Musei e fondazioni: come sarà la stagione autunno-inverno? (parte seconda)
Altri undici direttori di musei e fondazioni dicono la loro in merito al futuro delle sedi culturali in un’epoca incerta come quella che stiamo vivendo.
L’emergenza Covid ha cambiato il modo di fare e fruire le mostre: come si sta configurando la stagione 2020/2021? Quali sfide stanno affrontando musei e fondazioni? Cosa può e deve fare la politica per sostenere la cultura? Lo abbiamo chiesto a undici direttori e presidenti, che si aggiungono ai dieci interpellati sul numero #56 di Artribune Magazine.
‒ Santa Nastro
SERGIO RISALITI ‒ MUSEO NOVECENTO – FIRENZE
Le sfide che ci aspettano sono molte e la maggior parte epocali. Non ci devono intimorire le missioni impossibili. I nostri sono sempre comunque tempi migliori rispetto a quelli vissuti in altre epoche storiche e in altri luoghi del pianeta. Dobbiamo essere autorevoli e convincenti in un periodo in cui sia il sistema pubblico che quello privato sono messi alla prova sui valori fondanti della civiltà umanistica e la resistenza democratica. Ci sono complessi meccanismi ideologici ed economici da smantellare e trasformare per il bene del pianeta e una maggiore equità tra popoli, classi, individui. Dobbiamo agire guardando a sostenibilità finanziaria e qualità scientifica, al massimo dell’apertura culturale, spingendo l’acceleratore sulla creatività, la brillantezza concettuale, l’anticonformismo. Uno dei grandi rischi è la leggibilità e trasparenza dei messaggi politici, quindi la verità delle parole e la mistificazione retorica del linguaggio. Alla politica chiedo di pensare meno agli spot, alla propria sopravvivenza a dispetto di tutto e di tutti, impiegandosi piuttosto nella rigenerazione del patto fiduciario tra cittadini e istituzioni.
EMANUELE GUIDI ‒ AR/GE KUNST – BOLZANO
La sfida è convincere la politica che la nostra attività non deve esser valutata “alla biglietteria” e che siamo parte integrante di una visione strutturale per il Paese; ovviamente mi riferisco all’impatto che la crisi potrebbe avere sulle nostre economie in futuro. Siamo un bene rifugio e le nostre attività hanno una dimensione terapeutica oltre che pedagogica. Mi preoccupa molto, ovviamente, la chiusura totale dello spazio, che annullerebbe qualsiasi possibilità di contatto diretto con le mostre e le attività anche in numeri contingentati. Altra preoccupazione sono i progetti futuri, che non saranno facili; penso a Silver Rights di Elena Mazzi, con cui abbiamo vinto l’Italian Council e che ha la produzione in Sud America.
BARTOLOMEO PIETROMARCHI ‒ MAXXI – ROMA
Siamo nel pieno di un cambiamento epocale e le questioni urgenti che devono affrontare i musei sono in gran parte le stesse della nostra società: maggiore lentezza a favore della qualità dei contenuti, sostenibilità, accessibilità per tutte le diverse tipologie di pubblico, rivoluzione digitale senza dimenticare l’importanza della realtà e dell’esperienza diretta. Mi preoccupa però il non conoscere la durata di questo stato d’incertezza, che rende ogni progettualità labile, soggetta a rallentamenti o cancellazioni. Alla politica chiedo di mettere la cultura ai primi posti nelle scelte che si dovranno fare nell’immediato futuro. Riconoscimento della professionalità e protezione per chi lavora in questo campo, più valore alla ricerca e alla sperimentazione, risorse pubbliche stabili per garantire lo svolgimento costante delle attività e autonomia nella scelta.
