Musei e collezioni d’arte. Parlano 9 direttori
Inchiesta con 9 direttori di musei e fondazioni di arte contemporanea sul rapporto con le proprie collezioni.
Cosa significa lavorare su una collezione museale/privata oggi? Quali strategie si possono adottare per renderla intelligibile al pubblico e per accrescerla? Quali per arricchire il patrimonio di un museo/collezione privata? Rispondono nove direttori e presidenti di musei e fondazioni private da Venezia alla Sicilia, da Torino a Lugano. Un quesito che abbiamo posto prima dell’emergenza sanitaria e che oggi risulta ancora più stringente.
‒ Santa Nastro
LAURA BARRECA – DIRETTRICE MUSEO CIVICO – CASTELBUONO || DIRETTRICE CENTRO ARTI PLASTICHE – CARRARA
Significa essere investiti della responsabilità istituzionale di gestire un dispositivo di narrazione del patrimonio materiale e immateriale di una società, cui è affidata la memoria del nostro presente storico. Le collezioni museali contemporanee – almeno quelle dei musei di medie o piccole dimensioni – oggi vengono riorganizzate secondo criteri tematici e non necessariamente cronologici, secondo approcci interdisciplinari e con una maggiore apertura verso aspetti contestuali, sociali, antropologici. In alcuni casi, la logica dell’identità nazionale ha ceduto il posto ad acquisizioni di opere nate dal dialogo tra artisti chiamati a rileggere lo spazio e a relazionarsi col pubblico.
Se le istituzioni culturali infatti rappresentano il luogo della formazione e della proposizione artistica, le collezioni permanenti sono il risultato di azioni realizzate in un dato momento, per mezzo di differenti processi e di nuovi sistemi di produzione. L’obiettivo strategico è la costruzione di un valore duraturo e consapevole: una collezione infatti non è né “cronaca del presente” né una “raccolta di capolavori”.
LUCA LO PINTO – DIRETTORE MACRO – ROMA
Sviluppare e immaginare una collezione è una delle sfide e delle responsabilità più complesse per un museo. Da un lato, se parliamo di collezioni pubbliche, la maggioranza delle opere è inaccessibile, in quanto non ci sono spazi sufficienti per esporle. Basti pensare che il Metropolitan ha due milioni di oggetti e ne mostra il 3%. Dall’altro, la rivoluzione digitale ha prodotto un’esperienza della realtà – arte inclusa – sempre più mediata dalle immagini piuttosto che da un’esperienza diretta. I grandi musei, oltre a esporre a rotazione le collezioni, si sono mossi sul fronte della digitalizzazione come nuova forma di accessibilità, con significativi investimenti in entrambe le direzioni. Servono quindi risorse, oppure nuove soluzioni per interpretare e attivare le collezioni, oltre che farle circolare all’esterno.
Queste riflessioni mi hanno portato a rileggere la collezione del MACRO in una chiave più sperimentale e interrogativa rispetto allo status di un’opera e di una collezione nel XXI secolo, senza ignorare l’importanza dell’oggetto “reale”. Una delle sezioni di Museo per l’Immaginazione Preventiva, RETROFUTURO, è concepita proprio su questa duplicità di sguardi temporali e concettuali. Un ritratto della collezione passata che accoglie una collezione del futuro.
SYLVAIN BELLENGER – DIRETTORE MUSEO DI CAPODIMONTE – NAPOLI
È una grande responsabilità gestire una collezione come quella di Capodimonte, che si identifica con la storia stessa della Reggia, costruita per ospitare la collezione Farnese. Il museo oggi conta 47mila opere d’arte, dal Duecento fino all’arte contemporanea, con un ricchissimo Gabinetto di disegni e stampe, un prezioso nucleo di arti decorative e una nutrita sezione dedicata all’Ottocento. Un patrimonio immenso che un direttore ha il compito di rendere fruibile, nel modo più largo possibile, anche ricorrendo all’aiuto dei privati e delle tante realtà associative che quotidianamente ci sostengono.
