La pandemia secondo David LaChapelle. L’intervista

Nelle sue opere affronta da anni temi divenuti fortemente attuali: il futuro dell’uomo, la dialettica Eden Apocalisse, la spiritualità. Come sta vivendo questa pandemia David LaChapelle?

Imprevedibile, come le sue opere. In questi giorni di quarantena, il feed Instagram di David LaChapelle (Connecticut, 1963) è colmo di suoi lavori: immagini selezionate, che raccontano un’umanità in bilico fra Apocalisse ed Eden. I believe God will answer my prayers recita la caption di una sua opera datata 2007: una scena di guerra dove il caos, tirato all’eccesso dalle pose plastiche dei corpi, è l’ultima carta dell’uomo che ritorna in sé e guarda al cielo. A chi storce il naso davanti all’iper-estetica dell’artistar, va detto che tutta l’arte di LaChapelle è profondamente spirituale. L’ipertrofia dei corpi è l’ultimo tentativo di mostrare una corazza ‒ quella umana ‒ agitata: se s’increspano le carni sulla superficie, figurarsi come si divincolano le articolazioni sotto! Le narrazioni che vanno da The Deluge a Rape of Africa non massimizzano la vita, semmai ritualizzano la morte. Oggi, in piena pandemia, LaChapelle vive questo tempo con lo stesso sussulto escatologico dei protagonisti delle sue opere.

Come sta vivendo la quarantena?
Diciamo abbastanza bene, ma ci sono persone che stanno avendo tempi difficili. Sto cercando di trovare il significato in tutto questo e spendere il tempo nella preghiera e nella meditazione. Questo è un periodo in cui siamo sempre lì a discutere su come le cose siano cambiate velocemente. Ora il tempo è scaduto. In America ai bambini si dice: “Papà dice che il tempo è scaduto”, che è un modo di dire time out. È come se il mondo di prima fosse stato cancellato. Del resto, a noi è stato chiesto di non fare nulla, di stare a casa.

Un tempo per riflettere, quindi?
Sì, possiamo usare questo tempo per fare binge-watching o i pigri, oppure possiamo cercare di trovare uno scopo in tutto questo, magari la gioia della vita anche in questo tempo di quiete.
Non sappiamo se si tratta di un tempo di calma prima della tempesta. Dobbiamo ricordarci che le cose possono peggiorare. Ci sono persone che nel mondo stanno soffrendo e muoiono. Penso che non solo sia il tempo di un lutto internazionale, ma dobbiamo pregare per chi sta soffrendo e sta mettendo la sua vita al servizio degli altri: mi riferisco a dottori, infermieri, operatori sanitari, chi guida le ambulanze, chi prepara cibo e lavora nel settore delivery. Questo è il tempo di riconoscere che esiste davvero una sofferenza per tutti.

Nella sua arte da tempo affronta lo shock di un’apocalisse, vero?
Sì, e mi baso su ciò che mi circonda. L’estate scorsa sono stato a Maui, nelle Hawaii. Lì vivo in una foresta pluviale, sul lato dell’isola coperto dalla giungla. Le piogge si sono ridotte, il clima è cambiato, e in tre anni gli insetti sono scomparsi per il 90%, le piccole rane, così popolari sull’isola, le lucertole, gli uccelli sono in gran parte spariti. Lo scorso anno ricordo di essere stato male per questo. Poi col tempo l’ho accettato. Ma vai oltre la consapevolezza, e capisci che è questa nostra avidità perpetrata per anni ad aver generato tutto questo.

The First Supper, 2017 © David LaChapelle

The First Supper, 2017 © David LaChapelle

Come supera questi momenti?
Pregando. Leggere la Bibbia mi ha rivelato la natura di questi tempi. È difficile fare proprie le Sacre Scritture. Nella Bibbia il messaggio è che Dio è amore. Trovo, tuttavia, difficile amare tutta l’umanità quando vedo così tanta violenza verso gli uomini o la natura. È davvero difficile essere una persona che ama gli altri, è qualcosa su cui devo fare davvero tanta pratica. In questo momento, mentre stiamo parlando, stanno tagliando nel giardino di fronte casa mia un grandioso albero secolare a Los Angeles: avrà almeno duecento anni, di piante così non se ne vedono in città. Lo stanno facendo per nessuna ragione tranne che per avere un grande giardino, credo. E non c’è un albero nella zona così longevo! Non capisco: la gente dice di amare la natura, ma davvero non è così. Al contrario, offende il giardino di Dio, che è bellissimo.

Il nostro rapporto con la natura e la pandemia sono due aspetti della stessa medaglia?
Pensa anche al Coronavirus: dicono che venga dai pipistrelli. Nessuna creatura che Dio ci ha donato merita di diventare la portata di un menu. Per me suona come: il discendente degli scimpanzé mangia gli scimpanzé, è una sorta di cannibalismo! Dovremmo avere più rispetto per la natura e il creato, dove esiste l’armonia delle cose. Pensa, gli alberi ci danno l’ossigeno e ci sono persone che li abbattono o bruciano, come in Brasile. Faccio fatica ad “amare” questo tipo di persone…è difficile amare Donald Trump, per esempio, ma è una sfida che ci viene posta davanti. Anche a me.

