Inaugurata il 6 marzo 2016, giorno dell’indipendenza nazionale, 1957 Gallery, sorge all’interno del Kempinski Hotel Gold Coast & Galleria Mall ad Accra, città capitale del Ghana, al centro di una scena artistica in continua evoluzione. Il fondatore e direttore Marwan Zakhem ci racconta quest’avventura.
Perché è nata la Galleria?
Ho iniziato a coltivare un vero interesse per la scena artistica africana quando mi sono trasferito a Dakar, oltre vent’anni fa, interesse che è considerevolmente aumentato quando poco dopo, nel 2004, sono arrivato ad Accra. Più passava il tempo, più volevo trovare un mio modo per sostenere gli artisti locali. L’osservazione che continuavo a ricevere da loro era che in Ghana bisognava potenziare le connessione con il mercato dell’arte. Se il collezionismo d’arte avesse potuto crescere a livello locale, gli artisti avrebbero a loro volta sviluppato le loro carriere in patria, anziché altrove. Una galleria d’arte commerciale rendeva possibile supportare una nuova generazione di artisti e promuoverla presso un pubblico internazionale. Abbiamo aperto la Galleria il 6 marzo 2016, Giorno dell’Indipendenza del Ghana, e quest’anno festeggiamo il nostro sesto compleanno. Sebbene quest’avventura sia diventata di largo respiro, la passione che si è accesa in me venti anni fa rimane al centro di tutto il lavoro.
Come descriveresti la scena artistica contemporanea del Ghana?
Trovo che sia una scena artistica fra le più dinamiche e coinvolgenti del mondo: abbiamo una tradizione consolidata di pittura e scultura moderna e scuole notevoli, accanto a un movimento artistico che è sempre più costituito da giovani. Tuttavia, negli ultimi anni si è assistito a un’ulteriore crescita, influenzata in parte dal successo internazionale di artisti come Kwesi Botchway, Amoako Boafo e Serge Attukwei Clottey. Aumentano gli spazi espositivi indipendenti che aprono al pubblico, accanto a istituzioni culturali che propongono una miriade di iniziative, così come gli spazi per le residenze d’artista. Infine, sta aumentando anche l’interesse pubblico nel sostenere e collezionare artisti locali.
Cosa pensi del coinvolgimento dei giovani artisti ghanesi sulle emergenze della nostra epoca?
Penso che a livello globale gli artisti siano spesso in prima linea nel commentare fatti politici e sociali, apertamente o implicitamente. Come molti artisti di altri Paesi, anche quelli ghanesi stanno rispondendo al mondo in cui vivono: ad esempio Serge Attukwei Clottey, la cui sperimentazione con i cosiddetti “galloni Kufuor” (contenitori di plastica gialla da 20 o 25 litri, ideati dall’ex Presidente ghanese John Agyekum Kufuor e usati come mezzi d’emergenza per la raccolta dell’acqua, N.d.A.) che usa per creare installazioni site specific, ci parla delle cause e degli effetti della carenza d’acqua ad Accra. Dall’inizio del suo progetto Afrogallonism, Clottey è stato riconosciuto a livello internazionale per il suo lavoro sull’ambientalismo e il ciclo virtuoso della plastica, temi che dobbiamo considerare con una prospettiva globale: il cambiamento climatico è un argomento che dovrebbe preoccupare tutti noi, non solo i ghanesi.
IL GHANA E L’ARTE CONTEMPORANEA
Qual è il ruolo delle donne ghanesi nell’arte?
Sebbene le donne ricevano oggettivamente meno supporto e abbiano un minor numero di possibilità, principalmente a causa della mancanza di precedenti esperienze femminili nell’arte contemporanea locale, stiamo comunque assistendo allo sviluppo di entusiasmanti progetti artistici e culturali da parte di donne ghanesi: ad esempio, la consulta del Cowrie Culture creata da Nish McCree e lo spazio per le arti performative Terra Alta, fondato da Elisabeth Efua Sutherland, solo per citarne un paio. Negli usi e costumi popolari, molte donne sono ancora oggi spinte verso ruoli di genere “tradizionali” all’interno delle famiglie e scoraggiate dall’intraprendere una carriera artistica. Ovviamente, non direi che questo sia un problema che si ritrova solo sulla scena artistica ghanese, tuttavia è una realtà con cui dobbiamo fare i conti. Ma siamo felici di vedere un numero sempre crescente di donne che scelgono l’arte come professione.
In che modo la Galleria ha cambiato il modo in cui le persone ad Accra guardano all’arte contemporanea?
Spero che il nostro lavoro sia servito a dimostrare che essere un artista può rappresentare una carriera appagante e realizzabile e che, per chi ha i mezzi per farlo, investire nella scena artistica locale è un’azione importante nell’ottica della costruzione del futuro del nostro Paese. L’arte può cambiare le prospettive in modo positivo e costruire relazioni personali, così come può far nascere vere e proprie comunità. Il nostro obiettivo è concentrarci su quelle che gravitano nell’orbita delle nostre gallerie e incoraggiare le persone a farne parte, sia come pubblico, sia come artista, o come sostenitore. Speriamo di aver alleviato lo sconforto di coloro che sentivano come l’arte contemporanea fosse fuori dalla loro portata, e penso che il successo di pubblico riscosso dalle nostre inaugurazioni e dalle conferenze che si sono tenute ad Accra ne sia una testimonianza.
Cosa sta facendo il governo del Ghana per sostenere la cultura nel Paese? Ci sono bandi e programmi specifici cui anche la Galleria può partecipare?
L’interesse e il sostegno del governo verso la cultura sono in rapida crescita, come dimostra la partecipazione del Ghana alle ultime due edizioni della Biennale di Venezia, ma è un sostegno ancora significativamente meno strutturato rispetto a quello di altri governi in altri Paesi. Vorremmo infatti vedere il sostegno del governo all’istruzione di base, così come agli istituti di istruzione superiore, dai licei alle università. A parte la Kwame Nkrumah University of Science and Technology, nella città di Kumasi, non ci sono molte altre istituzioni dove studiare arte a livello universitario.
Stiamo comunque assistendo alla nascita di molte nuove istituzioni educative artistiche in Ghana e in tutto il continente africano, in particolare quelle guidate da artisti come il Savannah Center for Contemporary Art di Ibrahim Mahama o il Black Rock Senegal di Kehinde Wiley. Molti artisti, poi, cercano supporto e formazione direttamente presso artisti già arrivati al successo internazionale.
– Niccolò Lucarelli
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