I dimenticati dell’arte. Albino Pierro, il poeta dialettale
L'indagine sui dimenticati delle arti giunge oggi nel campo della poesia dialettale. Per scoprire Albino Pierro, originario della Basilicata e più volte in odore di Nobel
Tante volte è stato vicino al premio Nobel, che purtroppo non è mai arrivato. Eppure la qualità di Albino Pierro (Tursi, 1916 – Roma, 1996) come poeta dialettale è indiscussa, anche se la sua esistenza non è stata delle più facili.
LA VITA DI ALBINO PIERRO
Albino nasce nel 1916 a Tursi, un piccolo borgo in provincia di Matera: il padre Giuseppe Salvatore è un proprietario terriero, mentre la madre Margherita fa la maestra elementare. Purtroppo, poco dopo la sua nascita la madre muore: il padre si risposa e il piccolo Albino viene allevato dalle due zie nubili, Assunta e Giuditta, figure fondamentali della sua infanzia. Dopo la scuola elementare si trasferisce prima a Taranto e poi a Salerno, per cominciare il liceo a Sulmona e infine in Friuli, a Tarvisio, per seguire il cugino Guido, insegnante. Ma gli studi sembrano al vivace ed irrequieto Albino troppo costrittivi, quindi li abbandona per dedicarsi a un percorso di letture personali, che vanno dai lirici greci ai poeti latini, da Dante fino ai poeti dell’Ottocento italiano, come Foscolo e Leopardi.
A vent’anni segue il cugino a Novara, dove comincia a studiare musica con buoni risultati, ma presto abbandona anche questa strada. Nel 1939 si trasferisce a Lanuvio, dove suo fratello Maurizio era maestro elementare, e da lì a Roma, dove termina gli studi magistrali per poi laurearsi in pedagogia cinque anni dopo.
L’ATTIVITÀ LETTERARIA DI PIERRO
Nel frattempo collabora con le riviste Rassegna Nazionale e Il Balilla e sposa Elvira Nardone, madre della sua unica figlia Maria Rita, nata nel 1943. All’inizio degli Anni Quaranta comincia anche la sua attività poetica, prima in italiano e poi in dialetto, mentre svolge la professione di professore di filosofia al liceo. Ogni estate lascia Roma per trascorrere le vacanze a Tursi e rinnovare così la sua vena poetica, che col passare degli anni si rivolge sempre di più alla poesia dialettale.
Il passaggio alla “parlèta frisca di paìse” avviene nel 1959, durante un soggiorno nella terra natia. Albino lo giustifica così: “Forse il bisogno di testimoniare meglio le mie origini più autentiche sarà stato ridestato dall’assenza, dalla distanza. Si trattò di recuperare un linguaggio che era appartenuto al mio passato e al passato della mia gente”.
Le poesie trattano temi legati alla memoria e all’amore, oltre a una sorta di vagheggiamento del paesaggio lucano. “Il territorio di Tursi, fatto di colline brulle e burroni, ma a valle ricco di campagna verdeggiante, si trasforma in un paesaggio interiore in grado di rappresentare l’intera gamma dei moti di un animo sempre altalenante tra stati di euforia e di abbattimento”, spiega Pasquale Stoppelli.
LA FORTUNA TARDA DI ALBINO PIERRO
I riconoscimenti da parte del mondo letterario arrivano solo a partire dagli Anni Ottanta , quando l’Università di Stoccolma lo invita a una lettura di poesie (1982), mentre nel 1992 l’Università della Basilicata gli assegna una laurea honoris causa. Oggi la figura di Albino Pierro è protagonista della casa museo a Tursi, che ospita il Museo della Poesia Pierriana e il Centro Studi Albino Pierro Onlus, mentre Tursi gli ha dedicato un parco letterario.
– Ludovico Pratesi
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