Musei e fondazioni: come sarà la stagione autunno-inverno?
Dieci direttori e presidenti di musei e fondazioni dicono la loro sulla stagione culturale che verrà, minacciata dallo spettro della pandemia.
L’emergenza Covid ha cambiato il modo di fare e fruire le mostre: come sarà la stagione che si apre? Quali sfide dovranno affrontare musei e fondazioni? Cosa può e deve fare la politica per sostenere la cultura? Lo abbiamo chiesto a dieci direttori e presidenti.
‒ Santa Nastro
GIÒ MARCONI ‒ FONDAZIONE MARCONI – MILANO
Il nostro autunno sarà diverso dal solito. Faremo delle mostre ma al tempo stesso ci concederemo anche del tempo per una riorganizzazione generale all’interno della Fondazione. Penso al sito web, al riordino dell’archivio e degli spazi, alla programmazione per il prossimo anno… Tuttavia da questa stagione che inizia mi aspetto un ritorno alla normalità con un bagaglio di nuove esperienze. Sarebbe bello uscire da questa situazione con una rinnovata consapevolezza su quel che facciamo e su come lo facciamo. Mi piacerebbe se dall’emergenza che abbiamo vissuto potesse nascere qualcosa di nuovo. La sfida sarà riuscire a convivere con il virus, intraprendere nuove strade per interagire con il pubblico, senza perdere di vista la prerogativa principale di una sede espositiva: instaurare un rapporto di fiducia con il pubblico e tenere viva l’attenzione, alimentandola con nuovi stimoli e progetti.
BEATRICE MERZ ‒ FONDAZIONE MERZ – TORINO
Certamente l’innovazione tecnologica è uno dei temi che le istituzioni culturali di ogni genere e misura stanno affrontando, ma non si deve limitare a uno spazio online, sarebbe opportuno ragionare su un progetto dinamico. La sperimentazione è elemento costitutivo del museo contemporaneo, connesso a una logica di apertura in termini ricettivi e partecipativi. Per questo è necessario interrogarsi: in una situazione di crisi è sufficiente muoversi in termini esclusivamente di proposta culturale? O occorre anche agire attraverso un vero e proprio atto politico? Il nostro è un ruolo sociale. Quindi è necessario riflettere sulla natura del luogo di cultura a partire non solo dai possibili fruitori, ma dal ruolo giocato dagli stessi artisti e dalle proprie opere, elementi protagonisti delle realtà culturali e civili. E riflettere sulla necessità di desistere dalla bolla nella quale il mondo dell’arte si è auto-generato.
LORENZO GIUSTI ‒ GAMEC – BERGAMO
Il periodo che abbiamo attraversato ha prodotto e continuerà a produrre dei cambiamenti profondi di cui ancora non siamo pienamente coscienti, e noi operatori culturali ci troviamo a dover ripensare il nostro mondo, rivedere le nostre priorità e scale di valori. Ora più che mai i musei pubblici hanno l’occasione di acquisire una nuova centralità e di incidere nelle politiche culturali e sociali: un museo come la GAMeC ha orgogliosamente riscoperto la propria vocazione civica, e questa cosa ora va preservata, valorizzata e capitalizzata. I musei hanno finalmente l’occasione di ribaltare quell’assioma che nell’ultimo decennio li ha voluti raccontare come volani per il turismo – fraintendendone in buona parte la funzione e la missione – per diventare, invece, un pilastro del welfare. Se pensiamo al nostro caso, la comunità di Bergamo e quella dell’arte ci hanno dimostrato un grande affetto in questi mesi, sia durante il lockdown che ora con la riapertura: mi aspetto (e spero, per la verità) che la GAMeC continui a essere all’altezza di questo affetto, del calore e della fiducia che le persone hanno dimostrato nei nostri confronti e mi auguro sinceramente che questo rapporto si consolidi e sia da stimolo per il futuro.
