Sukran Moral, l’artista turca minacciata di morte per le sue performance

Intervista a Sukran Moral, artista perseguitata nel suo Paese di origine, la Turchia, anche e soprattutto per la performance “Amemus”. In programma alla galleria Zilberman di Istanbul ormai 11 anni fa, fu cancellata dalla stessa artista per ragioni di sicurezza.

Sukran Moral è un’artista turca, nota soprattutto per aver causato numerosi scandali con le sue performance. Nasce a Terme nel 1962 e cresce in una famiglia fortemente conservatrice. Il padre le proibì di continuare gli studi dopo la scuola primaria; solo grazie alla madre frequentò, di nascosto, la scuola secondaria. Nel 1989 si trasferì in Italia, dove si diplomò in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma.

In seguito ad Amemus, che tipo di censura ti è stata imposta?
In verità, prima di arrivare ad Amemus, avevo fatto tanti lavori che hanno causato molto scalpore, ad esempio sono entrata in un hamam per soli uomini; sono entrata in un bordello storico di Istanbul, in cui nessuna donna prima di me era riuscita a entrare (neanche dopo di me, in realtà) e ho fatto lì una performance; sono andata dove vivono i curdi e ho fatto un matrimonio con tre ragazzi minorenni per protestare contro il fenomeno delle spose bambine. Ero già stata “schedata”, quindi con Amemus hanno solo trovato una scusa per massacrarmi.

Eri stata presa nel mirino.
Sì. Un giornale islamico ha scritto tutto quello che dicevo io, usandolo contro di me. Mi sono anche crocifissa, come se fossi Cristo, questo ha creato non pochi problemi.

Mi dicevi che sei stata minacciata di morte.
Era il 2 dicembre 2010, non posso dimenticare, il giorno dopo la mia vita non era più la stessa. È stata la fine del mio mondo, l’apocalisse. Mi hanno massacrata su stampa, TV, in prima pagina il titolo Lesbian Sukran Moral; lesbian inteso come un’offesa, per umiliarmi e insultarmi. Cose “vergognose” che avevo fatto. È stato un linciaggio collettivo, ho ricevuto minacce per telefono, via mail, volevano ammazzarmi perché ero infedele, dicevano che chi mi avrebbe ammazzata sarebbe finito in paradiso. Minacciavano la mia galleria, il mio gallerista ha dovuto prendere dei bodyguard, sapevano dove abitavo, dove andavano a scuola i figli dei galleristi e dei miei amici, ci mandavano gli indirizzi, hanno messo una taglia sulla mia testa.

Sukran Moral, Amemus, 2010

Sukran Moral, Amemus, 2010

MINACCE E RITORSIONI PER SUKRAN MORAL

Tutto questo da parte del governo o di piccoli gruppi estremisti?
Se fossero stati soli piccoli gruppi sarebbe stato più facile. Erano coinvolti tutti, cantavano tutti lo stesso coro, anche nell’ambiente artistico; dicevano che non è arte, che il nostro è un Paese conservatore, che non avrei dovuto provocare. Una parte mi minacciava di morte, altri dicevano solo che era sbagliato.
L’unica scelta era quella di lasciare casa mia, mi sono nascosta fuori Istanbul, ci ho messo tre giorni per prendere l’aereo e scappare a Roma. Per fortuna avevo casa a Roma e un passaporto italiano per scappare dal Paese.

Ovviamente avevi paura di non riuscire a partire.
È stata una fortuna avere due passaporti, se non avessi avuto la cittadinanza italiana non so come sarebbe andata.

Hai continuato a ricevere ritorsioni?
I media agivano per mano dello Stato. Lo Stato non avrebbe dovuto fare nulla, perché la gente normale poteva ammazzarmi, io ero l’infedele che poteva morire, colui che mi avrebbe ammazzato si sarebbe guadagnato il paradiso, la gloria, sarebbe diventato un eroe. Uno mi ha persino scritto: “Ti facciamo ammazzare da un minorenne, così non finisce in galera”. Non ho mai conosciuto un sentimento così feroce, sono cambiata dopo questa esperienza, non è percepibile. Non sai quando verrai ammazzata e vivi nel terrore.

E tutto questo per cosa? Solo per una scena di lesbismo.
Sì, per questo. Infatti penso che la vera performance non sia stata quella svolta in galleria, la vera performance sono state le conseguenze che ne sono scaturite.
Negli Anni Sessanta le performance erano scene di autolesionismo, ma la galleria è un posto protetto, se succede qualcosa vai in ospedale. Qui non c’è protezione, anzi in tanti ti vogliono ammazzare.

Sukran Moral, Artist Mirrors, 2014

Sukran Moral, Artist Mirrors, 2014

ESSERE DONNA E ARTISTA IN TURCHIA

In un certo senso hanno fatto il tuo gioco. Ignorarti, paradossalmente, sarebbe stato più funzionale. Non credi?
Sì, non pensavo che avrei causato una reazione così forte, non potevo immaginare, sapevo sarebbe successo qualcosa, ma non questo delirio collettivo, la gente sembrava impazzita. L’unico problema del mondo sembravo io, con un lavoro che neanche avevano visto. Hanno visto solo una fotografia in bianco e nero che abbiamo dato alla galleria, in cui ero seduta in un letto da sola. Dopo questo accanimento mediatico la mia vita è cambiata: ho perso lavoro, soldi, amici, famiglia, avevano paura di chiamarmi, sono rimasta sola, come se avessi fatto qualcosa di mostruoso, tutti avevano paura. Con questo genere di cose perdi tutto, anche la reputazione, sai come nel Medioevo che bruciavano le streghe? Ecco ero diventata la strega del paese, mi volevano bruciare.

