Riscoprire l’arte dei depositi. Il progetto del Comune di Pordenone
I depositi dei Musei Civici di Pordenone custodiscono oltre duemila opere di pregio normalmente non accessibili al pubblico. La mostra “Il sogno delle cose” segna l’inizio di un’operazione di riscoperta del patrimonio culturale del territorio
Alla Galleria Civica Harry Bertoia, la mostra simbolicamente intitolata Il sogno delle cose terminerà il 27 febbraio. Ma questo, per Pordenone, è solo l’inizio. L’esposizione è infatti soltanto il primo atto della politica culturale promossa dalla giunta che si è insediata l’autunno scorso nella cittadina friulana, a seguito delle elezioni comunali che hanno visto riconfermarsi, per la coalizione di centro-destra, il sindaco uscente Alessandro Ciriani. Il nuovo giro di nomine ha assegnato l’assessorato alla Cultura ad Alberto Parigi, fautore di un percorso di riscoperta e valorizzazione delle opere conservate nei depositi comunali di Palazzo Ricchieri, operazione illuminata che lascia ben sperare per il prosieguo del mandato. L’obiettivo dell’iniziativa – concretizzata, per ora, nella mostra visitabile ancora per qualche giorno – è infatti quello di restituire alla città il patrimonio artistico nascosto nei depositi di un centro di provincia che – com’è vero per molte cittadine italiane – ha molto da offrire in termini di turismo culturale. Nel caso specifico, il percorso curato da Alessandro Del Puppo e Luca Pietro Nicoletti riscopre un nucleo di opere del XIX e XX Secolo di grande pregio: 130 tra le migliaia (2200, per essere precisi) conservate a Palazzo Ricchieri, rimaste per molto tempo escluse dal circuito museale, seppur custodite con cura nei caveau delle collezioni civiche di Pordenone.
IL SOGNO DELLA COSE: LA MOSTRA SULL’ARTE DEL XIX E XX SECOLO
Il sogno delle cose è un viaggio tra la fine dell’Ottocento e gli Anni Duemila, una ricognizione sull’arte moderna italiana e internazionale che spazia da Chagall a de Chirico, da Picasso e Delvaux a Savinio, Fontana, De Pisis, Sironi, Vedova, Campigli, Guttuso. Quadri e dipinti acquisiti nel tempo dal Comune tramite donazioni e acquisti, cui si affiancano le prove di artisti del territorio come Massimo Bottecchia, Nane Zavagno, lo stesso Harry Bertoia, fino agli autori di oggi come Massimo Poldelmengo, Roberto Kusterle, Danilo Di Marco.
“Un’operazione di modernità”, come la definisce l’assessore Parigi, maturata nel solco di progetti internazionali volti alla riscoperta del patrimonio sommerso e del dietro le quinte di grandi istituzioni museali (pensiamo al nuovo, immaginifico Depot di Rotterdam, ma pure all’impegno del MAXXI di Roma, o della Galleria Borghese, per restare nella Capitale, con i rispettivi progetti di apertura al pubblico dei depositi), tanto più significativa, nel contesto di un’amministrazione pubblica, perché mirata a rimettere in circolo il patrimonio culturale del territorio.
La mostra si articola in sezioni tematiche, tra miti, amori, paesaggi, nature morte, spazi, scene di genere, uomini illustri (il racconto resterà immortalato nel catalogo pubblicato da Silvana Editoriale), per mostrare la versatilità di una collezione di arte moderna capace di “svecchiare” l’immagine dei Musei Civici, abitualmente concentrati sulla produzione del XVIII e XIX secolo. “Le opere conservate nei musei si parlano anche se i più non le odono” – spiega a tal proposito Alessandro Del Puppo – “è giunto il momento di presentare il loro dialogo al pubblico. Le dieci sezioni della mostra sono da leggersi quasi come i capitoli di un possibile libro”. Con il cappello di un lavoro fotografico commissionato per l’occasione ad Alessandro Ruzzier, che ha rivolto l’obiettivo sugli spazi museali più reconditi, normalmente nascosti allo sguardo. Per accedere ai segreti dei depositi, “là dove le cose sognano”. All’assessore Parigi abbiamo rivolto qualche domanda sul senso, gli obiettivi e il futuro dell’operazione.
L’INTERVISTA ALL’ASSESSORE ALLA CULTURA DI PORDENONE ALBERTO PARIGI
Com’è maturato il progetto per la valorizzazione del patrimonio “nascosto” di Palazzo Ricchieri?
È nato da una parte in città, dall’altro guardando altrove. Mi spiego. Pordenone non era pienamente consapevole di essere “proprietaria” di questi tesori. L’esigenza di riscoprirli è poi cresciuta via via nel tempo nei settori culturali cittadini. Allo stesso tempo abbiamo osservato le tendenze dei migliori musei europei, molti dei quali puntano proprio a ridare luce al patrimonio che hanno in casa. Da qui l’idea di organizzare una prima grande mostra per restituire alla comunità un patrimonio di tutti.
Al termine della mostra, c’è l’intenzione di programmare altre iniziative per esporre le opere dei depositi comunali? O è in previsione l’apertura di nuovi spazi per valorizzarle in modo permanente?
Sì, non sarà un’iniziativa spot, seguiranno altre mostre dedicate a singoli autori o temi per arrivare, nel 2023, a un’altra esposizione di rilievo con le opere dei magazzini. Vogliamo esporle a rotazione negli spazi disponibili, anche in collaborazione con enti e associazioni della nostra zona, che a loro volta hanno altre opere nei loro caveau.
Qual è la strategia di promozione culturale e turistica di Pordenone per i prossimi anni?
Per quanto riguarda il turismo culturale, oltre alla riscoperta di ciò che abbiamo nei depositi ‒e che unisce grandi nomi ad altri meno noti, ma non meno validi ‒ puntiamo a offrire esposizioni capaci di unire qualità e richiamo, per attrarre anche un pubblico generalista da fuori città e fuori regione. Credo che un’amministrazione pubblica debba puntare a questo, piuttosto che a proposte di livello ma sconosciute al grande pubblico. In merito all’offerta di eventi culturali, Pordenone è città ricchissima, e continueremo a sostenere i suoi festival nazionali e internazionali, da PordenoneLegge a Dedica, da PordenonePensa alle Giornate del Cinema Muto. C’è poi la musica, che qui ha sempre giocato un ruolo primario. Abbiamo in programma una grande stagione di concerti che, Covid permettendo, siamo certi porterà tanta gente nel corso dei prossimi anni.
– Livia Montagnoli
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