Y.Z. Kami e l’arte della compassione

Pittore impegnato da sempre nella descrizione della figura umana, Y.Z. Kami racconta il suo approccio all’arte e al silenzio.

I dipinti di Y.Z. Kami (Tehran, 1956) hanno un potere trasformativo sullo spettatore: attraverso l’esperienza dell’immobilità, del silenzio e della luce bianca che emana dai suoi ritratti, i suoi soggetti ci chiamano a sé, generando sensazioni di placida contemplazione e di serenità, al limite della trascendenza. I suoi ritratti rivelano la spiritualità di tutti noi. Così facendo ci sfidano ad accettare che chiunque è degno di compassione – in un mondo globalizzato dilaniato dal conflitto, siamo veramente cosmopoliti soltanto quando riconosciamo che il fondamento consiste nell’avere a cuore i valori individuali e la solidarietà nei confronti degli altri.
Abbiamo parlato con l’artista dei diversi aspetti del suo lavoro, dei suoi dipinti, di come possiamo usare le loro intuizioni per riflettere sui diritti dell’uomo, e del valore del silenzio in un mondo che deve fare i conti con i limiti alla libertà di movimento imposti dalla pandemia.

La tua monografia più completa, pubblicata in coedizione da Skira e Gagosian nel 2019, si conclude con la serie Night Paintings, che è stata esposta alla Gagosian di Roma da gennaio a marzo 2020. Due dei dipinti più grandi sono dedicati a William Blake: ci racconti dell’influenza di questo artista?
Ho cominciato a lavorare sui Night Paintings qualche anno fa, mentre rileggevo le poesie di Blake. È un grandissimo poeta, che ha prodotto immagini e una visione davvero uniche – poeta e pittore, anche se mi interessa di più la sua poesia. I Night Paintings non sono affatto una sorta di illustrazione delle sue poesie, ma ho cominciato a idearli nel corso delle mie riletture.

Un’altra figura a cui ti sei interessato nell’ambito della tua arte è Blaise Pascal, che hai ritratto nel 2017 nell’opera Masque Mortuaire de Pascal. Ci puoi dire qualcosa di più su quest’opera, sulle sue origini e su cosa significa per te il filosofo francese?
Avevo da molto tempo delle immagini della maschera mortuaria di Pascal provenienti dalla Bibliothèque de la Société de PortRoyal, in Francia. Ho sempre desiderato farne qualcosa, finché finalmente ho iniziato a realizzare il dipinto. Da studente avevo letto i suoi scritti. È veramente unico. Quello che mi interessava di più erano i suoi testi filosofici e mistici. T.S. Eliot lo descrive come “asceta fra gli uomini mondani, uomo mondano fra gli asceti”. E poi c’è l’esperienza mistica descritta nel Memoriale. Fu scritta il 23 novembre 1654, una data importantissima nella biografia di Pascal, la notte in cui ebbe una visione mistica. In francese si intitola anche La Nuit de feu (La notte di fuoco) e comincia con le parole “Fuoco, Dio di Abramo, Dio di Isacco”. La cosa molto interessante è che portava questo testo cucito con cura all’interno del cappotto e lo scuciva per trasferirlo quando si cambiava d’abito. Un servo lo scoprì per caso dopo la sua morte.

Y.Z. Kami, Masque mortuaire de Pascal (Pascal's death masque), 2017. Oil on linen, cm 190.5 x 129.5 © Y.Z. Kami. Photo Rob McKeever. Courtesy Gagosian

Y.Z. Kami, Masque mortuaire de Pascal (Pascal’s death masque), 2017. Oil on linen, cm 190.5 x 129.5 © Y.Z. Kami. Photo Rob McKeever. Courtesy Gagosian

Una volta hai parafrasato le parole di Pascal, che diceva “le mani sostengono l’anima”. Questa affermazione rivela il lato mistico e spirituale del filosofo. Si può usare anche come punto di accesso per pensare alle tue opere che raffigurano mani? Non soltanto le mani giunte in preghiera per cui sei famoso, ma anche le mani solitarie che hai dipinto appoggiate sul petto e in riposo verso il basso.
Per me le mani hanno una presenza molto speciale. Hanno vita e anima proprie. Mi ha sempre interessato raffigurarle senza il resto del corpo. Per esempio, negli Anni Ottanta ho realizzato diversi dipinti raffiguranti una singola mano, come Eliane’s Hand. In seguito, ho dipinto varie volte mani in preghiera. C’è un meraviglioso disegno di Dürer che raffigura delle mani giunte, che ho visto decenni fa quando ero studente all’Albertina. Penso che le mani in preghiera siano un segno diretto di devozione, di fede.

