Peter Weiermair, un curatore eccellente. Il ricordo di Renato Barilli
Il critico bolognese ripercorre il suo legame con Peter Weiermair, scomparso pochi giorni fa
Continua lo stillicidio di miei quasi coetanei. Questa volta se ne è andato Peter Weiermair, classe 1944, a cui sono stato legato da buona amicizia e da proficui rapporti reciproci. Il tutto è cominciato negli Anni Ottanta attraverso un curioso tramite, che era il gallerista Iaccarino, napoletano di nascita, di buona famiglia che gli aveva permesso di studiare le lingue, tra cui il tedesco, cosa rara tra noi. Aveva aperto una galleria in uno dei tanti spazi del Palazzo-alveare, il Bentivoglio, a Bologna, sontuosa imitazione del michelangiolesco Palazzo Farnese di Roma, un vespaio che nelle sue stanze gremite ospitava allora, e continua a farlo anche oggi, una quantità di artisti. Quella Galleria non aveva un grande successo, ma la buona pratica del tedesco premetteva a Iaccarino di avere buoni rapporti con alcuni direttori di musei internazionali, tra cui proprio il nostro Weiermair, alla testa della Kunstverein di Francoforte, e c’erano pure Martin Kunz del Kunstmuseum di Lucerna e Zdenek Felix di Düsseldorf.
PETER WEIERMAIR DA FRANCOFORTE A BOLOGNA
Io allora ero alquanto a digiuno di conoscenze internazionali, e dunque quei contatti assicurati da Iaccarino mi furono molto utili, anche per la possibilità di sfruttarli a dovere. Ero allora membro del consiglio direttivo della nostra Galleria comunale, in cui praticamente avevamo esautorato il pessimo direttore, Franco Solmi, formando una buona squadra, Accanto a ne c’erano pure Pozzati, Caroli, Castagnoli. Ebbene, per un verso invitammo quegli illustri direttori stranieri a portare ciascuno una selezione di loro giovani artisti alla GAM, ottenendo il diritto a uno scambio, e dunque una bella squadra di nostri talenti in quegli anni andò in circolo in tante sedi. Ma fra tutti proprio Weiermair fu il più generoso, ospitando i nostri artisti ovviamente nella sua sede primaria, a Francoforte, e anche a Vienna, a Costanza, ad Amburgo. Ebbe pure il merito di dedicare un’ampia mostra a Ontani, quando ancora il nostro Luigi non era in auge come oggi, e ci fu anche un episodio curioso, infatti per festeggiare quell’evento fummo invitati nella villa di un figlio di Von Ribbentrop, il ministro degli esteri nazista condannato a morte nel processo di Norimberga, Il figlio aveva preparato una cena sulle rive del Meno, ma fummo travolti e messi in fuga da un nugolo di zanzare che ci costrinsero a rientrare nelle stanze interne.
RENATO BARILLI E PETER WEIERMAIR
Poi le cose cambiarono, noi fummo licenziati dalla GAM assieme al direttore, Pozzati, nominato assessore alla cultura, predispose una eccellente riforma per cui quel museo divenne “istituzione”, con autonomia di spesa, però affidato a un consiglio più che altro rappresentativo di istanze politiche. Ci fu pure quel momento in cui per un’unica volta Bologna passò in mano alla destra di Guazzaloca. Tra i consiglieri di quella tornata ci fu la console dell’Austria a Bologna, cui non parve vero poter nominare alla carica di direttore proprio Weiermair, che ovviamente nulla aveva a che fare con la destra politica. Comunque la sua presenza mi permise di rinnovare i rapporti con lui, anche perché seppe organizzare mostre eccellenti dei migliori artisti austriaci. Io accorrevo con piacere alle sue mostre, mentre lui mi concedeva quegli spazi per le mie, tra cui, ricordo, una Officina Asia. Poi la sua stagione ebbe termine, col che pure i nostri legami si resero rari, anche perché aveva deciso di abbandonare Bologna e il buen retiro che aveva in Palazzo Bentivoglio andando a rifugiarsi a Innsbruck. Questa mia, del resto, è una commemorazione tramata di buchi e di vuoti, tanti altri sarebbero i meriti da riconoscere a questa figura di curatore tra i primi in Europa.
‒ Renato Barilli
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