Dopo la tua performance, cosa pensi sia cambiato?
Hanno iniziato a censurare qualsiasi cosa, a fare controlli su controlli nelle gallerie, persino per quanto riguardava il buffet!

Quindi è peggiorata.
Sì, sono arrivati a dire addirittura che non si potevano bere alcolici, venivano all’inaugurazione e dicevano alla gente che non poteva bere. Io lo avevo detto nel 2010: “Verrà un giorno in cui non potrete fare neanche una cosa astratta”, infatti così è stato.

Però in un certo senso è stato un bene”, la tua performance ha provocato una reazione, ovvero la paura nei confronti degli artisti.
Bisognava combattere, questa storia ha avuto scalpore internazionale, in Italia non ho potuto parlare perché mi è stato sconsigliato di farlo, mi dissero che qui vivono tanti stranieri e mi si sarebbe ritorto contro. Lo scalpore nel nostro ambiente ormai è raro.

O comunque non sempre così pericoloso. Qui in Italia hai riscontrato più libertà?
Molti mi hanno detto di aver paura di comprare i miei lavori, per via delle conseguenze.
Non ho lavorato negli ultimi dieci anni in Italia, ho lavorato più in Germania, Norvegia, Spagna, Inghilterra, ma non in Italia. L’Italia è ancora molto chiusa.
L’arte contemporanea quasi non esiste, è più tradizionalista. Nel ‘97 a Roma facevo altre cose, ad esempio mettermi come fossi Cristo in croce. Ovviamente ero antipatica anche all’ambiente romano, perché mentre gli altri dipingevano io trasformavo il museo in un obitorio.

Sukran Moral, Artist, 1994

Sukran Moral, Artist, 1994

L’ARTE DI SUKRAN MORAL

Ti sei rappresentata come Cristo. Tu sei credente, hai una fede?
No, credo soltanto nell’Arte, nient’altro. L’arte mi ha dato tanto, è stata lei a farmi sentire Donna, Umana, mi ha dato la libertà, altri non mi hanno dato nulla. Al massimo, quando mi innamoro, credo nell’amore, ma dura poco [ride, N.d.R.]. L’arte non mi ha mai delusa, le persone sono quelle che mi hanno delusa. Ancora oggi i musei del mio Paese che hanno comprato i miei lavori non li espongono, hanno paura.

Questa è una vittoria, sei scomoda, hanno paura della tua voce!
Sì, ma mi dà dolore. Forse dopo la mia morte parleranno bene di me, ma mentre sei vivo non è facile sopportare. Ma sono orgogliosa perché sono scomodissima! Pensano che ammazzandomi elimineranno la mia idea, il mio pensiero, invece no, l’idea diventerebbe più forte. Fanno pressione economica, mi levano il lavoro. Ho avuto mostre personali in tutto il mondo, ma non nel mio Paese. Lì hanno paura. E va bene così, io non voglio essere un’artista che va bene per tutti. La mia presenza deve cambiare le cose.

Sono daccordo, tu devi continuare a dare fastidio a tutti.
Essere un’artista, soprattutto donna, è difficile. Mi sono sempre trovata davanti un muro, ho trovato pregiudizi, ho avuto difficoltà ad andare avanti, ma l’importante è trovare qualcuno che creda in te, avere qualcuno vicino. Spesso magari ti sposi, inizialmente l’uomo finge di credere in te, ma poi si aspetta solo che gli stiri le camice. Vuoi fare arte? Si va bene, fai arte, ma dopo aver pensato a quello che una donna “deve” fare in casa. Ho sbattuto la testa sempre su questa realtà. L’arte contemporanea parla tanto di questo problema, io urlo a voce molto alta. Siamo arrivate al 2020 ma ancora le donne vengono ammazzate, i casi di femminicidio aumentano, non diminuiscono.

O tutte le campagne contro laborto.
Sai che vuol dire questo: ti vedono solo come un mammifero che deve riprodursi, partorire. Solo l’uomo deve realizzarsi, mentre le donne devono “servire” questi uomini che devono realizzarsi.

Ci vorrà del tempo. Per debellare lo schiavismo razziale sappiamo che ci sono voluti secoli.
Però io non vivrò secoli. Quindi nella mia piccola esistenza cercherò (e ho cercato sempre) di combattere, in ogni momento della mia vita. Qualche volta ho fatto dei compromessi, ma quando ho fatto compromessi ho solo perso, non ho guadagnato nulla.

Ma fra duecento anni avrai lasciato un segno molto forte.
Sono contenta di lasciare un segno, ma non per me, per altre donne. Anche se dovessi sparire oggi, i miei lavori rimarranno per sempre.

Carolina Palumbo

www.sukranmoral.com

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