Laboratorio illustratori. Intervista a Marjani, la volpe sarda
“Se Murakami venisse da me e mi dicesse di illustrare Norwegian Wood, ecco, sarebbe veramente bellissimo”. Abbiamo intervistato Gianluca Marras, artista cagliaritano classe 1979. Che per l'occasione ci ha regalato due opere inedite
Gianluca Marras, il cui pseudonimo è Marjani, che tradotto dal sardo significa “volpe”, nasce a Cagliari nel 1979. Esordisce con un character design tragico e grottesco scaturito dalla commistione fra maschere tradizionali locali e orientali, per approdare a una figurazione nostalgica e malinconica più classica, che si somma a suggestioni estetiche derivanti dall’universo nipponico.
La tua formazione?
Vengo da un percorso di studi umanistici, non specificamente artistico. La mia formazione classica influisce profondamente sulla mia poetica, tanto da avere un approccio quasi letterario al disegno.
Quali sono gli illustratori a cui guardi?
Non ho modelli illustrativi specifici. Apprezzo e stimo molti illustratori, ho sicuramente sviluppato nel tempo una predilezione per le illustrazioni vintage e minimali, ma la mia ispirazione non ha precisi punti di riferimento ed è tendenzialmente caratterizzata dalla multidisciplinarietà.
Come definisci la tua ricerca?
La mia ricerca si concentra essenzialmente sul tratto, l’elemento forse in grado di identificarmi maggiormente. Scarnificarlo, renderlo essenziale ed espressivo a prescindere da quello che disegno e o illustro, a prescindere dallo stile, che spesso è una gabbia, è la mia meta. Ovviamente è un percorso che non si conclude mai.
Quali tecniche preferisci utilizzare?
Digitale. Disegno molto con foglio 6b e matita, ma la finalizzazione dei miei lavori è sempre digitale. Questa scelta risponde ad alcune mie esigenze espressive, e principalmente a quella di un pieno controllo delle tavole. D’altro canto non ho mai usato il vettoriale, e il mio utilizzo del digitale è quasi definibile come un analogico elettronico. Per me è fondamentale che il mio tratto rimanga caldo e “manuale”.
Descrivimi il processo creativo di una tua illustrazione.
Non ho un unico processo creativo. Di solito parto da un’idea di massima e cerco di svilupparne gli elementi essenziali in poco tempo per poi lavorare meticolosamente su composizione e palette.
I tuoi gusti in merito a cinema e musica.
Sono tendenzialmente onnivoro. Amo moltissimo sia il cinema che la musica. Nutro un’autentica venerazione per Studio Ghibli e per Wes Anderson. Ascolto moltissima musica, senza generi specifici, anche se la mia tazza di tè è la musica elettronica. Ho anche un feticismo per il rap italiano.
Cosa sogni di illustrare?
Se Murakami venisse da me e mi dicesse di illustrare Norwegian Wood, ecco, sarebbe veramente bellissimo.
Qual è il tuo concetto di bellezza?
È una domanda stupenda ma è difficilissimo rispondere. Identifico ancora la bellezza con la malinconia e la associo al concetto di tempo. La bellezza è impermanente.
A cosa lavori e quali sono i progetti futuri?
Lavoro al progetto più difficile della mia vita. Un racconto della mia famiglia per immagini: una sorta di autoanalisi che mi sto concedendo e che sto sviluppando con la gallerista e curatrice Chiara Manca.
‒ Roberta Vanali
https://www.instagram.com/marjaneddu/
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #65-66
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