Dialoghi di Estetica. Parola a Premiata Ditta
Un dialogo con Anna Stuart Tovini e Vincenzo Chiarandà, noti come Premiata Ditta. Fondatori del network UnDo.Net, oggi sono gli autori di “Profiles”, progetto artistico e libro ambientato alle Isole Azzorre.
Attiva dal 1984, con base a Milano, Premiata Ditta ha interrogato le questioni dell’autorialità e dell’economia sviluppando progetti artistici di tipo partecipativo e interattivo. Nel 1995 ha dato vita al network UnDo.Net ancora oggi accessibile come archivio online. Dal 2015 l’azione di Anna Stuart Tovini e Vincenzo Chiarandà si sviluppa attraverso la produzione di nuove opere, installazioni e lecture. Insieme ad altri artisti e curatori, negli ultimi anni Premiata Ditta ha organizzato Studi Festival e attualmente Walk-In Studio, un’iniziativa d’arte pubblica che coinvolge e coordina decine di autori. Premiata Ditta è stata inclusa in importanti premi e rassegne italiani oltre a numerose pubblicazioni e mostre internazionali. Questo dialogo è stato l’occasione per confrontarsi sul loro ultimo progetto, Profiles, restituito attraverso la pubblicazione dell’omonimo libro pubblicato dall’editore Meltemi. Dall’origine del progetto ai suoi soggetti, un percorso dentro e fuori le linee dei loro disegni e dei racconti raccolti nel volume.
Il vostro progetto Profiles nasce da un viaggio, da esperienze e scoperte fatte durante le vostre permanenze sulle isole Azzorre. Ma, prima di tutto, nasce da un amore.
All’inizio del libro dichiariamo che il progetto di Profiles è basato sull’amore che proviamo per il luogo e soprattutto per la sua gente. Francesca Comisso nella sua breve introduzione scrive: “Profiles è un ritratto declinato in forma plurale, uno per ciascuna delle persone coinvolte, che intende rovesciare con la forza di un antidoto i ‘profili digitali’ che il mercato globale ci assegna trasformandoci unicamente in consumatori. Gli ingredienti di questo ‘antidoto’ messo a punto da Premiata Ditta sono principalmente due: il legame affettivo, che costituisce il versante qualificante della relazione, e il tempo. L’uno è condizione dell’altro. Non si tratta solo del tempo come durata del processo, che accorpa, come in altri progetti degli artisti, lo svolgersi della vita, ma del tempo come forma di dedizione, di cura e di dono. Come una dichiarazione d’amore”.
Dai nostri esordi abbiamo parlato di arte e vita intendendo il nostro coinvolgimento personale in quelle che chiamavamo operazioni (anziché opere) e dichiarando di essere noi stessi i primi soggetti dei nostri esperimenti. Questo per il desiderio di stare nella mischia e di condividere conoscenze e possibilità: “fare mondo”, come diceva, scrivendo anche del nostro lavoro, Nicolas Bourriaud nel suo storico libro sull’arte relazionale.
Si tratta di presupposti che avevate coltivato anche con il progetto di UnDo.Net.
Fondammo UnDo.Net ai tempi degli Spazi Temporaneamente Autonomi (TAZ), quando in rete si poteva creare un luogo di relazione e di scambio potenzialmente infinito che ancora non c’era. Con UnDo.Net abbiamo dato vita, insieme a centinaia di artisti e curatori, a decine di progetti online che poi sono andati anche oltre internet sfociando in occasioni di incontro e dialogo, nell’organizzazione di eventi, in situazioni di scontro e protesta. UnDo.Net è stato il luogo in cui il nostro interesse per i progetti partecipati si è potuto sviluppare su grandi numeri, però le relazioni tra esseri umani si alimentano anche attraverso processi circoscritti.
Quanto è stato decisivo l’insieme dei processi rispetto all’organizzazione del progetto Profiles?
Ci interessa sempre costruire un dispositivo progettuale molto definito che si basa sulla continuità con il lavoro già fatto e la coerenza rispetto alle nostre scelte… Ma lavorando con altre persone, nel dialogo tra arte e vita, bisogna essere pronti a recepire quello che può nascere dai fenomeni in atto.
