Sorto nell’antico edificio del potere coloniale, il Palais de Lomé è il più grande centro per le arti visive del Togo, dove i linguaggi contemporanei si fondono con la tradizione identitaria del passato. La direttrice Sonia Lawson ci introduce agli ambiziosi programmi di questo autentico laboratorio per lo sviluppo culturale del Paese.
L’edificio che “ospita” il Palais de Lomé è legato alla colonizzazione. Oggi invece è un luogo dedicato all’arte togolese; è come dire che la decolonizzazione passa anche attraverso la cultura?
Il Palais de Lomé è un luogo ricco di storia, un luogo della memoria. È il risultato della trasformazione e del restauro, dopo vent’anni di abbandono, dell’ex palazzo dei governatori ‒tedeschi prima, francesi poi ‒ in un centro d’arte e cultura, all’interno di un parco di undici ettari unico nel suo genere nell’Africa Equatoriale. Oggi questo luogo rompe con il suo passato coloniale di esclusione, per aprirsi a tutto il pubblico togolese e per presentare il meglio della creatività del Paese, ma anche dell’Africa e delle sue diaspore. Vogliamo che il pubblico togolese recuperi questo luogo del patrimonio nazionale antico, perché diventi il palcoscenico di narrazioni della nostra identità.
In che modo il governo sostiene la cultura e le arti? Ci sono programmi di cui anche il Palais de Lomé può beneficiare?
Il governo togolese ha finanziato soltanto i lavori di ristrutturazione dell’ex palazzo dei governatori. Ma noi cerchiamo di sviluppare partnership con aziende private e istituzioni internazionali per poter ottenere ulteriori finanziamenti da dedicare alle attività.
Come giudichi la scena artistica togolese contemporanea?
La scena artistica togolese, e africana in generale, è molto ricca di talenti creativi. Ad esempio, le nostre mostre presentano e hanno presentato artisti emergenti o affermati, come Sokey Edorh, Emmanuel Sogbadji o Tete Azankpo. Sans Titre, uno dei nostri progetti attualmente in svolgimento, mette in evidenza le opere di undici giovani artisti togolesi, presentando una varietà di pratiche e linguaggi, fra cui pittura, scultura, installazione, disegno e fotografia.
Le opere esposte offrono un’istantanea dell’arte contemporanea togolese e affrontano molteplici temi e problematiche della nostra epoca. Per questa mostra abbiamo deciso di non scegliere un titolo, proprio per riflettere la pluralità di pratiche artistiche, esperienze, linguaggi e materiali utilizzati dagli artisti della città di Lomé.
L’ARTE CONTEMPORANEA IN TOGO
Dalla nascita di questa istituzione, come è cambiata la percezione dell’arte contemporanea?
Aiutiamo a far conoscere l’arte contemporanea a un pubblico locale che generalmente non è abituato a “incontri” del genere. E, nel farlo, introduciamo l’arte contemporanea presso diversi settori del pubblico: sia quello generico, sia quello degli studenti; per ognuno di questi settori è importante avere un approccio specifico, stante la differenza di età, aspettative, punto di vista. E, in quanto istituzione culturale, dobbiamo riuscire a interessare allo stesso modo sia l’esperto intenditore d’arte, sia il neofita che la scopre per la prima volta; per questo svolgiamo un ampio lavoro di mediazione, con guide che accompagnano i visitatori alla scoperta delle varie mostre, opera per opera: chiunque lo desideri può effettuare visite guidate gratuite (incluse nel prezzo del biglietto d’ingresso).
Qual è stata la reazione del pubblico?
I nostri vari pubblici hanno reagito favorevolmente alla nostra programmazione (mostre, eventi, ecc.). Ad esempio, la mostra 3 frontières, che ha presentato artisti di Togo, Benin, Ghana e Nigeria, ha proposto oggetti di uso quotidiano, ma trasformati dal lavoro degli artisti selezionati; in tal modo la mostra ha contribuito ad ampliare il punto di vista sugli oggetti della vita quotidiana che, grazie al lavoro degli artisti, possono diventare opere d’arte.
LE DONNE E L’ARTE IN TOGO
In quale misura le donne partecipano alla scena artistica togolese?
C’è un numero crescente di artiste in Togo, e alcune di loro hanno esposto al Palais, come Sika Akpaloo o Edwige Aplogan, che lavora con materiali di riciclo (ad esempio sacchi di cemento o veli di zanzariere che diventano tele su cui dipingere). In particolare, Sika Abla Beauty Akpaloo è un’artista visiva togolese autodidatta nata ad Atakpamé. Ha forgiato la sua pratica artistica nel corso di laboratori e residenze creative, e il suo lavoro è una continua ricerca dell’armonia tra i materiali che meglio corrispondono alle sue emozioni. Attraverso di essi cerca di trasmettere al pubblico la sua idea del mondo e di denunciare, se possibile, certe problematiche. Nelle sue opere, Sika celebra l’umanità, le esperienze e l’impatto dell’uomo sulla natura. Si ispira a tutto ciò che la circonda, alla natura, alle questioni sociali e culturali e soprattutto al patrimonio culturale immateriale per condividere con tutti l’ideale di una società di pace e armonia. L’artista sta attualmente concentrando la sua ricerca e il suo lavoro sulla protezione dell’ambiente, l’educazione artistica per i bambini e le comunità di villaggio.
