A Torino il primo museo sull’omosessualità d’Italia: parla Angelo Pezzana, fondatore del FUORI!
Il capoluogo piemontese, ritenuto capitale italiana dei diritti, ospita l’unica cattedra di Storia dell’Omosessualità. E ospiterà l’anno prossimo l’assemblea generale dei Pride europei.
Che Torino ospiti il primo Museo dell’omosessualità italiano: è questa la richiesta di Angelo Pezzana, fondatore del movimento di liberazione omosessuale FUORI! e presidente della Fondazione Sandro Penna-FUORI!, e di Maurizio Gelatti, co-presidente della fondazione, in una lettera al neosindaco Stefano Lo Russo e al governatore della Regione Alberto Cirio. “Leggiamo ovunque che Torino è ritenuta in Italia la ‘capitale dei diritti’”, si legge nella lettera, “e che deve ritrovare la sua vocazione turistica e intercettare nuovi flussi di visitatori ed ecco che non possiamo esimerci da scrivervi, dire la nostra e metterci a disposizione come ogni cittadino e ogni cittadina, nel confine delle proprie possibilità, dovrebbe sempre fare“.
LE MOTIVAZIONI PER L’APERTURA DEL MUSEO NELLA LETTERA
Il momento è particolarmente propizio per questa richiesta, si legge nella lettera aperta, per una serie di motivazioni: la città ha una nuova amministrazione, e a breve una nuova giunta, che si è dimostrata da subito attenta alla cultura e ai diritti; si è appena conclusa la mostra dedicata al cinquantesimo anniversario del FUORI!, il Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano (primo movimento del suo genere nella storia del Paese); al Salone Internazionale del Libro della scorsa settimana – il cui spazio dedicato alla letteratura LGBTQIA+ è stato per la prima volta sostenuto congiuntamente da Regione e Comune – c’è stata la presentazione del libro sulla storia del movimento, con tutti i numeri della rivista FUORI! ristampati dalla casa editrice romana Nero in un volume d’arte, e del catalogo della
mostra realizzata nel Museo Diffuso della Resistenza e al Polo del ‘900, curato dalla direttrice del Castello di Rivoli Beatrice Merz. Per non parlare del fatto che è proprio a Torino l’unica cattedra di Storia dell’Omosessualità d’Italia, cosa che porterebbe il museo a contare sul sostegno degli atenei locali, e che tra un anno la città ospiterà l’assemblea generale dei Pride europei, facendo convergere sul capoluogo centinaia di investitori e parti interessate da tutto il mondo.
L’EREDITÀ DEL FUORI: LE PAROLE DI ANGELO PEZZANA
Da questa serie di fortuite sovrapposizioni è scaturita una nuova, profonda domanda: qual è l’eredità del movimento? “Risuonava da ogni parte, e io ho cominciato a pensare a chi saranno gli eredi”, racconta ad Artribune Angelo Pezzana, attivista, giornalista e per un breve periodo deputato dei radicali. “Io ho 81 anni e nessuno è eterno, per fortuna, e dato che la Fondazione Sandro Penna dipende da chi ne fa parte, se noi scompariamo sparisce anche lei. Discutendone con Maurizio Gelatti, abbiamo pensato che per garantire una vera continuità si sarebbe dovuta creare a Torino una struttura vera e propria tenuta dalle istituzioni”. Sul fatto che la risposta debba essere istituzionale, Pezzana non ha alcun dubbio: “Se vogliamo che la struttura sia aperta a tutti deve essere così – altrimenti rischiamo una soluzione comunitaria, in cui ogni associazione e gruppo ha le sue diverse finalità. Questo museo deve agire in prospettiva istituzionale con finalità di storia e ricerca”. La speranza nei confronti delle istituzioni è forte, anche perché proprio in questi giorni “hanno dimostrato di esser disponibili su queste tematiche. Una regione di centro-destra e un comune di centro-sinistra hanno dimostrato che è possibile trovare una posizione comune. A Torino, dove sono nati cinquant’anni fa i primi diritti della ‘liberazione omosessuale’, così si chiamava al tempo, deve esserci una struttura stabile, proprio come è avvenuto in Germania anni fa, con il museo Schwules di Berlino”. La Fondazione, che si fa promotrice di questo messaggio, non vuole porsi come organizzatrice di questa iniziativa ma auspica, anzi, che “tutto parta da loro: devono essere loro a capire le caratteristiche e la sede adatti. Noi, per parte nostra, mettiamo a disposizione i nostri grandi archivi, che stiamo catalogando in questo periodo con l’aiuto di alcune banche nel Polo del Novecento”.
Che Torino sia pronta, lo lascia supporre la positiva risposta alla mostra: “Era piccola, ma essenziale per capire come è nato e si è sviluppato il movimento in Italia. I presidenti e direttori dei musei si sono detti molto soddisfatti della frequenza, con un interesse forte anche da parte dei giovani”, chiosa Pezzana, che aggiunge con sollievo: “Temevamo che non si sentissero coinvolti, dato che la memoria è rimasta a lungo chiusa nei nostri archivi, ma si vede l’inizio di un’eredità che va sviluppata e salvaguardata nel rispetto della memoria storica”.
– Giulia Giaume
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