Maurizio Corgnati, Milva e Luigi Spazzapan. Una storia di collezionismo e sintonia
Entrano a far parte della collezione della Galleria Spazzapan di Gradisca di Isonzo cinque opere dell’artista isontino Luigi Spazzapan appartenute alla famiglia Corgnati per molti decenni. Martina Corgnati racconta il legame che univa i suoi genitori all’arte di Spazzapan
Pesci sul tavolo (1932), La camicia bianca (1935 circa), Deposizione (con angelo) (1945), Cosma e Damiano benedicenti (1951), Santone (evangelista) (1955-56). Vent’anni della carriera di Luigi Spazzapan (Gradisca d’Isonzo, 1889 – Torino, 1958) raccontati attraverso cinque opere emblematiche del suo pensiero, e del suo modo di intendere la rappresentazione artistica. Cinque quadri ora visibili alla Galleria Spazzapan di Gradisca d’Isonzo, che all’artista friulano diede i natali nel 1889.
LUIGI SPAZZAPAN A TORINO
Si sarebbe trasferito nel 1928 a Torino, per restarvi fino alla fine dei suoi giorni, nel 1958. In città incontrò Maurizio Corgnati, con cui avrebbe condiviso una visione di vita, ancor prima che una sintonia artistica: il regista e criticò d’arte, sebbene di un’altra generazione, si spese molto per favorire la circolazione delle opere di Spazzapan, acquistandone anche molte per sé. Le cinque opere oggetto della donazione alla Galleria Spazzapan ne sono una testimonianza preziosa. Corgnati sposò Milva Biolcati – indimenticata cantante e attrice di teatro, scomparsa nel 2021 – quando Spazzapan era già morto. Ma a sua moglie seppe trasmettere l’amore che nutriva per quei quadri, inizialmente esposti nella casa torinese della coppia di corso Re Umberto, poi finiti nell’abitazione milanese della cantante dopo la separazione tra i due.
LA GALLERIA SPAZZAPAN A GRADISCA D’ISONZO
Lì sono rimasti per oltre quarant’anni, fino alla decisione di Martina Corgnati – storica dell’arte e figlia della coppia – di donarli alla Galleria Regionale d’Arte contemporanea Luigi Spazzapan, nata nel 1977 per valorizzare l’opera di uno dei più importanti rappresentanti della pittura italiana del Novecento. Il museo custodisce oggi il più corposo nucleo di opere (prove su carta, dipinti su tela e due sculture) di Spazzapan, e si preoccupa di raccontarle anche con l’ausilio della tecnologia digitale, attraverso visori di realtà virtuale. Fino al 13 marzo, la Galleria ha allestito una mostra (gratuita) intorno alla donazione del fondo Milva Biolcati/Maurizio Corgnati (gestita da ERPAC FVG – Ente Regionale Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia con il Comune di Gradisca d’Isonzo e il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia), che poi sarà integrato nel percorso museale permanente, per illuminare l’intero iter artistico di Spazzapan, dai primi richiami all’Espressionismo ai tratti più morbidi di derivazione impressionista francese, verso i quali l’artista virò dopo l’arrivo a Torino, fino alle strutturazioni geometriche degli Anni Quaranta e all’ultima fase informale, tutta puntata sulla predominanza del colore sulla linea. Con Martina Corgnati ripercorriamo la storia del legame speciale tra la sua famiglia e l’artista isontino.
INTERVISTA A MARTINA CORGNATI
Come è maturata la donazione del fondo Milva Biolcati/Maurizio Corgnati?
All’indomani della morte di mia madre, davvero pochissimi giorni dopo, ho sviluppato un programma di donazioni numerose per restituire alla collettività ciò che per molto tempo era stato privato. È un progetto sulla memoria che passa dalla fiducia che nutro per le istituzioni. E c’è anche una spinta che riguarda la pandemia, che ci ha sottratto il piacere di stare insieme, ha interrotto il nostro senso di comunità. Ecco, nel mio piccolo ho pensato, attraverso questi piccoli gesti, di contribuire a rinsaldare il corpo sociale. Tutte le donazioni sono andate in Italia, mia madre era italiana, e penso sia giusto che chi vuole conoscere ciò che ha conservato e raccolto per tanti anni venga a trovarla.
Di che oggetti parliamo, oltre ai quadri di Luigi Spazzapan?
Il legame di mia madre con l’arte si articola in due stagioni. In passato, negli Anni Sessanta, ha respirato il gusto di mio padre. I quadri di Spazzapan arrivano dalla sua collezione, sono rimasti a mia madre nel ’68, dopo la separazione. E per quarant’anni sono rimasti appesi alle stesse pareti – aveva evidentemente piacere di guardarli –, patrimonio del suo sguardo e delle poche persone che entravano in casa: lei era una persona molto riservata, non amava troppo avere gente intorno, nel suo privato. Dagli Anni Ottanta, invece, ha dato sfogo alla sua passione per il mondo Liberty e per l’Art Déco, un gusto molto diverso da quello di mio padre e dal mio.
Dunque sua madre era un’amante dell’arte? Che rapporto aveva con le opere di Spazzapan?
Mia madre aveva un enorme rispetto per la cultura di mio padre, il suo grande rammarico è stato il modo in cui la loro storia è finita, ma ha sempre mantenuto curiosità e amore per le scelte critiche e il gusto di mio padre. A lei piaceva la Secessione Viennese, tutt’altra cosa, ma Spazzapan e Gallizio li ha vissuti con amore e rispetto.