Ha visto le immagini di Papa Francesco solo in una Piazza San Pietro deserta? Cosa ha pensato della fotografia, da artista e da uomo?
Che è un’immagine incredibile. Ammiro molto questo Papa, ammiro il suo modo di essere se stesso, il fatto di non avere paura di parlare agli altri dell’amore, che è un messaggio biblico, non della Chiesa in sé. Prendi quando è stato criticato per aver detto riguardo ai gay: “Chi sono io per giudicare una persona? Il mio compito è amare” e credo che sia stato un messaggio forte.
Se ripenso a quell’immagine del Papa solo in una Piazza San Pietro vuota, mi commuovo, perché vedo nel suo volto un uomo che chiama all’amore e alla gioia e dice: “tu non sei Dio.”
Si vede che gli manca il popolo, ma so che sta pregando e vede la prospettiva spirituale di tutto questo, cosa significa in termini di prospettiva anche storica. La Bibbia che mi è stata insegnata quando ero piccolo non parlava mai di queste cose. Oggi quell’immagine del Papa da solo colpisce.

David LaChapelle, Casa dei Tre Oci, Venezia 2017, photo Irene Fanizza

David LaChapelle, Casa dei Tre Oci, Venezia 2017, photo Irene Fanizza

Lei è un uomo molto spirituale. Come si sposa la bellezza con la sofferenza?
Ogni cambiamento può essere un’opportunità per una relazione spirituale. La sofferenza capita spesso, ma alle persone la vita va così bene che dimenticano le cose belle, e non le sfiora il pensiero che tutto possa scivolare via nelle diverse sfide della vita, come perdere il lavoro, la salute. Ci sono tante sfide che l’umanità deve affrontare, c’è così tanto caos. Oggi il mondo sembra un film. Quando le persone perdono le cose materiali, la ricchezza e la salute e affrontano una perdita, spesso guardano a Dio. Non so cosa capiterà al destino dei singoli, forse dovremmo preoccuparci dell’oggi e lasciare al domani ciò che è del domani. Dobbiamo fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità, come pregare, e sono certo che Dio dirà a ciascuno di noi cosa fare, in che modo aiutare le persone, essere umili, rispettare gli altri. Per questo, in questo tempo, dovremmo meditare e pensare a cosa possiamo fare nel nostro piccolo: ci sono tante persone là fuori che lo stanno facendo, non solo pregando, ma anche mettendo la loro vita al servizio degli altri e sono loro i nostri modelli che ci fanno vedere l’amore di Dio.

Cos’è, allora, la bellezza per David LaChapelle?
Beh, so cosa bellezza non è. Puoi trovare la bellezza in moltissime cose, ed essa ci circonda. La bellezza non è crudeltà, non è violenza, non è odio. E la cosa che mi sconvolge di più è che oggi il nostro intrattenimento è ossessionato dai serial killer. Se l’arte è il riflesso della società e del tempo in cui fu creata, siamo nel periodo più oscuro in assoluto: si ascoltano fake news, si rincorre il sensazionalismo, c’è tanta pornografia, anche per quelli più giovani. L’Italia negli Anni Sessanta ha avuto un artista come Franco Zeffirelli che ha realizzato Romeo e Giulietta, ed è stata una pietra miliare per la cultura di quella generazione di giovani, e tutti nel mondo avrebbero voluto essere Romeo e Giulietta. Zeffirelli ha fatto questo capolavoro e ha influenzato le persone, e ha insegnato l’amore, ed era pieno di romanticismo, così incredibile! Era anche pieno di bontà. Ora invece hai questi show dove la gente usa corpi in termini di relazioni esclusivamente sessuali, e le parti del corpo sono in vendita per altri esseri umani: pensa alle dating app, noi guardiamo le parti del corpo e andiamo a comprarle come in un supermercato. Questi cambiamenti sono avvenuti così rapidamente ed è sbagliato.

Perché?
Tutti i nostri film sono ossessionati dai delitti, dal sangue. Abbiamo tanti documentari basati sul serial killer Ted Bundy, per esempio, e nessun artista si domanda perché invece non ci siano contenuti su George Washington Carver, un grande uomo di scienza e spiritualità che insegnò l’agronomia agli ex schiavi liberati d’America. La nostra ossessione per la morte, per le torture, la sofferenza, è un riflesso di ciò che siamo come comunità e cultura a livello globale. Non è una bella previsione. Prendiamo il film Joker: una grande regia, un budget alto e di qualità, con tante persone che ci hanno lavorato bene. Ma nel film il protagonista è un uomo che non ha relazioni. Pensa al messaggio che lancia alle nuove generazioni: questo è il riflesso dei tempi che stiamo vivendo. E quando penso che s’impiegano talento, soldi, tempo per trasmettere un messaggio così, oh…! Anche Netflix è pieno di contenuti del genere e nessuno osa sforzarsi, o almeno tenta di raccontare cose belle. È solo una questione di soldi. Sono deluso dai filmmaker, e penso che il mondo del cinema vada rivisto completamente.

Marco Grieco

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Marco Grieco

Marco Grieco

Giornalista freelance, collabora con L'Osservatore Romano, The Vision e TPI.

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