Collezionare in tempi di pandemia. Parla Giuseppe Iannaccone
Non è il prezzo a stabilire il valore di un’opera. Così l’avvocato e collezionista Giuseppe Iannaccone racconta il suo 2020/21 nonostante tutto all’insegna dell’arte
Mentre tutta l’Italia è ancora in zona arancione e rossa, i musei e gli spazi per la cultura continuano ad aprire e chiudere le porte, il settore dell’arte va comunque avanti. Ad un anno dallo scoppio della emergenza sanitaria, è lecito tirare un bilancio anche per un mercato sofferente come quello dell’arte contemporanea, ma supportato dalla volontà delle gallerie e dall’impegno dei collezionisti. Con questo articolo, e con l’intervista al collezionista e avvocato Giuseppe Iannaccone, continua l’inchiesta di Artribune, cominciata con gli interventi di Giorgio Fasol, Patrizia Sandretto e Vittorio Gaddi, che racconta come sono stati questi 12 mesi per i collezionisti dello Stivale.
Quali opere hai acquistato (se hai acquistato) durante il 2020 e perché? Attraverso quali canali?
Durante la pandemia, dopo un primo spaesamento dato dalle troppe informazioni on line che ricevevo quotidianamente, ho iniziato a curiosare su Instagram conoscendo nuovi artisti e nuove realtà e a fare ricerche su artisti e opere che mai prima, per mancanza di tempo, avevo avuto modo di approfondire. Dopo l’estate ho acquistato opere di giovani artisti come Zehra Dogan, che ho visto dal vero in galleria a Milano, Hannah Quinlan & Rosie Hastings di cui mi sono innamorato on-line visitando la galleria di Isabella Bortolozzi e una splendida storica fotografia di Cindy Sherman che inseguivo da tempo conservata in una bella collezione privata. Il perché di ogni mio acquisto non è cambiato a causa della pandemia, acquisto perché secondo me queste artiste al momento sono tra quelle che meglio rappresentano il mondo che viviamo partendo da un medium che amo molto come la pittura.
Cosa ti è mancato di più nel corso del 2020? (il rapporto con gli artisti, andare ai musei, andare alle fiere) e perché?
Mi è mancato il contatto con le opere e con tutto il mondo dell’arte in generale, fiere incluse. Sebbene on-line non siano mancate le proposte, non riesco ancora a vedere una mostra solo attraverso lo schermo o visitare un museo tramite Google Arts. Le opere d’arte, per quel che mi riguarda, hanno bisogno di essere viste, ho personalmente bisogno di confrontarmi con i colori e con le emozioni che sprigionano e poi il confronto con i galleristi e gli artisti fa davvero la differenza per noi collezionisti. Infine, ma non per ultimo, mi sono mancate le novità librarie.
Cosa ti aspetti dall’arte del prossimo futuro?
Credo che piano piano torneremo a visitare le fiere internazionali e a viaggiare, anche se mi auguro che non vadano sprecati i rapporti sul territorio che ciascuno di noi ha necessariamente sviluppato in questo periodo. Quante volte ci è capitato prima della pandemia di organizzare un viaggio a Londra o Parigi per vedere una mostra senza visitare quelle in centro a Milano… ecco mi aspetto più sostegno alle realtà a noi vicine e dalle istituzioni mi aspetto una sempre maggiore qualità nella scelta delle mostre da proporre al grande pubblico e infine, a dirla tutta, mi aspetto finalmente un museo di arte contemporanea a Milano. Pensiamo agli studenti che non possono viaggiare e che oggi a Milano non possono confrontarsi con nessuna collezione museale contemporanea come accade invece nel resto del mondo.
Cosa butteresti dalla torre del mondo dell’arte pre Covid?
Pre-Covid e Post-Covid butterei i mercanti travestiti da collezionisti che altro non fanno che rovinare il sistema dell’arte perché ricordiamoci che non è il prezzo a stabilire il valore di un’opera!
–Santa Nastro
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