Ci fai qualche altro esempio?
Racines de l’Imaginaire, una delle tre mostre attualmente aperte, è dedicata al lavoro di Togo Yeye (Nuovo Togo, in lingua ewe), un duo creativo al femminile, con sede a Lomé e Londra: è composto dalla fotografa Delali Ayivi e dalla hairdresser Malaika Nabillah, che si ispira alle acconciature togolesi tradizionali. L’obiettivo di queste due giovani creative è quello di documentare e celebrare i giovani togolesi che spostano in avanti il limite delle potenzialità della pratica artistica. Da un altro punto di vista, il duo mira a indagare le tradizioni locali per raccontare nella maniera più completa possibile i tanti volti della cultura togolese. Accanto alla fotografia, anche gli incontri con gli artisti a proposito dell’arte tradizionale, dell’idea di modernità togolese e della nuova identità che potrà nascere, fanno parte del lavoro di Malaika e Delali, che hanno promosso un lungo lavoro d’indagine basato su interviste con i principali attori dell’industria della moda di Lomé, archivisti e, appunto, artisti.
Avete avviato collaborazioni con altre istituzioni culturali internazionali?
Vogliamo sviluppare partnership per organizzare residenze, mostre, momenti di formazione e, più in generale, di condivisione della conoscenza in diversi ambiti: curatoriale, artistico o scientifico. Inoltre, abbiamo collaborato con istituzioni culturali internazionali come Zeitz Mooca in Sud Africa, ZKM in Germania, Arttable Netherlands nei Paesi Bassi, e Macaal in Marocco, per una serie di convegni.
RUOLO E ATTIVITÀ DEGLI ARTISTI IN TOGO
Quanto sono impegnati gli artisti togolesi nell’affrontare le emergenze della nostra epoca come la crisi climatica, i diritti umani, la democrazia?
Alcuni artisti togolesi si occupano ovviamente di queste questioni di strettissima attualità. Ad esempio, nella nostra prossima mostra, Sans Titre, Serge Anoumou affronta il problema della conservazione dell’ecosistema marino e costiero attraverso una grande scultura di una tartaruga marina. Inoltre, lo stesso Palais de Lomé è un esempio di riflessione sull’ecologia, un luogo unico in Africa perché unisce arte, patrimonio e biodiversità. Il suo parco botanico tropicale di undici ettari, il cui percorso è scandito da sculture, offre molteplici attività: iniziazione alla conoscenza della biodiversità e all’uso delle piante in ambiti come la medicina, i tessuti, l’osservazione degli uccelli. Grazie a noi, la capitale togolese è l’unica dell’Africa occidentale ad avere un parco del genere, di fronte al mare, nel centro della città. Speriamo di ispirare altre città togolesi e altre capitali della costa africana occidentale a dotarsi di un ecosistema del genere.
Nella sua pratica creativa, Serge Anoumou, cui accennavo prima, trasforma i rifiuti in opere d’arte. Da pneumatici e materiali vari (filo di lana, tessuti, fil di ferro) crea opere dalle forme originali. Un modo per porre all’attenzione del pubblico la necessità di una maggiore consapevolezza sulla gestione e il riciclo dei rifiuti. Inoltre, tra le sue opere esposte al Palazzo di Lomé, sculture di animali come tartarughe e pesci fanno riferimento ai temi della conservazione dei fragili ecosistemi marini e delle specie acquatiche in via di estinzione.
Qual è il tuo programma per la nuova stagione culturale?
All’inizio dello scorso dicembre abbiamo inaugurato tre nuove mostre, che sono ancora in corso: Lomé: portraits d’une ville, una grande mostra sulla città, che permette al pubblico di riscoprirne la storia e le bellezze. Un modo per riprendere coscienza della propria identità, anche attraverso le vicende urbanistiche e sociali della nostra capitale; Racines de l’imaginaire, cui ho accennato prima, che indaga il mondo della moda; Sans Titre, che espone il lavoro di artisti togolesi contemporanei. A margine di queste tre mostre sono state previste numerose attività, come seminari, visite guidate, laboratori per adulti e bambini, che si svolgono sia nelle sale interne del palazzo, sia nel parco. Ad esempio, parte delle attività a margine della mostra sulla città di Lomé si svolgeranno nei diversi quartieri, perché vogliamo creare un legame con la città; per questo abbiamo previsto spettacoli di danza, concerti, spettacoli teatrali, performance artistiche, che si terranno nei vari quartieri: vogliamo stimolare il pubblico a esplorare e scoprire le aree più ricche di storia e antichità di Lomé.
– Niccolò Lucarelli
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