Password, il video-podcast per immaginare il futuro
Una rizomatica rete di collaborazioni ha portato all'ideazione e diffusione di otto video-podcast intitolati “Password”. Obiettivo: iniziare a reimmaginare il nostro futuro in quest'era (post) pandemica. La prima puntata vede protagonista il curatore e ricercatore Saul Marcadent.
È una serie di podcast, ma anche una serie di video, ma anche una serie di testi, ma anche una serie di interpretazioni teatrali, ma anche un lavoro di graphic design, ma anche un esperimento di sound art… Un progetto complesso e affascinante, quello ideato da Saul Marcadent insieme a Federico Pepe de Le Dictateur, in collaborazione con otto curatori (oltre allo stesso Marcadent ci saranno, nell’ordine, Caroline Corbetta, Cloe Piccoli, Davide Giannella, Antonio Grulli, Gianluigi Ricuperati, Marco Tagliafierro e Carlo Antonelli). Obiettivo: individuare una password che consenta di leggere con rinnovata consapevolezza questo nostro mondo (dell’arte). Dunque, una password “illustrata” da un testo – quest’ultimo letto da un attore teatrale professionista. Qui subentra Le Dictateur, che ha lavorato al lettering, differente per ogni password, e all’animazione grafica collegata a ognuno dei video/podcast.
Artribune è l’ulteriore tassello di questa collaborazione: per due mesi, ogni venerdì mattina, sui nostri canali sarà diffusa una nuova password. Insieme a una breve intervista con il curatore protagonista dell’uscita settimanale. Iniziamo dunque con Saul Marcadent, curatore e ricercatore allo IUAV di Venezia. La password è Intimismo e la voce è quella di Pierluigi Corallo.
INTERVISTA A SAUL MARCADENT
Con quale aggettivo definiresti il tempo, il tuo tempo trascorso durante il lockdown, e perché?
Pigro, lento, sospeso, riflessivo, impaziente, fiducioso. Impossibile trovare l’aggettivo giusto. Ho trascorso molti tempi diversi. Non soltanto due fasi ma tre, quattro, cinque, sei.
C’è qualcosa che questo lockdown ti ha insegnato? Che hai riscoperto? O, al contrario, qualcosa che invece ora ritieni meno importante rispetto a prima?
Penso sia impossibile che una virata come questa non si faccia sentire. Abbiamo vissuto tre mesi lontani dalla cosa più importante che abbiamo: le relazioni umane. E se per qualcuno non è così, secondo me c’è qualcosa che non va.
Quanto e come l’emergenza sanitaria ha influenzato l’editoria e/o la curatela?
Le ricadute sono e saranno pesanti, sia quelle materiali che immateriali. Sono preoccupato per la piccola editoria, che per interessi di ricerca seguo con speciale attenzione. Certamente numerosi piccoli marchi editoriali si sono attivati velocemente durante il lockdown, e per esempio le vendite online in alcuni casi hanno funzionato molto bene. Però siamo consapevoli che è solo un microsegnale positivo. La ripartenza è e sarà in salita. In generale, però, vedo attorno a me molta energia, sono fiducioso.
Come immagini il futuro immediato di questi due ambiti?
Gradualmente torneremo a fare editoria e a fare mostre, a frequentare spazi e festival. Più che immaginarlo, abbiamo la responsabilità, singolarmente e soprattutto in maniera collettiva, di riprogettare il futuro. Buona parte delle mie azioni avvengono nel territorio dell’università e sento forte questa urgenza. Penso si debba riprogettare un futuro in cui un’idea di misura è tenuta maggiormente in considerazione. Fare cose a misura d’uomo. Ora leggo molti punti di vista e visioni: per esempio mi interessa il lavoro condotto dai Motus a Santarcangelo Festival con Futuro fantastico. C’è stato un momento in cui ero infastidito dal commento casuale, dalla necessità di ognuno di dire la sua. Restando in ambito culturale, mi ha colpito l’incapacità di fermarsi un istante a riflettere prima di esporsi, forse per paura di sparire.
‒ Marco Enrico Giacomelli
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