Mimmo Paladino e l’impacchettamento della Porta d’Europa a Lampedusa
Risale a pochi giorni fa la notizia dell’ “impacchettamento”, da parte di ignoti, della “Porta di Lampedusa-Porta d’Europa”, l’intervento di Mimmo Paladino sull’isola di Lampedusa. Ma per l’artista è una goliardata che può avere a che fare con la scomparsa di Christo.
Assolti. Mimmo Paladino non ha dubbi. Chi nella notte tra il 2 e il 3 giugno ha impacchettato e sigillato con nastri adesivi e teli neri Porta di Lampedusa-Porta d’Europa, la sua opera di cinque metri d’altezza collocata nel 2008 sull’Isola di Lampedusa, a pochi metri dal mare, non è un teppista. Ma un fan di Christo.
Il sindaco di Lampedusa Totò Martello è su tutte le furie e considera l’azione compiuta un fatto meschino che umilia gli abitanti dell’isola. Ha sporto denuncia augurandosi che i responsabili vengano individuati e puniti.
Non esageriamo, io li assolvo… In fondo, l’hanno solo coperta. È una goliardata e, a quanto ne so, l’opera non è stata sfregiata. È probabile che gli anonimi esecutori di questo gesto si siano ispirati a Christo. Del resto, se guardiamo il lato ottimistico della questione, il clamore mediatico generato dalla sua scomparsa può avere acceso il loro interesse. Christo impacchettava i monumenti celebri e, dunque, si sono rivolti a un’opera simbolica dell’isola promuovendola al rango di monumento e, dunque, assegnandogli un ruolo, per loro, particolarmente significativo. Sebbene io non avessi mai pensato di realizzare un monumento ma, piuttosto, un grande portale aperto agli scambi tra culture e razze diverse, non c’è da stupirsi che, nel tempo, il significato si sia trasformato sino a farlo diventare un luogo di memorie. Per dirla affettuosamente, sono i poveri Christi dell’isola ad aver agito.
Le opere pubbliche nascono per essere accolte dalla società che ne se appropria. E questo, talvolta, può creare qualche equivoco…
Va messo in conto, ma l’opera pubblica dev’essere un dono al di fuori di ogni dogma o retorica monumentale. Altrimenti si creano segni autoritari e tautologici che rimandano esclusivamente all’autore e non al fruitore. Il gesto degli “impacchettatori”, sia pure in maniera ingenua e rozza, ne ha riconosciuto implicitamente il significato mettendolo in discussione. In un contesto molto diverso, nel 2016, ad avergli assegnato la paternità di monumento era stato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che aveva depositato, accanto all’opera, una corona di fiori in ricordo dei migranti morti.
In realtà, la tua intenzione iniziale non era di carattere commemorativo e la Porta voleva essere uno spazio di accoglienza e di speranza.
Esattamente. Purtroppo, a dodici anni di distanza dalla sua realizzazione, l’opera è diventata il simbolo di una tragedia che perdura e che diventa ogni anno sempre più drammatica. Proprio i lampedusani sono i primi a pagare, spesso, lasciati soli dallo Stato. Quando l’ho realizzata pensavo, ingenuamente, che la situazione si sarebbe normalizzata e che quest’opera fosse destinata a scomparire perdendo la sua funzione.
Ora non solo non è sparita ma necessita di essere restaurata.
Sì, ma questo non c’entra nulla con l’azione della notte fra il 2 e 3 giugno. Il suo deterioramento era previsto sin dalla sua realizzazione e il contatto diretto con l’acqua salata ne ha corroso alcune parti. Non a caso, l’ho collocata a pochi passi dal mare, nel punto più estremo d’Europa, come se dovesse essere inghiottita dalle onde. Andrò a Lampedusa per il restauro che dovrà essere di tipo conservativo mantenendo intatte le trasformazioni e le ferite del tempo rispetto a materiali friabili come quelli che la compongono, in particolare ceramica refrattaria e ferro zincato.
Già in passato le tue opere hanno subito interventi non previsti.
La più bersagliata è stata La Montagna di Sale. Quando l’ho collocata nel 1995 in Piazza del Plebiscito a Napoli in molti, come rito scaramantico, prendevano il sale e se lo portavano a casa. A Milano, nel 2011, i tifosi del Milan, con eccessivo entusiasmo, hanno scalato la Montagna collocata in Piazzetta Reale accanto al Duomo, per festeggiare la vittoria della loro squadra danneggiando anche alcuni cavalli. Ma il giorno dopo sono arrivate le scuse della società rossonera che ha subito pagato il ripristino dell’opera.
Qual è il significato di un’opera d’arte all’interno di un contesto sociale?
Il desiderio è quello di entrare in contatto con la comunità senza alcuna imposizione. La mia dev’essere un’opera epifanica che può contemplare la sua sparizione. In tal senso, l’insegnamento di Christo è stato straordinario. Tutto ciò che ha realizzato ha assunto un aspetto mentale senza la necessità che rimanesse alcun feticcio. Dopo La Montagna di Sale, per quindici anni, Piazza del Plebiscito ha ospitato installazioni monumentali effimere e temporanee di autori quali Joseph Kosut, Rebecca Horn, Daniel Buren, Jannis Kounellis, Anish Kapoor, Michelangelo Pistoletto. Tutto ciò in base a quel principio di precarietà che appartiene all’arte contemporanea.
‒ Alberto Fiz
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