MARCO TREVISAN ‒ FONDAZIONE ALBERTO PERUZZO – VENEZIA
La sfida del futuro per i musei è trovare nuove modalità di relazione con i propri visitatori, ma anche con la società in generale: meno rapporti mordi e fuggi, o una tantum, e più relazioni di senso. Questo passa per la consapevolezza del fatto che un museo deve essere percepito come un luogo vivo, inserito nel contesto e nel territorio, con il quale dialoga. Aperto alle forme artistiche in senso ampio, anche al digitale, e luogo di scambio di idee e di incontro, più che spazio statico da depredare. Ad esempio, meglio una membership che un biglietto d’ingresso, ma se si è riusciti a crearne le premesse. Ho visto che Brera sta andando in quel senso. Mi preoccupa che la cultura, dopo un inizio di lockdown nel quale è stata considerata da tutti come panacea e supporto, paghi invece lo scotto di una ripartenza dove esistono priorità economiche. Cioè, l’interpretazione del ruolo della cultura e dell’arte come consolatorio, ma non inserito in un contesto reale, dove tutto fa sistema e la cultura crea valore aggiunto, anche da un punto di vista produttivo.
CARLOTTA MONTEBELLO ‒ FONDAZIONE ARNALDO POMODORO – MILANO
Sicuramente musei e istituzioni culturali dovranno trovare un nuovo “modus” per promuovere e consentire la partecipazione del pubblico. Le persone hanno voglia di fare, ma al contempo vanno stimolate. Nei mesi del lockdown ci siamo tutti abituati a fruire da lontano, forse ora occorre trovare una via di mezzo, anche perché la maggior parte dei luoghi dedicati alla cultura non sono sufficientemente grandi per accogliere i numeri di prima. Ma la cultura va promossa, e occorre trovare un modo per farla fruire anche “uscendo” dai luoghi deputati. Vanno coinvolti i quartieri e utilizzati anche quegli spazi e quelle aree che fino a oggi hanno avuto funzioni diverse. Occorre una vera e propria rigenerazione, dei modi e degli spazi. La cosa che più preoccupa è la dimensione ridotta dei nostri ambienti: non ci consentirà di accogliere le scuole che vorranno partecipare alle attività didattiche della Fondazione. Ma stiamo elaborando nuove modalità di fruizione con l’ausilio di tecnologie avanzate. Speriamo di ottenere i necessari finanziamenti per mettere in pratica le nostre idee.
DIEGO SILEO ‒ PAC – MILANO
Sicuramente la sfida è rimettere in piedi le risorse economiche così pesantemente danneggiate dalla situazione che stiamo vivendo; recuperare il rapporto con il pubblico, messo a dura prova dall’incertezza e dalla discontinuità dell’offerta, anche investendo in tecnologia che possa semplificare o arricchire la visita attraverso nuovi servizi; pensare a contenuti e attività per un pubblico non in presenza e nello stesso tempo rafforzare la relazione con un pubblico di prossimità. Credo che il messaggio del mondo della cultura alla politica sia unanime: sostegno. Il periodo è durissimo, spaventoso, e lo vediamo tutti i giorni. Siamo anche consapevoli del fatto che oggi le priorità siano ben altre, ma lasciare indietro la cultura in questo preciso momento potrebbe davvero avere conseguenze irrimediabili.
BART VAN DER HEIDE ‒ MUSEION – BOLZANO
In questo momento la priorità è sicuramente la salute, ma come museo dobbiamo cercare di rimanere vicini alle persone, aiutarle a non sentirsi isolate. Questo momento porta con sé, inevitabilmente, le preoccupazioni legate alla programmazione e ai visitatori. Ci sono richieste capacità di flessibilità e adattamento ma, anche se i progetti potrebbero cambiare, la rilevanza e il ruolo del museo non cambieranno. L’obiettivo è cambiare il modo di vivere il museo, anche la riscrittura degli spazi, di cui parlavo sopra, e far sì che il museo non trasmetta solo messaggi ma che li viva, come esempio di una società aperta e liberale. E la speranza è che la politica ci consideri un partner e non un lusso.