Durante la pandemia di Coronavirus e le restrizioni sui movimenti che ha imposto, molti di noi hanno dovuto affrontare la solitudine. Qual è il valore del silenzio nella tua vita e nelle tue opere?
Chi dipinge lavora per lo più in silenzio e in solitudine, quanto meno nel mio caso, anche se a volte ascolto musica. Trovo che il contatto con la propria interiorità venga dal silenzio, uno spazio di immobilità.

In passato però hai descritto la tua ultima serie di opere, Night Paintings, come le visioni che ci accompagnano quando sogniamo, dormiamo e siamo svegli. Potremmo quindi presupporre un’interessante tensione tra l’immobilità dei tuoi ritratti e la vivacità della mente umana che è costantemente in movimento e in divenire, creando e trasformando.
Sì, la mente umana è caratterizzata da un costante movimento senza interruzione, anche se c’è chi cerca di placarla per alcuni attimi attraverso varie tecniche di meditazione. Diversamente il movimento della mente è perpetuo. Poi, nei sogni, questo movimento assume talvolta forme totalmente inaspettate, come avviene anche con l’immaginazione. È interessante quello che dici a riguardo dei movimenti della mente umana e al silenzio e all’immobilità dei miei dipinti di volti e mani. Questo silenzio si ritrova anche nella geometria dei Dome Paintings.

Y.Z. Kami, Untitled (Hands) I, 2013. Oil on linen, cm 274.3 x 182.9 © Y.Z. Kami. Photo Rob McKeever. Courtesy Gagosian

Y.Z. Kami, Untitled (Hands) I, 2013. Oil on linen, cm 274.3 x 182.9 © Y.Z. Kami. Photo Rob McKeever. Courtesy Gagosian

Assolutamente sì. E nei Dome Paintings avvertiamo la stessa sensazione di essere sospesi in un’esperienza di trascendenza. Questi dipinti sono costituiti di forme di mattoni dipinti di bianco che si ergono in una geometria circolare per costituire una sorta di tempio con un centro bianco, come se stessimo guardando in alto, verso il cielo da cui proviene la luce. La luminosità è sbalorditiva. Che tu dipinga mani, ritratti o cupole, gli spettatori sono pervasi dalla stessa sensazione di serenità che può anche avvicinarsi alla trascendenza. Sembra suggerire che la vita umana è sacra quanto i templi e il paradiso. Robert Storr ha scritto che i modelli dei tuoi ritratti aspirano a uno stato di grazia e sono “uniti l’uno in compagnia dell’altro dalla comune ricerca spirituale”. Tuttavia, a mio avviso non è questo l’obiettivo finale della tua arte. Ciascuno dei tuoi soggetti, come nei Dome Paintings, emana già una luminosità, a suggerire che lo spirituale è già presente e tangibile nell’atto stesso di essere vivi, e che si può cogliere contemplando la vita umana. 
Sì, ci sono molti livelli e sfaccettature diversi della presenza umana e della psiche umana.

Vivi e lavori negli USA, dove attualmente sono in corso proteste a favore del movimento Black Lives Matter. Penso che esista una tendenza a dare giudizi affrettati sugli altri e a catalogare le persone in categorie prestabilite con l’effetto di cancellare l’umanità e la complessità individuali di fondo. Le tue opere propongono un modello alternativo per pensare alle persone, portandoci a provare tenerezza e compassione dinanzi alla consapevolezza della loro grazia individuale. La critica d’arte Laura Cumming ha scritto che i tuoi dipinti “hanno come caratteristica prevalente la misericordia”.
Misericordia, ma soprattutto compassione. I miei ritratti parlano di esseri umani. Indipendentemente da razza e credo. La questione razziale è tutt’altro che risolta, anche se l’elezione di un presidente nero è stata un enorme cambiamento. Tuttavia, adesso si vedono il contraccolpo e il potere percepito della supremazia bianca.