Come il rapporto con i suoi genitori ha contribuito a formare la sua sensibilità artistica?
Da mio padre ho appreso moltissimo, mi sono formata con lui, che mi portava a visitare musei già da piccolissima, a 4-5 anni. Lui amava moltissimo la pittura antica, più della moderna, ma aveva grande curiosità anche verso le esperienze e le idee contemporanee. E in questo sono uguale: insegno arte medievale a Brera, ma mi muovo in ambiti molto diversi, adottando un approccio che cerca di incrociare antico e moderno, suggerendo delle connessioni. Per esempio, come gli Etruschi entrano nella cultura dello sguardo delle Avanguardie del Novecento? Sono queste le domande che mi faccio.
IL LEGAME TRA CORGNATI E SPAZZAPAN
Come nasce il legame umano tra suo padre e Luigi Spazzapan? Cosa lo conquistò della sua arte?
Spazzapan è stato importantissimo per mio padre, ma potremmo dire che lo sono stati l’un per l’altro. Lui non aveva molti collezionisti, il rapporto con mio padre l’ha aiutato a sopravvivere in una Torino che all’epoca, con un outsider rispetto al pensiero dominante, poteva dimostrarsi molto ostile. Mio padre era un personaggio interessante, era nato nel ’17, più giovane di Spazzapan, ma aveva avuto il tempo di essere antifascista militante, proprio come Spazzapan. Fu anche incarcerato dai fascisti, non arrivò a combattere direttamente in montagna con i partigiani, ma dopo l’8 settembre si diede molto da fare, insieme a un gruppo di intellettuali in cui gravitavano Massimo Mila, Umberto Mastroianni, lo stesso Spazzapan, ma anche Pavese, Fenoglio, Einaudi. Mio padre fu anche sindaco di Maglione per il CNL, per un breve periodo. Poi si trasferì a Roma: voleva fare il cinema. Ben presto, però, rientrò a Torino, dove dalla metà degli Anni Cinquanta si dedicò alla tv, per la sede Rai in città.
Ma le connessioni tra i due non finiscono qui.
All’epoca era fidanzato con una scultrice molto vicina a Spazzapan, le loro idee in fatto di arte e cultura coincidevano: Torino era la città di Casorati e non di Spazzapan, avevano trionfato modelli economici come quello della Fiat. Spazzapan aderiva a una sorta di Realismo Magico un po’ metafisico, ma era rigido e vincolante, non lasciava passare nulla che non fosse nelle sue corde: gli altri volevano fare l’astrattismo! Lui, Mastroianni e Moreni erano i tre moschettieri, ma Spazzapan era capofila del gruppo, cercò anche di portare invano, a Torino, la collezione di Peggy Guggenheim, ma non fu capito.
E mio padre lo spalleggiava, amava la sua libertà di espressione e l’attualità della sua pittura, la forza del suo segno. Comprava i suoi quadri, li faceva comprare ai suoi cognati più borghesi di lui. Era una vita vissuta insieme, quando la passione per l’arte non era una cosa da salotto, ma una sintonia vera. Oltre a Spazzapan, aveva un rapporto del genere con Gallizio, di cui possiedo alcuni quadri meravigliosi.
Nel 1956 suo padre realizzò un documentario in ricordo di Luigi Spazzapan. Quanto è importante questo documento audiovisivo per comprendere la figura dell’artista friulano?
Raccoglie testimonianze critiche e di amici dell’artista molto importanti, ma ha anche il merito di offrire uno spaccato della Torino dell’epoca. Ed è un prodotto molto curato, com’era tipico di mio padre, che seguiva ogni dettaglio, a partire dalla colonna sonora: nei suoi documentari amava valorizzare la grande musica contemporanea, da Nono a Rota. E pensare che questo documento è rimasto negli archivi Rai fino a oggi: temevo di non riuscire più a trovarlo, e invece, in occasione della mostra allestita alla Galleria Spazzapan, è stato recuperato, e ora tutti possono goderne.
LA DONAZIONE ALLA GALLERIA SPAZZAPAN
Perché scegliere per la donazione la Galleria di Gradisca e non un museo di Torino?
Il museo di Gradisca è il luogo giusto e lo dimostra la mostra allestita per valorizzare le opere del fondo, che comunque, se mai sarà possibile, sarei felice di portare a Torino, con la complicità del curatore della Galleria, Lorenzo Michelli. Ci valorizziamo a vicenda: l’istituzione valorizza il rapporto di mio padre e mia madre con Spazzapan, che merita di essere raccontato alle nuove generazioni che oggi frequentano i musei; a mia volta io valorizzo il museo, perché è defilato e marginale, e invece è bellissimo, e vale la pena di essere conosciuto, come pure la terra friulana, che amo molto, e mi dà grande piacere esplorare.
Conserva altre opere di Spazzapan appartenute a suo padre?
Ne possiedo alcune, che presto saranno esposte in un piccolo percorso museale nell’ambito della fondazione che sto creando a Milano, Insula Felix, incentrata sulla valorizzazione dell’arte medievale attraverso una grande biblioteca di storia dell’arte, che sarà aperta al pubblico e fruibile online. In questo contesto mi piace l’idea di mostrare anche una piccola punteggiatura di opere d’arte italiana del Novecento, tra cui Spazzapan. Speriamo di aprire entro l’anno, soprattutto per restituire centralità ai libri: a Milano ci sono grandi biblioteche, ma non ne esiste una di arte medievale che possa essere punto di riferimento.
‒ Livia Montagnoli
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