CRISTIANA PERRELLA ‒ CENTRO PECCI – PRATO
Mi aspetto, nel prossimo futuro, di consolidare il rapporto con il territorio, incrementando la comunità che è intorno al museo e coinvolgendola sempre più attivamente nei nostri programmi. Durante il lockdown e con la riapertura abbiamo cercato di impegnarci a fondo in questo senso. Mi aspetto poi di lavorare molto in Rete, collaborando con altre istituzioni del contemporaneo, in Toscana, in Italia e all’estero. Sono convinta che avremo una buona partecipazione di pubblico, soprattutto di prossimità ma non solo. Penso che tra le sfide che dovranno affrontare i musei nel prossimo futuro ci sia l’essere parte della società, con un ruolo riconosciuto, e non avulsi da essa. La decolonizzazione culturale. L’accesso ai propri contenuti da parte di fasce di pubblico sempre più varie. Alla politica chiederei maggiore ascolto e maggiore considerazione e valorizzazione per il ruolo sociale della cultura. E poi una cosa molto specifica: mezzi economici per incrementare le collezioni dei musei, non solo di quelli statali. Acquisizioni di opere ma anche di archivi, lasciando la libertà ai direttori di sviluppare o rafforzare le identità specifiche delle raccolte della propria istituzione. Sarebbe un modo per dare un impulso a tutto il sistema, coinvolgendo artisti, gallerie, pubblico.
CATERINA RIVA ‒ MACTE – TERMOLI
Per la prossima stagione mi aspetto di tutto, dato che coincide con l’inizio da direttrice del MACTE. Imposterò in questi mesi tutto quello che è il motore del museo per avviare il programma espositivo a inizio 2021. Naturalmente bisognerà essere responsabili e reattivi rispetto alle circostanze che si presenteranno, ma ho in mente un calendario di incontri che approfondiscano opere e artisti della collezione MACTE, che comincino anche a introdurre nuovi linguaggi e ricerche dell’arte contemporanea. Tra le sfide più importanti che i musei dovranno affrontare nel prossimo futuro c’è sicuramente quella della digitalizzazione: bisogna pensare a essa come a un nuovo linguaggio artistico, e in parallelo continuare a costruire esperienze espositive curate nel tempo e nello spazio oltre a tener conto dei corpi delle persone.
ANDREA BRUCIATI ‒ VILLA ADRIANA E VILLA D’ESTE – TIVOLI
In questo momento il pubblico è particolarmente coinvolto sugli aspetti di consumo online, che probabilmente continueranno anche in futuro ad avere un ruolo consistente. Il recupero di una certa normalità sensoriale avverrà in tempi piuttosto lunghi ma in questo le Villae si pongono come vintage e pionieristiche, secondo i punti di vista che si vogliono assumere. Siamo stati concepiti come luoghi volti alla meraviglia e al riequilibrio profondo con noi stessi e in un tempo di profondi sconvolgimenti, questo oggi può veramente fare la differenza. Se è vero che i pubblici non si avvicineranno più allo stesso modo, almeno non completamente, è anche palese che cercheranno in noi una diversa dimensione, immersiva, unica nel suo genere. Sono comunque curioso sugli sviluppi di questo dialogo, perché intravedo anche forme di comunicazione e attenzione nuove, alcune anche molto stimolanti. I luoghi di cultura devono quindi accrescere il proprio valore identitario di rappresentazione comune e dovranno essere fautori di un nuovo modo di raccontare: per me le nuove forme di narratività sono fondamentali. Non sarà l’aumento o la diminuzione della richiesta culturale a fare la differenza, ma la sua ridistribuzione e il suo grado di comunicabilità.