In quest’ottica, con le nuove acquisizioni cerchiamo di incrementare i nuclei collezionistici originari e lo facciamo ricorrendo all’art bonus e agli altri strumenti di sostegno e partecipazione dei privati. È questo il “metodo Capodimonte” che ha permesso l’ingresso nella collezione delle porcellane della Manifattura di Carlo di Borbone, del gruppo Apollo e Marsia, recente dono dei Cavalieri del Lavoro-Gruppo Mezzogiorno. A breve, grazie al dono di altri imprenditori, la preziosa Coppaflora di Vincenzo Gemito, unico esemplare in argento nelle collezioni pubbliche italiane, completerà il racconto della poliedrica attività dello scultore napoletano, dopo la corposa acquisizione ministeriale della Collezione Minozzi nel 2014.
LETIZIA RAGAGLIA – DIRETTRICE USCENTE MUSEION – BOLZANO
Qualsiasi collezione a mio avviso va considerata non come “statica” e conclusa, ma come qualcosa di estremamente fluido e dinamico. La sfida oggi è rendere le opere della collezione attuali e saperle rivedere con i canoni odierni, naturalmente senza distorcerle. Penso ad esempio al nuovo display del MoMA, che intreccia arte, design e fotografia con attenzione a posizioni femminili e “globali”.
Credo che qualsiasi collezione dovrebbe essere resa accessibile al pubblico attraverso sguardi non canonizzati: ciò significa lavorare in un’ottica di inclusività, rinunciare ai display cronologici per cercare punti di vista che vadano oltre, come quelli di artisti e artiste, o mettere le opere in dialogo con quelle di altre collezioni. Questa idea di dinamismo dovrebbe accompagnare anche le nuove acquisizioni: credo sia importante capire come l’opera che entrerà in collezione possa dare nuova linfa a quelle che già ne fanno parte.
PATRIZIA SANDRETTO RE REBAUDENGO – PRESIDENTE FONDAZIONE SANDRETTO RE REBAUDENGO – TORINO
La collezione privata, che ho avviato nel 1992, è stata decisiva nella costituzione della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo venticinque anni fa. Anche se non è esposta in permanenza nelle nostre sedi, è un motore della nostra attività, è presentata nei musei e nelle istituzioni in giro per il mondo ed è uno strumento di relazioni internazionali. La collezione è a disposizione dei curatori e dunque le opere entrano spesso a far parte delle mostre, condividendo tutte le metodologie che la Fondazione dedica ai suoi visitatori: la mediazione culturale, i laboratori, le visite, l’e-learning, come nel caso del progetto I Speak Contemporary, che attraverso alcune opere della raccolta unisce la lettura dell’arte contemporanea all’insegnamento della lingua inglese.
Per arricchire il patrimonio della Fondazione investo sulla sperimentazione e sulla formazione, perseguendo l’idea di un museo impegnato nella produzione culturale, uno spazio di discussione e confronto democratico. Quanto alla collezione, continuo a seguire il principio della qualità: non punto sul nome ma sul contenuto dell’opera e della ricerca dell’artista.
TOBIA BEZZOLA – DIRETTORE MASI – LUGANO
Il collezionista privato deve rispondere solamente a sé, al proprio gusto e ai propri interessi e, anche rispetto agli investimenti che affronta, deve rendere conto solo a se stesso. Quando si tratta di una collezione pubblica, è sostanzialmente diverso.
Chi colleziona per conto di un museo pubblico deve sempre rispettare l’evoluzione storica del contesto artistico, culturale e sociale della collezione che vuole accrescere. Il patrimonio conservato contribuisce al progressivo formarsi dell’identità museale e per questo motivo è necessaria una politica di acquisizione mirata e in armonia con questa stessa identità. Per ogni nuova acquisizione, oltre alla qualità artistica, bisogna inoltre valutare attentamente e in anticipo come e in quale misura si potranno rendere accessibili al pubblico le nuove opere.
