Gli artisti e la ceramica. Intervista ad Andrea Sala
Dall’Italia al Canada e ritorno: l’artista Andrea Sala descrive il suo legame con la ceramica e con le resistenze che questo materiale innesca. Riservando sempre delle sorprese
Materiale imprevedibile per eccellenza, la ceramica è la sfida che Andrea Sala (Como, 1976) ha affrontato negli ultimi anni. Dando vita a una ricerca che dall’Italia ha raggiunto il Canada e poi è tornata a “casa”. Ne abbiamo parlato con lui.
Il tuo primo incontro con la ceramica è avvenuto a Montelupo, dove eri stato invitato da Matteo Zauli. Come hai vissuto quell’invito e la sfida a lavorare con una materia che non conoscevi?
Con l’esperienza a Montelupo ho avuto il mio primo contatto diretto con la ceramica. L’invito di Matteo Zauli è arrivato al momento giusto perché da alcuni mesi lavoravo su una serie di modelli di sculture la cui forma derivava da immagini di stufe, oggetti che appartengono alla quotidianità e che sono spesso il centro della vita domestica. È stato quindi immediato pensare di sviluppare con la ceramica questa serie di nuove sculture attratto anche dall’indagare potenzialità e misteri di un materiale che non avevo ancora mai affrontato. La centralità del calore nel processo di lavorazione è diventato, a quel punto in modo completo, l’elemento chiave di lettura e costruzione del lavoro, prendendo le distanze dal processo di modellazione per concentrarmi più sulla semplicità e su possibili resistenze della ceramica alla mia progettazione.
Dopo quel primo incontro hai deciso di adottarla nuovamente. Cosa è che non puoi (o non vuoi) fare con altri materiali e che ti riporta alla ceramica?
Ho usato in altre occasioni la ceramica quando la questione della resistenza e reazione del materiale al calore era fondamentale e necessario per la realizzazione delle nuove sculture. Ho sempre mantenuto quindi lo stesso approccio avuto nel caso delle stufe. In genere non mi affeziono a una particolare tecnica o materiale, ma sono sempre da me scelti come elementi necessari, tanto quanto forma e colore, alla realizzazione di ogni opera. La ceramica, con il suo legame alla primordialità, racconta una storia di semplicità che attraversa la storia dell’uomo ed è per me affascinante pensare a un foglio di argilla che diventa una lastra con la quale costruire le mie forme.
LA CERAMICA E IL RAPPORTO CON GLI ARTIGIANI
Hai più volte sottolineato le tue origini brianzole, una terra che è stata indubbiamente il centro di quella fondamentale collaborazione tra progettisti e artigiani, dando vita a molti iconici prodotti. Immagino che con queste premesse il tuo incontro con gli artigiani della ceramica non sia arrivato come una sorpresa. Hai riscontrato però delle specificità nelle realtà artigianali ceramiche se paragonate al mondo a te più vicino?
Giustamente, come hai detto tu, gran parte del mio lavoro si basa sul rapporto con l’artigiano e lo strumento sapiente e nell’incontro con realtà ceramiche ho scoperto molte similitudini con altri mondi artigianali da me esplorati. Ma la grande differenza di approccio deriva dalla natura del materiale stesso, dall’incognita di come l’argilla reagirà al calore e di quanto il risultato sarà aderente o si discosterà dall’immagine che avevo visualizzato.
Ugo La Pietra è stato un tuo docente e hai dichiarato in più occasioni l’importanza di certe esperienze condotte con lui, prima fra tutte la frequentazione degli artigiani e la cultura del genius loci. Come è stato lavorare con queste premesse in Canada durante i tuoi anni lì? E soprattutto: è ancora possibile parlarne in Italia?
L’esperienza canadese ha sicuramente segnato una svolta nel mio modo di lavorare. La mancanza di una rete di artigiani alla quale ero abituato mi ha costretto a cambiare approccio e, in un certo senso, costruire un “nuovo mondo”. Ecco perché ho sentito l’esigenza di dare il titolo Nuovo Mondo alla mia prima mostra in Canada, un modo ironico per sottolineare l’inizio di una storia diversa che non poteva più comprendere la possibilità del rapporto con artigiani tramite i quali le complessità e potenzialità dei materiali potevano essere piegate alle mie intenzioni. Tornare in Italia e a quella possibilità è stato per me importante, ma con una consapevolezza diversa che viene da quell’esperienza fondamentale.
ANDREA SALA DAL CANADA A MILANO
Hai citato la tua prima mostra in Canada, ti chiederei allora di raccontarci la tua ultima mostra a Milano, dove la ceramica era presente. Come si integravano i lavori in ceramica all’interno della ricerca?
In Pulisci i piedi e lavati le mani, titolo della mostra alla Galleria Schiavo Zoppelli, il tema principale erano le relazioni tra i gesti e le sculture: partendo dall’idea di spazio domestico e delle sue regole, la mostra esplorava l’idea di misure e posizioni appartenenti agli oggetti di uso comune, appropriandosi anche delle abitudini e consuetudini che li coinvolgono e aprendo così le forme scultoree a una dimensione aperta e sospesa che supera quella reale.
Con questa ambizione è stato per me evidente che dovessi “lasciare in purezza” le superfici per restituire quanto più possibile una percezione primaria dell’oggetto. Due delle sculture principali sono in terracotta priva di qualsiasi finitura, a suggerire anche il processo primitivo che ha dato origine all’oggetto e ne ha definito la prima forma.
Irene Biolchini
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