Essere una giovane curatrice alla Biennale di Venezia. Intervista a Liv Cuniberti
Ormai da mesi la Biennale Arte diretta da Cecilia Alemani sta tenendo alta l’attenzione di esperti e appassionati, che potranno visitarla fino al 27 novembre. Intanto noi abbiamo intervistato Liv Cuniberti, parte del team di curatori
La giovane storica dell’arte e curatrice Liv Cuniberti è entrata a fare parte del team di Cecilia Alemani nell’ambito della 59esima Biennale Arte, intitolata Il latte dei sogni. Cuniberti ha vissuto tra Londra e Venezia, dove ha collaborato con diverse istituzioni museali e gallerie. Si è formata presso il Courtauld Institute of Art e oggi sta ultimando i suoi studi in ambito curatoriale al Bard Collage di New York. Le abbiamo chiesto di raccontarci cosa significhi avvicinarsi al mondo della curatela.
Hai affiancato Cecilia Alemani nella realizzazione di questa “grande macchina”, da dove nasce il frutto di questa collaborazione?
Ho iniziato a lavorare con Cecilia Alemani già nell’estate del 2020, grazie a un programma interno alla mia università – a oggi sto terminando i miei studi presso il CCS Bard –, che prevede la collaborazione con un curatore senior nella realizzazione di una mostra o evento artistico. Per cominciare ho partecipato alla ricerca e all’allestimento della mostra Le Muse Inquiete: La Biennale di Venezia di fronte alla storia, con Cecilia Alemani e Marta Papini, l’attuale artistic organiser di Biennale Arte.
In cosa consisteva la tua ricerca in quella occasione?
La mostra è stata realizzata nel Padiglione Centrale dei Giardini (29 agosto – 8 dicembre 2020), per celebrare i 125 anni di Biennale. Il mio focus era sull’architettura dei padiglioni nazionali, al fine di documentare e tracciare le modifiche strutturali dalla loro edificazione fino a oggi. Uno dei miei compiti è stato quello di reperire i materiali da esporre in mostra, così ho passato giornate intere nell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC) che si trova a Porto Marghera.
LA BIENNALE DI VENEZIA SECONDO LIV CUNIBERTI
Che cosa significa addentrarsi nel mondo della Biennale di Venezia, istituzione che ha una ampia visibilità sia a livello sociale sia politico?
Come dici tu, la Biennale ha una presenza ben connotata sul piano sociopolitico, ma aggiungerei anche sul mercato. Sin dalla sua fondazione si contraddistingue per avere forti implicazioni politiche, differentemente da altre istituzioni, come ad esempio Documenta. Penso si possa affermare che la Biennale degli ultimi anni sia diventata troppo convenzionale e poco sperimentale perché legata agli ideali egemonici occidentali. Ritengo però che questa particolare edizione si sia staccata dalle tendenze comuni e abbia cercato di anticipare nuove forme di dialogo.
E il confronto con una curatrice come Alemani?
Per quanto riguarda Cecilia, anche lei è una figura istituzionale, parliamo di una curatrice estremamente esperta. Eppure è insolitamente amichevole e si preoccupa che il lavoro di tutte le persone coinvolte venga preso in considerazione.
Hai collaborato con diverse gallerie e istituzioni museali internazionali: ritieni che le opportunità di lavoro per i giovani in questo campo siano differenti all’estero rispetto all’Italia?
Ho lavorato diversi anni a Venezia e ho partecipato a diverse residenze, però non mi sono interrogata sulle opportunità lavorative dei miei coetanei e colleghi che si sono formati in Italia. All’estero è normale ottenere degli internship con istituzioni internazionali che ti danno la possibilità di conoscere nuove realtà ma soprattutto di fare esperienza sul campo.
‒ Noemi Tumminelli
Articolo elaborato nell’ambito del primo anno di corso di Critical Writing, Biennio in Arti Visive e Studi Curatoriali, NABA – Nuova Accademia di Belle Arti, a.a. 2021/2022
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