Futuro Antico. Intervista a Victor Stoichita
La rubrica curata da Spazio Taverna e incentrata sul significato del futuro cede la parola allo storico dell’arte Victor Stoichita. Che dichiara: “Sono un emigrante. Il mio genius loci, se ce n’è uno, è quello del cammino”
Conosciuto come autore di volumi epocali come L’invenzione del quadro e Breve storia dell’ombra, Victor Stoichita (Bucarest, 1949) dice la sua sul tempo che verrà, senza dimenticare l’importanza del passato.
Quali sono i tuoi riferimenti ispirazionali nell’arte?
Essere storico dell’arte implica un certo distacco da preferenze troppo personali. È la ragione per cui non posso dire di avere un artista o un’epoca prediletta. Il mio interesse va nella direzione dello studio del funzionamento delle immagini nel mondo occidentale. In questo contesto ci sono i problemi della creazione, della figurazione e quelli riguardanti l’impatto delle immagini che mi interessano. Questo tipo di interesse non può far a meno di prendere in considerazione contesti sociali, culturali e artistici molto ampi, conducendo a delle ricerche in cui sono qualche volta messi in questione gli stessi canoni della storia dell’arte accademica. Certo, le vie aperte dall’iconologia di Warburg e di Panofsky hanno segnato anche il mio percorso, ma aggiungerei pure le lezioni che vengono dalla semiotica del visivo e, più recentemente, dalla mediologia e dall’antropologia.
Qual è il testo che ti rappresenta di più? Puoi raccontarci la sua genesi?
Ci sono due libri che mi sembrano illustrare abbastanza bene il mio approccio. Il primo è L’Invenzione del quadro e l’altro Breve storia dell’ombra. Il primo è nato come un progetto di tesi di dottorato di ricerca (tesi sostenuta a Parigi nel lontano 1989) per svilupparsi poi in un saggio intorno alla genesi di questo strano oggetto che è appunto il “quadro”, col quale l’uomo occidentale ha familiarità da secoli e che costituisce, credo, un suo modo specifico di “catturare” o di evocare il mondo visibile. La mia intenzione è stata quella di invitare a ripensare le origini della modernità fra iconoclastia e apoteosi dell’immagine pittorica.
E Breve storia dell’ombra?
Breve storia dell’ombra nasce invece da una riflessione intorno ai grandi problemi della rappresentazione occidentale. Conosciamo tutti il mito raccontato da Plinio il Vecchio riguardante l’origine della pittura nel profilo d’ombra dell’amato, tracciato su un muro da una ragazza innamorata. È un mito di origine inaspettato, stando ai parametri della rappresentazione occidentale, più interessata narcisisticamente, potrebbe sembrare, ai giochi di specchi identitari che all’alterità della rappresentazione-ombra. Con Breve storia dell’ombra ho voluto fare la storia di “un resto” dimenticato, ma non per ciò meno significativo. Questa ricerca è stata accompagnata da due mostre trasversali, una al Museo Thyssen di Madrid, l’altra, più recente, alla Fondazione dell’Hermitage di Losanna, che mi hanno fatto confrontare con un’esperienza dalla quale ho imparato molto: la messa in scena delle opere d’arte (dei “quadri” appunto) in una spazialità espositiva moderna coerente.
FUTURO E PASSATO SECONDO STOICHITA
Che importanza ha per te il genius loci all’interno del tuo lavoro?
Sono un emigrante, per cui il mio genius loci, se ce n’è uno, è quello del cammino.
Quanto è importante il passato per immaginare e costruire il futuro? Credi che il futuro possa avere un cuore antico?
Occuparsi della storia è confrontarsi di continuo col passato e col futuro nella prospettiva del presente. Ogni presente dipende dal passato e immagino che sarà così anche col “presente del futuro”.
Quali consigli daresti a un giovane che voglia intraprendere la tua strada?
Viaggiare, guardare, pensare, comprendere, comunicare. Vivere.
In un’epoca definita della post verità, ha ancora importanza e forza il concetto di sacro?
Dovrebbe.
Come immagini il futuro? Sapresti darci tre idee che secondo te guideranno i prossimi anni?
In generale, credo che il futuro sarà dominato dalle prospettive aperte dall’intelligenza artificiale, dal mondo numerico e dalle conquiste spaziali. Di conseguenza, per ciò che riguarda la creazione artistica, questa si confronterà sempre di più con la realtà virtuale. Non si tratta di una cosa completamente nuova in sé stessa, poiché tra “finzione” e “virtualità” c’è stato sempre ‒ e abbiamo qui una delle maggiori lezioni della storia dell’arte ‒ uno strettissimo rapporto. Questo rapporto non sarà tralasciato ma sicuramente verrà ridefinito.
‒ Ludovico Pratesi
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