LUCA IOZZELLI ‒ FONDAZIONE PISTOIA MUSEI
Nonostante le difficoltà che condizionano il nostro presente, sono felice che Fondazione Pistoia Musei abbia potuto mantenere inalterato il programma espositivo pensato da tempo, con due mostre che inaugurano in rapida successione: a settembre Sguardi sull’arte dal secondo dopoguerra, con opere della nostra collezione permanente e altre di Intesa Sanpaolo, e poi a novembre la grande antologica dedicata al maestro della fotografia Aurelio Amendola. La nostra è un’istituzione giovane, nata solo nel 2019: il mio auspicio è che, nonostante tutto, riesca sempre più ad affermarsi come centro culturale di riferimento del nostro territorio, proiettandosi al di là di esso, instaurando rapporti e sinergie anche con altre realtà a noi affini. Nel prossimo futuro i musei dovranno affrontare una grande sfida: parlare a pubblici diversi, offrendo momenti di vero approfondimento culturale con un linguaggio e modalità che possano essere apprezzati non necessariamente da tutti, ma che siano in grado di suscitare in molti almeno un po’ di sincera curiosità.
ROSALBA BRANÀ ‒ FONDAZIONE PINO PASCALI – POLIGNANO A MARE
Siamo ancora in emergenza Covid però da maggio a oggi abbiamo potuto constatare un rinnovato interesse verso le nostre proposte espositive; certo l’utenza è un po’ cambiata, meno stranieri e più italiani, ma il museo è un’entità viva e sempre in movimento. Per l’autunno auspichiamo un maggior ritorno alla normalità. Già in epoca lockdown il museo è stato sempre in attività, anche se in modalità virtuale. Inoltre, impossibilitati ad accogliere bambini nei nostri laboratori, abbiamo utilizzato i nostri social per continuare un dialogo a distanza con loro, gestendo video interattivi a cura dei nostri responsabili della sezione didattica, anche quelli molto seguiti. Mi dispiacerebbe non sentire le voci dei bambini ma speriamo in breve tempo di poterli accogliere in sicurezza. I musei dovranno affrontare diverse sfide per il prossimo futuro. Tra queste: cambiare passo, verificare nuovi percorsi, accompagnarsi a più e diversi “attori”. Far sì che lo spillover, all’origine della pandemia, possa diventare un contagio positivo che possa coinvolgere tutti i linguaggi.
CESARE PIETROIUSTI ‒ AZIENDA SPECIALE PALAEXPO – ROMA
Palazzo delle Esposizioni ospiterà in tutti i suoi spazi un’edizione della Quadriennale d’arte che, dal mio punto di vista, si profila come la punta più avanzata della sua storia recente, sia per la qualità degli artisti che per il rigore curatoriale. Intitolata Fuori, sarà un viaggio intergenerazionale nella ricerca artistica contemporanea italiana, tra arte, cinema, coreografia, design ecc. Da questa nuova stagione che inizia mi aspetto un rinnovato senso di fiducia nei confronti della cultura, e in particolare dell’arte, per dare senso, sostanza, all’esistenza di ognuno di noi. Ai musei toccheranno diverse nuove sfide. Ad esempio il rapporto fra le diverse discipline artistiche e performative, nonché quello tra apparato espositivo e attività formativa: sono due aspetti fondamentali che a mio avviso richiedono di individuare dei veri e propri modelli espositivi nuovi. Alla politica chiedo invece semplificazione. I musei pubblici sono sottoposti a regole spesso superflue che rendono il lavoro inutilmente difficile.
LUCA LO PINTO ‒ MACRO – ROMA
Spero prima di tutto che non si renderanno necessarie ulteriori chiusure, dati i grandi sforzi che il mondo dell’arte ha fatto in questi ultimi mesi non solo per riaprire, ma per ripensare alcune modalità di lavoro e di relazione con il pubblico. Nel caso del Macro ci ha colpito la consapevolezza con cui hanno risposto i visitatori, anche di fronte ad alcune nuove regole e limitazioni, dimostrando l’esistenza di un bisogno profondo di cultura e di nuove forme di socialità. In tal senso credo sia importante che i musei abbiano il coraggio di puntare ancor di più sui contenuti e sul ripensare costantemente il loro ruolo, dando vita a un’offerta quotidiana e continua alternativa al paradigma dei grandi eventi e appuntamenti. Nel caso dei musei di arte contemporanea, penso che non si debba mai dimenticare la centralità degli artisti e far sì che il loro pensiero e linguaggio possano essere lo spunto per definire nuove direzioni.
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #56
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