Tutta la storia di Alice Neel, l’artista che ha ispirato il femminismo
In occasione della grande mostra al Guggenheim di Bilbao, ripercorriamo vita e opere di una figura chiave dell’arte figurativa del secolo scorso. Grazie alla sua grande empatia e comprensione dell’animo umano, alla capacità di ritrarre la New York degli ultimi e alla sua visione politica.
Se la notizia è che il Museo Guggenheim di Bilbao ha aperto la prima, grande retrospettiva europea dedicata all’artista americana Alice Neel (Merion Square, 1900 – New York, 1984), la domanda che ne segueè: chi è Alice Neel? La risposta sembra degna dei migliori venditori di favole: Alice Neel è un genio. Eppure è vero. La sua capacità di ritrarre l’animo umano – lei stessa di definiva “collezionatrice di anime” – e il suo stile unico la rendono un personaggio chiave del Novecento. Nata a poche settimane dall’inizio del Ventesimo secolo, ha viaggiato tra Cuba e gli Stati Uniti scegliendo New York come meta d’elezione, ha disegnato e dipinto per tutta la vita stabilendo un nuovo standard per l’uso del colore e la rappresentazione dei soggetti. Più di ogni altra cosa, Alice Neel capiva le persone e amava raccontarne le storie: è per questo che, secondo la curatrice dell’esposizione Lucia Agirre, “è una degli artisti più straordinari del Ventesimo secolo, e questo è finalmente il posto che le spetta”.
LA RETROSPETTIVA DEL GUGGENHEIM DI BILBAO SU ALICE NEEL
La mostra – sponsorizzata dall’azienda energetica Iberdrola – si snoda in aree tematiche fino a coprire quasi cento opere: i primi dipinti del periodo cubano, l’attenzione per manifestazioni e diritti civili, le nature morte e gli spazi newyorchesi e ancora il mosaico di personaggi che raccoglie nei suoi ritratti (un pensiero influenzato dalla Commedia Umana di Balzac). La massa di persone che ritrae è di ogni ambito ed estrazione: dalla comunità ispanica e poverissima con cui vive nei vicoli di Spanish Harlem agli scrittori e pittori dell’ambiente della New York bene, che si accorge di avere davanti una personalità artistica di così grande rilievo solo molto tardi per via del rifiuto di Neel di conformarsi ai dettami stilistici e sociali del tempo.
Se il mondo dell’arte parla la lingua dell’Espressionismo astratto prima, e del Minimal e del Pop poi, lei resta ancorata all’arte figurativa perché le permette di esprimere al meglio i suoi ideali sociali e politici: “Neel affronta questi temi e ritrae questi soggetti per raccontare la storia di coloro che non partecipano alla storia”, racconta Agirre. “Il suo è un modo di cambiare il mondo: quando parla di Peggy, la sua vicina di casa, racconta anche di come il marito la picchiava. La dipinge in maniera dignitosa, ma avvicinandosi si vedono i lividi e i graffi sul suo viso. Stessa cosa chi protestava in piazza e la comunità queer. In molti sottovalutano la potenza di queste tematiche perché ora ne parliamo, ma erano gli Anni Trenta! In quegli anni le donne non potevano nemmeno comparire incinte in un film”. Anche per questo le prime a riprendere la sua opera e divulgarla sono state le femministe negli Anni Settanta, portandola al Whitney Museum e aprendo la strada al recupero della pittrice.
I TEMI AFFRONTATI DA ALICE NEEL
La palestra sociale di Neel è stata l’esperienza a Cuba: arrivataci nel 1926 al fianco del ricchissimo Carlos Enrique – di cui si era innamorata alla scuola d’arte di Chester Springs –, ne scoprì presto la forte ingiustizia sociale. Anzi, prestissimo: appena arrivata, a prenderla in Rolls Royce c’era la famiglia del nuovissimo marito, che, superato il barrio, la portò in una casa principesca farcita di servitù. “Era più a suo agio stando con cuochi e cameriere che con la famiglia di Carlos Enrique. Vedeva le persone mendicare, le madri che non arrivavano a fine mese, l’onnipresente razzismo: perde la sua visione americana, diventa molto consapevole e si avvicina agli ambienti comunisti e socialisti che nascono nei club di Cuba”, spiega Agirre.
Il comunismo diventerà una lente attraverso cui vivere e dipingere, scendendo nel barrio per realizzare i primi dipinti e infine lasciando Cuba per New York, nel cuore della Grande Depressione. A quel punto la pittrice era madre di una bambina: un evento sconvolgente e determinante per la sua prospettiva di donna e artista, che Agirre definisce “un dilemma: al tempo pensava significasse la fine della sua libertà e della sua arte”. Alice Neel è madre mentre è artista e viceversa: questo le permette di ritrarre come nessun altro la condizione della maternità, che inizia con la gravidanza, continua con il parto, l’allattamento, il gioco e persino la morte, un dramma comune a molte donne (inclusa lei) ritratto nel duro Futility of Effort.
Nei primi Anni Sessanta inizia la serie di nudi in gravidanza con Pregnant Maria: Neel dipinge una donna ordinaria in modo rivoluzionario, come un’odalisca, sottolineando però la fatica della maternità e la deformazione del corpo. Emerge già una visione della nudità maschile e femminile e della sessualità cruda e allo stesso tempo delicata. Anche per la radicalità di questo female gaze – lo sguardo che non ritrae le donne come semplice oggetto di desiderio ma come persone a sé stanti – era stata presa a esempio dai movimenti femministi: “Avevano bisogno di un modello”, dice Agirre, “quello che dipinge è chiaramente creato da una donna. Lo è la sessualità, lo è il nudo – maschile e femminile: una prospettiva completamente diversa rispetto ai nudi femminili dipinti dagli uomini”. E la sua visione convince: è suo il meraviglioso nudo di John Perreault che spicca nelle pagine centrali di Cosmo negli Anni Settanta.
