Intervista a Giovanni Fontana, teorico della poesia epigenetica
Ripercorre la storia di uno degli autori che hanno lavorato sulla poesia visiva e su quella pre-testuale il libro “Inventario”. Ne abbiamo parlato con il suo protagonista, Giovanni Fontana
Giovanni Fontana (Frosinone, 1946), “poliartista” precursore della poetica pre-testuale e della poesia epigenetica, si racconta nel suo ultimo libro Inventario, pubblicato dalle Edizioni Milella di Lecce. È un viaggio tra i ricordi, le esperienze e le conoscenze più significative di Fontana, che attraversa il percorso creativo del performer e sperimentatore della poesia visiva, sonora e lineare. Un iter costellato anche da teorizzazioni e continue ricerche nell’ambito verbovisivo. Lo abbiamo intervistato.
INTERVISTA A GIOVANNI FONTANA
Nel tuo ultimo libro, Inventario, racconti le tappe esistenziali che hanno caratterizzato la tua poetica verbovisiva: dalla ricerca sulle neoavanguardie e sulla poesia visiva del Gruppo Settanta alla teorizzazione della poetica pre-testuale e della poesia epigenetica, narrando episodi e ricordi legati alla conoscenza di personaggi tra i quali Cesare Zavattini, Adriano Spatola, Ennio Morricone, John Giorno. Qual è la genesi di quest’opera?
L’opera nasce grazie a una sollecitazione di Salvatore Luperto, creatore della collana “Asserzioni” per le Edizioni Milella di Lecce, dove gli autori parlano si sé e di chi li ha accompagnati nel percorso dell’esperienza artistica. Luperto dichiara che “l’asserzione è un’affermazione che scopre il significato di una circostanza”. Nel mio Inventario faccio proprio questo: racconto di quelle relazioni che hanno lasciato segni particolari nella mia vita creativa. Si tratta di un libro che probabilmente non avrei mai scritto se non fossi stato sollecitato dall’amico Luperto, sempre alla ricerca di nessi tra le opere e le biografie degli artisti. Per questo lo ringrazio. Tra l’altro, posso dire che la composizione dei brevi testi raccolti nel libro, giocata tra rendiconto e memoria, tra scorci poetici e prospettive teoriche, mi ha appassionato a tal punto che già sto pensando a una ripresa del lavoro. Chissà? Forse il prossimo anno avremo un secondo volume!
Nell’ambito della poesia pre-tesuale che contrassegna la tua performance e nella sperimentazione della poesia epigenetica, la voce assume una funzione fondamentale rispetto alla scrittura: la poiesis genera “una nuova tessitura, un sistema articolato di logos, phonè e rythmos”. Qual è il ruolo della voce nella poesia sonora nell’attuale società dell’iperreale profetizzata da Baudrillard?
Nella società dell’iperreale, quella che sembra moltiplicare l’effetto di realtà, ma che praticamente ce ne allontana sempre di più, tra mistificazioni e false aspettative, tra continui condizionamenti e simulacri effimeri, è sempre più forte la necessità della centralità del corpo. Dobbiamo riappropriarcene in tutta la sua materialità, a discapito del nostro corpo virtuale, nell’intento di rinforzare le relazioni di spessore umano, che appaiono sempre più esili e labili. Per questo, il mio lavoro, che pure si articola in una dimensione intermediale, tra tecnologie elettroniche e digitali, tende a recuperare nell’atto performativo il valore della voce come corpo, come presenza reale, come strumento di relazione etica ed estetica. La performance poetica è un evento nomade nel cui centro vibra una voce reale in cerca di relazioni umane.
Qual è, a tuo avviso, la finalità del superamento della “separazione delle arti” attraverso la performance, dunque della tensione verso la poesia totale?
La finalità è quella di garantire al gesto creativo la sua integrità. In questo senso il superamento delle barriere disciplinari è una necessità. Ormai costituisce una pratica ampiamente applicata, non solo nel mondo dell’arte. D’altra parte sappiamo bene che caratterizzava già la poesia delle origini, dove la parola sostenuta dalla voce, la musica, la danza e le relazioni con il pubblico definivano un evento totalizzante. Ma il concetto di “poesia totale”, così come espresso dal poeta Adriano Spatola, si spingeva oltre il semplice superamento degli ambiti disciplinari, procedendo verso forme sempre più aperte alla collaborazione con il pubblico.
‒ Cecilia Pavone
http://www.epigeneticpoetry.altervista.org/
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