Come avete lavorato tenendo conto delle necessità che nascevano di volta in volta?
Profiles è un progetto d’arte dedicato a Graciosa e realizzato in collaborazione con gli abitanti dell’isola. Vivendo sul posto e a partire da alcuni amici azoriani, abbiamo sviluppato “una catena di confidenza” e poi coinvolto un certo numero di persone che ci hanno fatto entrare nelle loro case per scegliere soggetti da cui realizzare i nostri disegni: angoli domestici caratterizzati dalla presenza di oggetti personali, strumenti di lavoro, ricordi, disordine e ordine quotidiano. Queste persone sono poi naturalmente diventate le protagoniste dei nostri racconti e, attraverso le loro parole, lo è diventata anche la storia e il paesaggio dell’isola. Sono tre le fasi principali del progetto: la prima è stata quella di ricerca sulla comunità di abitanti dell’isola attraverso la quale siamo riusciti a coinvolgere soggetti molto diversi; nella seconda abbiamo allestito la mostra con tutti i disegni in uno spazio pubblico molto frequentato dove insegnanti, ranger, ex balenieri e altri hanno condotto con noi lunghe visite guidate per tutto l’agosto 2018; infine, nella terza fase, l’estate scorsa, abbiamo presentato la versione portoghese del libro, prodotto insieme alla casa editrice d’artista La Centrale Edizioni. L’evento si è svolto all’aperto con letture di brani tratti dai racconti e interventi musicali realizzati da molte delle persone che avevano già collaborato alle altre fasi.
Il vostro libro restituisce queste esperienze in modi diversi, con le parole e con i disegni.
A Graciosa non si butta via niente prima di averlo ri-utilizzato in ogni modo, quindi nei nostri disegni gli oggetti d’uso sono rappresentativi sia dell’influenza della globalizzazione sia delle derive della localizzazione. Emergono affinità e divergenze molto interessanti con le ricerche che abbiamo fatto in precedenti occasioni. I racconti sono scritti ‘sommergendosi nelle persone’, nel profondo di pensieri poco importanti, cogliendo l’apparenza e gesti quasi automatici. Vicino e lontano, un gioco di prospettive: tra i disegni che rappresentano i ‘profili digitali’ delle persone, e i racconti: ritratti di parole che esaltano la loro unicità.
I disegni hanno alcune caratteristiche che vorrei considerare: le linee restituiscono la presenza degli oggetti, le loro collocazioni nei diversi spazi, le didascalie sono molto importanti.
I disegni sono grandi 107 x 214 centimetri realizzati in scala 1:1 con pennarelli permanenti su carta fotografica. Gli oggetti sono riprodotti in maniera minuziosa con una lavorazione che richiede moltissimo tempo. La didascalia è la chiave dell’opera: contiene descrizione, marca e luogo di fabbricazione di ognuno degli oggetti; anche la ricerca in internet di tutte queste informazioni è un lavoro lungo e meticoloso. In questo modo emergono anche la potenza delle multinazionali, le strategie di mercato, lo sfruttamento del territorio.
Ci sono aspetti in particolare che sono emersi dalle esperienze che avete fatto?
Per esempio, qui gli abitanti non hanno visto l’uomo scendere sulla Luna perché non c’era ancora la televisione, mentre oggi sono tutti connessi. Profiles parla di “loro” e di tutti noi, perché Graciosa è un soggetto significativo in un mondo che cambia, ma in cui anche l’idea di progresso si evolve…
Il libro raccoglie alcune delle fasi di Profiles. Durante il recente periodo di quarantena dovuto all’emergenza Coronavirus, il progetto si è ampliato?
La nostra attività è stata molto intensa durante la quarantena, abbiamo realizzato nuove opere della serie ‘decelerazioni’ che necessitano una lunga lavorazione. Abbiamo anche ideato possibili modi per presentare il libro (e il progetto) dando voce alle persone che abbiamo coinvolto, e stiamo pensando di sviluppare Profiles in nuovi contesti tra cui, speriamo presto, alcuni comuni dell’area PoGrande che da poco è stata riconosciuta dall’Unesco come MaB (Man and the Biosphere).
‒ Davide Dal Sasso
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