LA CARATTERISTICA PRINCIPALE DELLA PITTRICE: L’EMPATIA
Lo stile, la dirompenza, l’attenzione per la società: tutti tratti fondamentali della sua arte, soprattutto perché strettamente connessi con la prima vera cifra di Neel, l’empatia.
“Diceva che, quando dipingeva un soggetto, per tutto il tempo lei era quella persona. Anche chi guarda le sue opere entra nelle diverse persone ritratte: lei tirava fuori ciò che c’era di più profondo nelle persone e lo metteva sulla tela”, spiega Agirre. Questa empatia è principalmente rivolta agli ultimi della società, dalle case popolari agli ospedali psichiatrici, dove lei stessa era stata ricoverata per un esaurimento nervoso alla fine degli Anni Venti. Qui si vede “la sua lotta per la gente, la sua fiducia nell’umanità. Spiccano su tutto: lei va contro la tendenza degli intellettuali del periodo di appartarsi lontano dalla gente. Torna a cercare le persone, crede nello scambio”, dice la curatrice. La pittrice si riversa nei suoi interlocutori ponendosi letteralmente al di fuori della rappresentazione: è solo del 1980 il suo primo autoritratto, in cui appare nuda e anziana su grande formato. “È una dichiarazione chiarissima: pensa alla sua eredità e alla sua carriera, pensa all’eredità femminista, ai grandi pittori come Picasso. Rompe ancora una volta tutti i tabù degli Stati Uniti”, racconta la curatrice.
LO STILE ARTISTICO DI ALICE NEEL
Tutto questo con uno stile unico. “Molte volte si guardano i suoi ritratti per la loro intensità e capacità di cogliere lo spirito della persona, ma Neel ha anche una grande tecnica”, aggiunge Agirre. Fermamente convinta di voler rappresentare le persone figurativamente, incorpora alcuni elementi derivati dalle correnti del tempo, come giocandoci. Vediamo un uso del colore espressionista e impavido in opere come Geoffrey Hendricks and Brian e dei flirt con la Pop Art, come in Thanksgiving, con quel laconico tacchino nel lavandino. Dopotutto questi sono gli anni in cui conosce Warhol, che la inizia agli ambienti LGBTQ+ di New York da cui scaturiranno dei ritratti potentissimi e liberatori. Sviluppa con il tempo una capacità di colorista straordinaria, e se la sua cocciutaggine nel restare figurativa la ostracizza (cosa che la porta in gravi difficoltà economiche, con diversi figli a carico), solo così resta veramente fedele al suo principio di umanesimo.
ALICE NEEL, ARTISTA RIVOLUZIONARIA
“È ancora un’artista sconosciuta per il pubblico europeo, e nel mondo dell’arte raramente è stata mostrata in profondità come facciamo qui. Penso che sarà una grande scoperta per la gente”, dichiara la curatrice. La realizzazione della mostra è stata resa possibile grazie alla partnership con il Metropolitan Museum di New York e dal Museo di San Francisco, dove i dipinti sono rispettivamente già stati (con enorme apprezzamento) e dove saranno in futuro. La collaborazione con i curatori americani, Kelly Baum e Randall Griffey, si manifesta anche nella presentazione della mostra, a cui i due hanno partecipato con alcune considerazioni cruciali. “La mostra”, racconta Baum, “ha un punto di vista molto specifico, preso dalla stessa Neel: è l’umanesimo politico della sua arte. Lo vediamo nei Longshoremen del ’36, un quadro strettamente legato alle categorie svantaggiate”, precisa Baum. “La politica, spesso implicita, è cruciale anche nella rappresentazione della comunità queer di NY”, aggiunge Griffey, che ha spiegato come il nome della mostra People Come First, portato anche in Spagna, derivi da un’intervista della stessa Neel con l’editore Mike Gold. C’è tanta partecipazione nei ritratti di Mercedes Arroyo, attivista del movimento di liberazione portoricana, e di James Farmer, una figura chiave per i diritti degli afroamericani, così come nello straordinario Black Draftee – un dipinto mai finito perché il soggetto, Hunter, è chiamato in guerra in Vietnam e se ne perdono le tracce. Neel lo considerò concluso proprio nella sua forma a metà, una metafora perfetta del destino di Hunter. “Siamo molto emozionati di tenere questa mostra”, dice compiaciuto il direttore del museo, Juan Ignacio Vidarte. “Alice Neel è sempre stata interessante come figura, e da tempo volevamo fare una mostra su di lei. Spero le persone abbiano la possibilità di conoscerla davvero, penso sia una delle pittrici più straordinarie della natura umana, delle donne e della maternità”. Vidarte ci lascia anche con alcune anticipazioni per le mostre del periodo autunnale: “Per una coincidenza fortuita tutto il nostro programma autunnale sarà rivolto a donne artiste, il prossimo mese apriremo la nostra mostra sull’astrattismo femminile. È un ottimo modo per presentare delle artiste straordinarie del secolo scorso”. Non si pensi, però, che sia questo a spingere il Guggenheim: “È stata un’artista fuori dal comune, prima che una donna fuori dal comune”, conclude Agirre. “Questo per me è un punto personale. Ora va di moda dire che l’arte delle donne entra nei musei perché deve, ma non è per questo che Neel è qui. Alice Neel è qui perché è una rivoluzionaria”.
‒ Giulia Giaume
Bilbao // fino al 6 febbraio 2022
Alice Neel: People Come First
MUSEO GUGGENHEIM
Avenida Abandoibarra 2
https://www.guggenheim-bilbao.eus
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