LAURA VALENTE ‒ MADRE – NAPOLI
Tra tutte, la sfida più importante è quella di costruire futuro in tempi complessi. Sostenibile, inclusivo, solidale, fuori dagli schemi. Ecco come sarà il museo del futuro. In pausa da una modernità diventata negli anni troppo moderna: troppa velocità, troppe connessioni, troppo sfruttamento delle poche risorse che abbiamo. Quali linguaggi, in quale modo e verso quale scopo? Sarà un’innovazione di processo e non (solo) tecnologica a vincere la sfida sul futuro e presente dei musei d’arte contemporanea. Alla politica chiedo semplificazione, semplificazione e ancora semplificazione. Con lo snellimento della burocrazia, fermo restando il controllo rigoroso del rispetto delle procedure, saremmo a metà strada per cominciare a risolvere le cose. Per rimettere in moto il comparto concretamente.
LUIGI FASSI ‒ MAN – NUORO
La sfida? Rimanere sostenibili, efficienti e innovativi per tutti i tipi di pubblico, pur con risorse contenute. E tornare a valorizzare maggiormente il rapporto fisico con le opere, a partire dalle collezioni permanenti. Bisogna risvegliare i sensi e gli stimoli sensoriali verso l’opera dopo tanti mesi di tanta distanza digitale che, seppur fondamentale per tenere vive le azioni e la vita del museo, ha generato anche frustrazione. Mi preoccupa la difficoltà di mantenere rapporti stretti e continuativi tra colleghi a livello europeo e globale a causa delle difficoltà a muoversi. E il rischio di chiudersi su progettualità a basso rischio che rinuncino a rilanciare in avanti il ruolo stesso delle istituzioni museali quali propositrici di nuovi modelli. Alla politica chiedo una presenza fisicamente diretta e regolare al museo, per comprenderne a fondo il lavoro e il suo impatto in Regione. Trasparenza, curiosità e fiducia reciproca.
LORENZO BALBI ‒ MAMBO – BOLOGNA
La sfida principale è ridisegnare le proprie modalità di ingaggio con il pubblico seguendo non solo regolamenti ma anche attitudini che giocoforza il pubblico avrà. Questa pandemia ha modificato il nostro modo di relazionarci con le persone e di stare fisicamente all’interno dello spazio pubblico. Quindi la sfida del museo è ripensare la relazione fisica con i propri visitatori, modificando la programmazione e la struttura degli eventi in conformità a questa nuova percezione dello stare insieme. Sarà la prima grande sfida dei musei ma anche degli artisti nel pensare le proprie mostre all’interno degli spazi espositivi. Un’altra sfida è quella relativa all’utilizzo del digitale, che ovviamente ha subito un’accelerata durante il lockdown e che adesso va ridefinito e riscritto. L’obiettivo del museo continua a essere quello di portare fisicamente delle persone all’interno delle sale, ma non si può più ignorare il ruolo del digitale così come è stato concepito negli ultimi mesi.
BRUNO RACINE ‒ PALAZZO GRASSI – PUNTA DELLA DOGANA – VENEZIA
Palazzo Grassi – Punta della Dogana sta lavorando da diversi anni su alcuni binari fondamentali: sviluppare politiche e progetti rivolti all’inclusione, all’apertura verso nuovi pubblici, diversificando la propria proposta. Credo che questa sia diventata una necessità per ogni istituzione contemporanea. Si aggiunge poi il potenziamento dei supporti e degli strumenti digitali, con la produzione di contenuti multimediali ad hoc. L’incontro fisico tra visitatore e opera d’arte rimane il centro dell’attività di un museo e non può essere sostituito, ma il nostro compito è rendere questo contatto un momento di crescita. Per farlo ci si può avvalere di strategie diverse: noi crediamo nella pluridisciplinarità e nella totale accessibilità. La cultura può contribuire a rendere il mondo del futuro meno minaccioso o inquietante, grazie alla capacità che ha di superare le barriere universali e di creare legami: questo il pensiero che anima il mio e il nostro lavoro.
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #57
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