I dimenticati dell’arte. Annamaria Tosini, artista della cartapesta
Gioia, armonia, ma anche eventi drammatici e traumi: tutto questo è confluito nell’esistenza di Annamaria Tosini, che, rinchiusa in una struttura per malati di mente, trovò nella cartapesta un mezzo espressivo fondamentale
“Se non sarò più segnalate questa mia storia”. Così Annamaria Tosini (Palermo, 1930-2013) chiede alla sua cara amica, la storica dell’arte Eva Di Stefano, di essere ricordata pochi mesi prima di morire. Siamo nel 2012, in una casa di riposo in Sicilia che Annamaria aveva riempito con le sue opere d’arte: disegni alle pareti e piccole sculture fatte di materiali riciclati di ogni genere, dai tovaglioli di carta alla carta da pane e da pacchi, foglie, bucce d’arancia essiccate, nastri, vassoi di cartone per dolci, frammenti di tessuto o elastici. Un mondo incantato che subisce una battuta d’arresto il 13 maggio 2013, quando la Tosini viene a mancare e con lei il suo universo di artista autodidatta, così poetico e gioioso. Grazie all’intervento dell’Osservatorio Outsider Art si salvano 94 opere, che Eva di Stefano espone nel 2013 all’Orto Botanico di Palermo, in omaggio alla sua amica, nata a Palermo il 25 agosto 1930 da Silvia Cottone e Giuseppe Tosini, un imprenditore della carta di origini venete, fondatore di una tipografia.
LA STORIA DI ANNAMARIA TOSINI
Annamaria trascorre un’infanzia agiata in contatto con la natura, si appassiona alla musica e nel 1955 sposa l’ingegner Francesco Gambino, padre dei suoi due figli, Marco e Alessandro. In questi anni si dedica alla vita domestica, e la sua casa diventa sede di uno dei salotti più ambiti della città, dove ospita performance teatrali e musicali oltre a banchetti ravvivati da esuberanti allestimenti ideati da Annamaria con grande creatività, sia a Palermo che nella villa di famiglia a Casteldaccia, dove crea un giardino fantastico, pubblicato in un articolo su Marie Claire nel 1984 che elogia la sua “immaginazione poetica”. “Un’opera d’arte totale” ‒ scrive Eva di Stefano ‒ “dove la creatività plasma e asseconda la natura e dove ondeggiano al vento gocce di cristallo sospese ai rami, paradiso dei fotografi e labirinto dove si addentra il grande Borges con Maria Kodama in visita a Palermo e suo ospite nel marzo del 1984”. Sono anni felici, seguiti molto presto dai primi problemi economici del marito, che non riesce più a superare alcune difficoltà, legate alla mafia e alla corruzione, nella sua attività di imprenditore edile. Un progressivo scivolamento verso il fallimento e la successiva morte dell’ingegner Gambino, avvenuta nel 1997. Un evento drammatico rifiutato dalla moglie, che si rinchiude col figlio Alessandro a Casteldaccia per difendere il giardino.
L’ARTE DI ANNAMARIA TOSINI
A seguito di questo trauma la Tosini viene rinchiusa in una struttura assistenziale per malati di mente, dove trascorre le giornate ad ascoltare musica classica da una radiolina, in compagnia della sua compagna di camera, una donna schizofrenica alla quale dedica una serie di ritratti e alcune sculture. Scrive memoriali, lettere, poesie o semplici appunti di ciò che sente alla radio. E usa i materiali più umili per trasformarli in opere d’arte, come i grandi cappelli di cartapesta, forse tra i lavori più rappresentativi: “Grandi cappelli come sculture indossabili che portano all’esterno ciò che sta dentro la testa: sogni, pensieri, giardini, nuvole, montagne”, aggiunge Eva di Stefano. La storia di Annamaria Tosini verrà presto raccontata dal figlio Marco, che sta scrivendo un film dedicato alla vita intensa ma turbolenta di sua madre.
Ludovico Pratesi
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