Credo che nella tua arte ci sia un principio morale per il fatto che induce lo spettatore a ripensare le proprie concezioni di base. Il tuo quadro del 2005 In Jerusalem raffigura cinque religiosi delle tradizioni abramitiche, che hai ritratto dopo aver visto una loro fotografia sul New York Times. Accompagnava un articolo che riferiva di come, malgrado le fedi diverse, si fossero riuniti tutti a Gerusalemme per vietare una manifestazione gay. In assenza di parole e di contesto, fondamentalmente vediamo degli anziani uomini di fede in cui possiamo identificarci poiché appaiono come figure alquanto vulnerabili per cui possiamo provare un senso di affinità e familiarità. Il sentimento di compassione suscitato dalle tue opere, collegato ad argomenti così controversi, è un’emozione molto impegnativa da affrontare.
L’essere umano è sempre presente, con le sue ferite e le sue vulnerabilità, come dici. Ma queste figure nel dipinto hanno di fatto una cosa in comune, che è l’intolleranza.

Y.Z. Kami, Untitled (18 Portraits), 1994 95. Oil on canvas, cm 243.8 x 307.3 © Y.Z. Kami. Courtesy Gagosian

Y.Z. Kami, Untitled (18 Portraits), 1994 95. Oil on canvas, cm 243.8 x 307.3 © Y.Z. Kami. Courtesy Gagosian

Però mi piace pensare che le tue opere dimostrino che tutti sono degni di compassione e che il cinismo è codardia intellettuale e autolesionismo. Le tue opere mostrano un modo alternativo, per quanto difficoltoso, di pensare agli esseri umani, ossia che la grazia appartiene a tutti e che tutti sono degni di compassione. È un sentimento che magari si vuole sopprimere e rinnegare, ma che se viene accettato e razionalizzato può anche rappresentare un’opportunità di immensa crescita personale e di ampliamento della comprensione.
Mi piace come esprimi questo concetto. Dopo tutto la pittura è un viaggio, così come la vita.

Sei nato in Iran, hai studiato alla Sorbona e ti sei trasferito a New York nel 1984. Sei una persona cosmopolita e le tue opere lo rispecchiano. Possiamo affermare che la tua arte non potrebbe esistere se non fossi cosmopolita, perché per definizione questo stato si basa sulla comprensione e sulla solidarietà con gli altri.
Sai, credo veramente che l’arte non abbia una geografia specifica. Si è esposti a molte cose diverse, e naturalmente si sviluppa un interesse e qualche volta se ne viene influenzati. Si può essere italiani del XXI secolo eppure essere profondamente commossi alla vista di un bronzo indiano del Tamil Nadu del 1200.

Negli Anni Novanta hai realizzato Untitled 18, una splendida opera che hai descritto come un’elegia dei tempi in cui vivevi. È composta di molti ritratti di giovani uomini ed è stata realizzata al culmine della crisi dell’AIDS. Senti che oggi sono necessarie nuove elegie, e se sì, di che genere?
Non so se siano necessarie nuove elegie come tali, ma credo veramente che ci siano sempre. E che ci saranno sempre.

La monografia Y.Z. Kami: Works 1985-2018 si conclude con la serie intitolata Night Paintings, che ha segnato una nuova direzione rispetto ai lavori per cui eri famoso in precedenza. Mi interessano i tuoi percorsi futuri, specialmente alla luce del periodo importantissimo che stiamo vivendo. Che cosa possiamo aspettarci di vedere?
Lavoro da diversi mesi a una serie di acquarelli, che sono collegati con i Night Paintings. Non si può sapere che cosa accadrà nell’opera in futuro. Ma si prova un certo entusiasmo nell’attesa.

Edoardo Ghizzoni

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Edoardo Ghizzoni

Edoardo Ghizzoni

Edoardo Ghizzoni (1992) vive a Milano. Ha precedentemente vissuto a Londra, Singapore, Varsavia, Istanbul e Monaco di Baviera. Laureatosi in letteratura inglese all'Università di Exeter, si occupa di pubblicazioni dedicate a protagonisti della scena culturale internazionale.

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