Morto a Torino a 90 anni Silvano Gherlone, gallerista della storica Davico
Lo storico gallerista torinese è scomparso l’11 luglio nella sua abitazione. Il suo spazio in Galleria Subalpina era un riferimento per l’arte figurativa in città. Lo ricorda in questa testimonianza della sua esperienza in Davico - trasformatasi in amicizia - l’artista torinese Sabatino Cersosimo
“Vorrei parlarvi ora di una meravigliosa creatura” diceva il Casanova di Fellini. Io vorrei parlarvi di una persona speciale, alla quale mi ha legato un affetto, un’amicizia di 22 anni, e che si è spenta l’11 luglio. Silvano Gherlone, nato a Torino il 26 gennaio 1931, non avrebbe bisogno di grandi presentazioni tra chi ha conosciuto la realtà torinese delle gallerie d’arte, poiché quella sua Galleria Davico, nella deliziosa cornice liberty della Galleria Subalpina, ha regalato mostre indimenticabili a partire dagli anni Settanta fino a oggi.
CHI ERA IL GALLERISTA TORINESE SILVANO GHERLONE
Con il movimento Surfanta di Lorenzo Alessandri, il viaggio del gallerista torinese è iniziato in quel lontano 1970, insieme al socio e fondatore Vittorio Davico (per il quale nutrirà sempre profonda gratitudine e ammirazione), per proseguire dapprima con Alberto Peola e poi da solo, lungo i percorsi del surrealismo e di un’arte un po’ magica e notturna, che ha gradualmente aperto alla luce del realismo a partire dalla fine degli Anni Ottanta. Sulle pareti di quella galleria speciale, interamente rivestita di moquette, si sono susseguiti gli amati Giovanni Macciotta, Francesco Tabusso, e poi Raffaele Pontecorvo, Colombotto Rosso, Giacomo Soffiantino, Italo Cremona, Mario Lattes, Mario Calandri, Piero Gilardi, Abacuc: baluardi di una poliedrica torinesità appartenenti a generazioni diverse.
LA GALLERIA DAVICO: UN RIFERIMENTO PER L’ARTE FIGURATIVA A TORINO
Silvano Gherlone ha amato la bellezza, in pittura come in scultura, portando la Davico a diventare un riferimento per l’arte figurativa a Torino e non solo. Come non ricordare le mostre di Gianfranco Ferroni, Velasco Vitali, Alessandro Papetti, Andrea Martinelli, Aron Demetz, Giuseppe Bergomi, Girolamo Ciulla? Per alcuni di essi si è trattato delle mostre “giovanili”, perché Silvano aveva un occhio di riguardo anche per gli artisti giovani, e i giovani avevano un occhio attento per la sua galleria, così vicina all’Accademia Albertina. La lista di artisti sarebbe ovviamente molto più lunga, ma quel che conta è ricordare un gallerista colto, di buongusto, sempre gentile, con chiunque entrasse nella sua galleria, fosse avvocato o studente o grande collezionista o pensionato o massaia. Il sabato pomeriggio era quello degli amici, quelli di vecchia data, e di artisti e di critici, che si riunivano nel piccolo ufficio rivolto verso via Carlo Alberto, con i quali si discuteva non solo di arte e cultura, ma anche di calcio (il Torino, la sua grande passione), di viaggi, di belle donne, di ricordi.
SILVANO GHERLONE. LA COLLABORAZIONE…
Ho avuto la fortuna di incontrare Silvano subito dopo l’Accademia, nel 1999, grazie all’acquarellista Anna Lequio, superba acquarellista, anche lei tra coloro che, già in giovane età, avevano esposto alla Davico; ho lavorato con lui fino al momento in cui decise, nel 2004, di ritirarsi (in quell’anno la galleria è passata sotto la nuova gestione di Emilio Gargioni, in società con Renata Lattes, figlia di Mario Lattes, il geniale pittore, scrittore, editore, fino alla definitiva chiusura nel 2013, N.d.R.). Da allora il nostro rapporto professionale si è trasformato in un’amicizia sempre più bella, ma senza abbandonare la discrezione che ha sempre accompagnato il suo quieto carattere.
…E LA LUNGA AMICIZIA TRA L’ARTISTA E IL GALLERISTA
Non potrò mai dimenticare i pranzi agli Imbianchini dietro la Gran Madre, i caffè e le spremute al Caffè Regio, le visite a mostre e gallerie, e i consigli sulle mostre da vedere. Non potrò mai dimenticare la sua voglia di imparare a usare il computer e lo smartphone perché, per quanto lui fosse un uomo di altri tempi, il suo desiderio di curiosità era vivido come quello di un giovane ruspante. Non potrò mai dimenticare le sue corsette ginniche per salire al piano superiore della Davico. Non potrò mai dimenticare la sua gioia velata di tristezza alla notizia del mio trasferimento a Berlino. Non potrò mai dimenticare l’affetto, l’entusiasmo, le parole, e tutto quello che ho ricevuto in quasi un quarto di secolo grazie a questa amicizia irripetibile. Silvano Gherlone se n’è andato senza disturbare, in punta di piedi, con quel silenzio che lo ha sempre contraddistinto, ma ha lasciato un vuoto assordante. Vorrei dare un senso alla sua assenza, ma a pensarci bene non esiste un senso negli avvenimenti, tutto avviene e basta. A volte ne consegue gioia, a volte un immenso dolore. “Che vale, allora, amico, lo scrivere e il parlare? La cosa più sensata che noi si possa fare è quella di gettare via le chine…” (Vincenzo Consolo, Il sorriso dell’ignoto marinaio).
-Sabatino Cersosimo
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