Ricordando Bianca Attolico. Una mostra sulla sua collezione: intervista a Ludovico Pratesi
In occasione della Quadriennale di Roma il prossimo autunno a Villa Torlonia si terrà una mostra per ricordare la collezionista romana scomparsa a gennaio
All’inizio di questo strano e drammatico 2020 una prima brutta notizia sconvolgeva il mondo dell’arte contemporanea: la scomparsa di Bianca Attolico, appassionata collezionista e sostenitrice degli artisti e della cultura italiana, mattatrice delle fiere, tra le signore indiscusse del milieu culturale romano. “Aveva un difetto: diceva quello che pensava. Aveva una virtù: diceva quello che pensava”, così la ricordava su queste colonne la critica e giornalista Alessandra Mammì, raccontando una persona schietta, sincera, colta ed estremamente generosa. Cinque mesi dopo l’annuncio di una mostra dedicata al racconto della sua figura e della sua collezione: a curarla sarà in occasione della Quadriennale di Roma, costituendo da evento collaterale, Ludovico Pratesi (qui su Artribune un suo precedente ricordo di Bianca). Gli abbiamo chiesto di raccontarci in anteprima il progetto.
Una mostra dedicata a Bianca Attolico a meno di un anno di distanza dalla sua scomparsa. Come racconterai l’impegno nell’arte di Bianca?
L’idea di dedicare una mostra a Bianca Attolico è stata di Umberto Croppi, che l’ha ritenuta un personaggio di rilievo nel mondo dell’arte della Capitale. Una delle mission della Quadriennale è di estendere la mostra del Palazzo delle Esposizioni, aperta dalla fine di ottobre 2020 al prossimo gennaio, nel territorio urbano, cercando di coinvolgere più possibile la città. La mostra dedicata alla Attolico, realizzata in collaborazione con la Sovrintendenza Capitolina, risponde a questa esigenza. Sono onorato e riconoscente a Croppi per avermi affidato l’incarico di curarla.
Chi era Bianca Attolico?
Una donna sincera e generosa, una collezionista che viveva a 360 gradi, senza barriere né schermi. L’arte era il suo quotidiano, amava circondarsi di artisti, galleristi, critici e curatori. Aveva ereditato questa passione dal padre, che collezionava gli artisti della Scuola Romana, e l’aveva trasmessa ai figli Lorenzo ed Elena e alla nipote, Benedetta Lucherini. Per anni ed anni il suo appartamento ai Parioli è stato un punto di incontro, discussione e scambio tra persone di diverse generazioni, sempre all’insegna di confronti aperti e vivaci. Amava suscitare polemiche, provocare discussioni. D’estate Bianca, che su questa testata ho definito “la leonessa dell’arte”, si trasferiva a Spoleto, e anche lì i momenti di confronto non mancavano mai. Un invito a cena a casa di Bianca era sempre un’occasione di confrontarsi sugli argomenti più disparati.
Tornando alla mostra, come avete lavorato per sintetizzare la collezione in una esposizione? Che taglio hai dato?
Il primo passo è stata la scelta dello spazio espositivo: il Casino dei Principi a Villa Torlonia, sede dell’archivio della Scuola Romana. La mostra è stata concepita come un itinerario cronologico che comincia con le opere di Mario Mafai, Fausto Pirandello e Alberto Ziveri, a testimoniare il nucleo “storico” della collezione di Bianca, e termina con le opere di alcuni artisti emergenti internazionali. L’obiettivo è quello di ricostruire l’atmosfera del suo appartamento, sede di una collezione “domestica”, e quindi l’allestimento delle sale ricalca il modello di una quadreria privata piuttosto che quello di un museo pubblico. La mostra propone il modello della dimora di una collezionista che ha vissuto fianco a fianco con artisti di diverse generazioni.
Che ritratto ne viene fuori?
Lo spirito libero ma sempre informato di Bianca, che ha comprato le opere che le piacevano pur essendo ben consapevole del loro valore, sia culturale che economico.
Diamo un po’ di numeri: quante opere, quanti artisti, anni…?
La mostra riunisce 58 opere di 57 artisti, che coprono un arco cronologico che va dal secondo decennio del Ventesimo Secolo ad oggi, per testimoniare la capacità di Bianca di essere sempre aggiornata sulle ultime tendenze del contemporaneo internazionale.
Con chi ti sei confrontato per il progetto?
La mostra è una coproduzione tra la Quadriennale e il Comune di Roma, e quindi mi sono confrontato a livello istituzionale con Umberto Croppi, presidente della Fondazione Quadriennale, con Maria Vittoria Marini Clarelli, Sovrintendente Capitolina, Federica Pirani, responsabile delle attività espositive del Comune e Annapaola Agati, responsabile di Villa Torlonia, Fondamentale è stata la collaborazione con gli eredi di Bianca, Lorenzo ed Elena Attolico. Per la realizzazione del video dedicato alla memoria di Bianca devo ringraziare Artribune.
Questo progetto è un collaterale della Quadriennale, una mostra nata per promuovere l’arte italiana. Come peraltro fece da collezionista Bianca Attolico…
Bianca ha sempre avuto un occhio di riguardo per gli artisti italiani, e molti di loro sono entrati in collezione fin da giovanissimi. Penso a Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì e Domenico Bianchi, seguiti da Paolo Canevari, Stefano Arienti, Mario Airò, Grazia Toderi, Vanessa Beecroft , Francesco Vezzoli e tanti altri. Bianca non si limitava ad acquistare le loro opere: voleva incontrarli, conoscere il loro pensiero, capire le ragioni profonde della loro ricerca.
Tu ti sei sempre occupato di collezioni e collezionisti, hai anche scritto un libro a riguardo. Che cosa distingue una collezione da un’altra? Cosa vedi nelle collezioni delle persone che le costruiscono?
Ogni collezione nasce da una passione che può diventare un progetto di vita, una sorta di identikit del collezionista. Dunque ognuna è diversa, e va valutata ed analizzata come un unicum in tutte le sue caratteristiche peculiari. Le scelte delle opere, la presenza o meno di linee guida rigorose, la frequentazione del mondo dell’arte, l’attitudine al rischio e la necessità di approfondimento dei singoli artisti sono alcuni elementi che differenziano i collezionisti tra di loro e quindi le loro collezioni.
Cosa ti manca di Bianca e cosa manca di più al mondo dell’arte di lei?
Bianca è stata per decenni una presenza forte sulla scena dell’arte romana, amica e rispettata da tutti nonostante il suo carattere non sempre facile. Ci mancherà il suo coraggio, la sua caparbietà, la sua passione per gli artisti. Sentiremo la mancanza del suo ”ruggito“ per molto tempo.
–Santa Nastro
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