CHRISTIAN GRECO – DIRETTORE MUSEO EGIZIO – TORINO
La parola che descrive al meglio il lavoro che svolgiamo quotidianamente sulla collezione del museo è “cura”. Questo vuol dire riconoscerne il grande valore e, allo stesso tempo, sentire la responsabilità di un patrimonio collettivo che deve essere intelligibile, accessibile e inclusivo.
All’interno di questa cornice è per noi centrale la ricerca. È attraverso la ricerca che aumentiamo la fruibilità delle nostre collezioni: sia con strumenti digitali, sia valorizzando i materiali d’archivio, utili a illuminare i reperti con nuove informazioni sul loro contesto e la loro storia. È la ricerca, ancora, che ci permette di arricchire il museo e l’esperienza che i visitatori ne fanno: non attraverso nuove acquisizioni – che a oggi non sono previste – ma mettendo a disposizione informazioni nuove e inedite, che permettono di migliorare la comprensione del patrimonio del museo. Senza contare che, dal 2015, abbiamo implementato il percorso di visita con le Gallerie della cultura materiale: oltre 10mila reperti, fino a quel momento indisponibili, restituiti al pubblico.
MARIGUSTA LAZZARI – DIRETTRICE FONDAZIONE QUERINI STAMPALIA – VENEZIA
Da alcuni anni il personale della Fondazione Querini Stampalia è coinvolto in un percorso di formazione e aggiornamento, alla luce dei nuovi studi in materia di pubblici e accessibilità. L’obiettivo è individuare e mettere in atto strategie e azioni efficaci affinché l’identità dell’istituzione venga comunicata e percepita in modo corretto e completo. Questo anche nell’ottica di una maggior sostenibilità economica in termini di aumento del numero dei visitatori, conseguenza di una migliore narrazione di ciò che è la Querini Stampalia.
Le analisi fatte su chi frequenta l’istituzione hanno confermato la necessità di valorizzare in modo diverso le collezioni, le attività e i servizi proposti. Risulta dunque inevitabile rielaborare e attualizzare il tradizionale modo di comunicarsi, ripensare il coinvolgimento dei pubblici, aprirsi a nuovi pubblici e rendere più chiara la missione dell’istituzione nella percezione collettiva. È necessario lavorare sulla divulgazione e sull’accessibilità, rivedendo le strategie di comunicazione, ridefinendo i compiti e il ruolo del museo e dell’intera Fondazione oggi, all’interno del tessuto sociale contemporaneo.
OSVALDO MENEGAZ – PRESIDENTE FONDAZIONE MALVINA MENEGAZ – CASTELBASSO
La nostra collezione è un patrimonio artistico privato messo al servizio del territorio. Per la sua intelligibilità abbiamo pensato soluzioni curatoriali che ne propongono letture anticonvenzionali, ad esempio il progetto Sarà presente l’artista, che affida a un artista il riallestimento della collezione in dialogo con il proprio lavoro. Un altro punto per noi centrale è quello della didattica, che interpreta la collezione come piattaforma per affrontare le questioni centrali della contemporaneità – come l’identità o il rapporto con la natura – attraverso laboratori con le scuole.
Oltre le canoniche acquisizioni, l’arricchimento della collezione si svolge tramite progetti di residenza che risultano in opere site specific, in dialogo con il territorio: l’esplorazione delle possibilità contemporanee del ricco patrimonio di tecniche artigianali è uno degli assi programmatici della Fondazione, che si propone come presidio della contemporaneità in un contesto laterale come quello abruzzese. Credo sia fondamentale oggi per una fondazione proporre sempre contenuti di alta qualità, in grado di stimolare una riflessione sociale e culturale sul mondo in cui viviamo e attrarre un interesse anche da parte del pubblico del nostro territorio.
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #54
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