Civita Tre Venezie, la società che gestisce la Casa dei Tre Oci, ma soprattutto in qualità di membro del consiglio generale della Fondazione di Venezia, posso escludere con assoluta determinazione ogni ipotesi di vendita dei Tre Oci da parte di Fondazione. Qualsiasi ragionamento al riguardo è pertanto privo di fondamento, l’equivoco nasce da un documento richiesto da Fondazione e presentato al consiglio generale per una valutazione patrimoniale degli immobili della stessa Fondazione.
In questa ricognizione rientra anche M9. Quali soluzioni adotterete per risollevare la sorti di una istituzione da più parti ritenuta in crisi finanziaria?
Per M9 è stato elaborato un piano di intervento di tipo organizzativo e finanziario assieme a un advisor. Si tratta di un’operazione molto complessa che verrà messa in atto quanto prima.
Qual è la posizione della Casa dei Tre Oci di Venezia in merito all’ipotesi di vendita che ha scatenato anche l’indignazione del sindaco Brugnaro?
Casa dei Tre Oci non è una società né un’istituzione, bensì un progetto culturale voluto da Fondazione in collaborazione con Civita Tre Venezie.
Oltre al sindaco Brugnaro, la notizia di un’eventuale vendita ha sollevato reazioni di vicinanza nei confronti di Casa Tre Oci sui social e sul web (da cui lo slogan “giù le mani dai Tre Oci”) anche da parte di altre istituzioni e soprattutto di visitatori e affezionati, che ci seguono ormai da anni, a testimonianza del lavoro svolto sinora per coinvolgere un pubblico che torna a vedere le mostre, partecipa alle nostre attività, sente questa Casa come “sua”, come un luogo dove poter trovare costantemente stimoli e curiosità.
L’ipotesi della vendita arriva in un momento molto difficile per il mondo dei musei italiani e della cultura in genere. Quali sono i piani della Casa dei Tre Oci per rispondere alla crisi determinata dalla diffusione del Coronavirus? Quali strategie metterete in campo per rilanciare la vostra attività e salvaguardarla?
Anzitutto apriremo non appena possibile, soprattutto dal punto di vista della sicurezza, la mostra in corso Jacques Henri Lartigue. L’invenzione della felicità, realizzata insieme alla Donation Lartigue di Parigi. Senza poter usare audio-guide tradizionali o partecipare a visite guidate collettive, non più praticabili nei prossimi mesi, abbiamo deciso insieme a Fondazione di Venezia di offrire a ogni visitatore la possibilità di approfondire i temi dell’esposizione attraverso il racconto del Direttore artistico Denis Curti.
Come funzionerà quindi?
Grazie a semplici podcast, scaricabili direttamente dal proprio smartphone, si potrà personalizzare il percorso di visita con dei focus su alcune opere. Come altre realtà museali, stiamo riflettendo, inoltre, sulla possibilità di proporre online alcune attività relative alla formazione e alla diffusione della cultura fotografica, come ad esempio workshop, letture portfolio, consulenze fotografiche, anche attraverso importanti voci del panorama culturale italiano. C’è da dire che il nostro modello di business non si fonda, comunque, sul turismo di massa, ma è improntato a coltivare un pubblico di qualità, un modello sostenibile, oggi più che mai, che continueremo ad adottare potenziandone la strategia, sempre in dialogo con la città.
Che cosa significherebbe per Venezia “perdere” la Casa dei Tre Oci? E quali ricadute avrebbe sul già fragile sistema cultural-espositivo lagunare? Quali assetti modificherebbe?
Casa dei Tre Oci è oggi un riferimento nel campo della fotografia a livello nazionale. Per Venezia significherebbe perdere uno dei pochi luoghi dedicati al linguaggio fotografico e, quindi, a mostre internazionali (penso a Erwitt, Newton, LaChapelle, Salgado), ma anche rassegne di ricerca e riscoperta, come ad esempio quella in corso dedicata a Lartigue (che è la prima grande retrospettiva italiana sull’autore francese), o le precedenti dedicate a Bischof, Burri, Ronis. Non dimentichiamo che Casa dei Tre Oci ha anche costruito una rete di rapporti con altre importanti realtà veneziane, prime tra tutte l’Università Ca’ Foscari e lo IUAV, e ha un profondo radicamento con la città anche grazie alle tante iniziative svolte, dagli incontri con i fotografi, curatori e autori agli aperitivi serali pensati soprattutto per gli studenti.
‒ Arianna Testino
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