Password. Quarta puntata del video-podcast targato Le Dictateur

Con Davide Giannella arriviamo al quarto appuntamento del video-podcast per immaginare il futuro. Le tre precedenti puntate, con Saul Marcadent, Caroline Corbetta e Cloe Piccoli, le trovate sul sito e anche sulla nostra pagina YouTube.

La password scelta da Davide Giannella e letta dall’attrice Olivia Manescalchi è EnterThroughTheExit. Sotto il segno di una festa all’Hotel Bauer di Venezia e dell’insegnamento che consiste nello “studiare nuove soluzioni a vecchi problemi”.

Con quale aggettivo definiresti il tempo, il tuo tempo trascorso durante il lockdown, e perché?
Lo definirei circolare. Aveva perso ogni tipo di linearità e scansione, probabilmente anche a causa di una ridotta, ridottissima percezione dello spazio. Diverse volte mi sono sentito come un criceto in movimento costante e affannato, con la sensazione di muoversi ma senza mai spostarsi dalla propria teca. Appunto, un movimento circolare che rendeva più difficile la distinzione tra ieri, oggi e domani. Per molti aspetti la radicalizzazione di una condizione, quella altermoderna, che già stavamo vivendo e dibattendo dal 2001 ma che con la pandemia si è resa palese e percepibile su larga scala.

C’è qualcosa che questo lockdown ti ha insegnato? Che hai riscoperto? O, al contrario, qualcosa che invece ora ritieni meno importante rispetto a prima?
Non so se mi abbia insegnato qualcosa, forse delle cose stanno affiorando solo ora sul piano del ricordo, in maniera velatamente nostalgica. In questo momento ho soprattutto la sensazione di aver ripreso quotidiano e lavoro con ritmi ancora più intensi di quelli che registravo prima del lockdown. Forse è un’ansia collettiva a muoverci, imponendoci di recuperare tempo e risorse bloccate dalla pandemia, è paradossale ma è così. Più che aver riscoperto qualcosa, ho ricevuto una conferma: l’importanza della fisicità nei rapporti umani come in quelli professionali. La partecipazione credo rimanga uno dei punti cardine del lavoro culturale assieme alla condivisione. Altrettanto mi sembra di aver raggiunto una maniera più consapevole e funzionale nell’utilizzo degli strumenti tecnologici e digitali. Lo faccio meno, spero meglio. Rispetto a prima, credo che tutto abbia mantenuto la stessa valenza e che a cambiare potrà essere soprattutto la gestione di quelle priorità immutate. Senza dubbio – e senza troppo rammarico – prenderò meno aerei.

Quanto e come l’emergenza sanitaria ha influenzato l’editoria e/o la curatela?
Non saprei dare un giudizio quantitativo, credo però che l’influenza su questi due settori sia stata per certi versi positiva. In primis il lockdown ha reso palese quanto la fruizione editoriale, artistica e in generale culturale siano necessarie all’uomo e alle società. In questo senso si è poi verificato un paradosso: a una sempre più massiccia richiesta di contenuti culturali non stavano corrispondendo le necessarie retribuzioni nei confronti degli operatori che producono materia culturale. Una realtà preesistente al lockdown ma che da quel momento mi pare sia diventata sempre più evidente e di necessaria risoluzione, con riflessioni e proposte più concrete (vedi ad esempio un’iniziativa come AWI). In editoria ho la sensazione che valgano meno i nomi delle testate e sempre di più la qualità di analisi e articoli proposti. La distribuzione di questi per via digitale e su differenti device mi pare porti a confondere molto chi è il veicolo del contenuto, concentrando piuttosto l’attenzione sull’autore. Mi pare un fenomeno interessante perché credo possa mitigare certe ansie da posizionamento edgy, prediligendo la produzione di materiali di qualità. Nell’ambito della curatela non intravedo particolari stravolgimenti, piuttosto noto l’accelerazione di alcune istanze ed esigenze di rinnovamento dei formati, siano essi espositivi o produttivi così come mi pare si sia riattivata l’attenzione attorno alle relazioni tra istituzioni, gallerie e pubblico. Probabile ci sarà maggiore attenzione alle comunità culturali che solitamente non frequentavano il sistema dell’arte, in un tentativo di ampliamento, rinnovamento e formazione di uno o più pubblici diversificati e inediti. Inevitabile poi la riflessione su possibili integrazioni e intrecci tra la dimensione analogica e quella digitale così come una sempre maggiore interazione tra ambiti culturali contigui ma differenti. Anche in questo caso, comunque, non mi sentirei esattamente di parlare di novità, piuttosto di attitudini o esigenze che si sono rese più impellenti e diffuse. Fortunatamente.

Come immagini il futuro immediato di questi due ambiti?
Vivace e affettuoso. Immagino una diffusa volontà di ripartenza e una rinnovata capacità di mettere in discussione i propri paradigmi, aprendosi a collaborazioni e sperimentazioni sempre più coraggiose. Sarebbe davvero bello.

Marco Enrico Giacomelli

LE PUNTATE PRECEDENTI

Password, il video-podcast per immaginare il futuro – Saul Marcadent
Password, il video-podcast per immaginare il futuro – Caroline Corbetta
Password, il video-podcast per immaginare il futuro – Cloe Piccoli

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Marco Enrico Giacomelli

Marco Enrico Giacomelli

Giornalista professionista e dottore di ricerca in Estetica, ha studiato filosofia alle Università di Torino, Paris 8 e Bologna. Ha collaborato all’"Abécédaire de Michel Foucault" (Mons-Paris 2004) e all’"Abécédaire de Jacques Derrida" (Mons-Paris 2007). Tra le sue pubblicazioni: "Ascendances et…

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