I dimenticati dell’arte. Beniamino Dal Fabbro, l’intellettuale che previde le fake news
Letteratura e musica furono alcune delle passioni di Beniamino Dal Fabbro, che con grande lungimiranza ha anticipato il concetto di analfabetismo funzionale, immaginando la morte della lingua italiana
Difficile definire un personaggio trasversale e multidisciplinare come Beniamino Dal Fabbro (Belluno, 1910 ‒ Milano, 1989), che ha attraversato la scena culturale italiana come il bagliore di una cometa.
LA STORIA DI BENIAMINO DAL FABBRO
Beniamino nasce a Belluno, figlio di Francesco, Segretario generale dell’Amministrazione provinciale, e di Ada Guarnieri. Da piccolo si trasferisce a Firenze con la famiglia a causa della Prima Guerra Mondiale, e sulle rive dell’Arno frequenta le scuole elementari, per poi proseguire i suoi studi prima a Belluno, per terminare il liceo classico, e infine a Padova, dove si laurea nel 1933 in Giurisprudenza. Ma le aule dei tribunali non fanno per lui, visto che quattro anni dopo lo troviamo a Milano, dove ha i primi contatti con il mondo intellettuale e artistico. Inizia fin da subito a collaborare con diverse riviste letterarie come Campo di Marte, Corrente, Letteratura e L’Ambrosiano. Anni difficili per un letterato con pochi mezzi, che vive tra la camera ammobiliata, dove di suo non ha che libri, e i caffè. Si tratta di una solitudine che subordina qualsiasi esigenza alla vocazione per la poesia e all’indipendenza personale, resa ancora più pesante da una salute cagionevole. Beniamino è sostenuto dalla forza che gli viene da un temperamento ardente e da un’intelligenza lucida, ma insofferente a qualsiasi condizionamento e refrattaria ai compromessi. Nel 1943 trascorre un anno nella natia Belluno, che definisce come Villapluvia, amata ma anche criticata per la sua dimensione provinciale. Tornato a Milano, si immerge di nuovo nei circoli culturali e comincia un’attività di traduttore di testi stranieri, sia in prosa che in versi, di autori come Flaubert, Camus e Baudelaire. Alla letteratura si unisce la passione per la musica: suona il piano ed è un profondo conoscitore del settore, tanto da ricoprire per molti anni il ruolo di critico musicale prima per la testata Milano-Sera e poi per Il Giorno. Una posizione che esercita con grande coraggio e rigore, tanto da venire querelato nel 1958 per diffamazione da Maria Callas, a seguito di una critica relativa a un’edizione di Anna Bolena alla Scala pubblicata su Il Giorno, ma alla fine del processo Dal Fabbro viene assolto.
BENIAMINO DAL FABBRO TRA MUSICA E LETTERATURA
Negli ultimi anni della sua vita ricopre il ruolo di critico musicale per Avvenire, dal 1968 al 1982: la conclusione della sua esistenza, tra malattia e difficoltà economiche, viene alleviata dalla sua compagna Gigliola Beratto, che dal 1955 gli è stata vicino con grande dedizione. Tra i suoi scritti spicca Etaoin, pubblicato nel 1971 da Feltrinelli, dove anticipa il mondo attuale, parlando di fake news, analfabetismo funzionale e morte della lingua italiana, in un testo esplosivo che Max Boschini ha definito “un’accesa invettiva contro le convenzioni e l’intera industria editoriale”. Dal Fabbro è stata una voce fuori dal coro, che non ha ancora avuto il riconoscimento che merita. Oggi l’archivio dello scrittore, che conta più di 10mila documenti, è stato donato dalla Beratto alla Biblioteca Civica di Belluno.
Ludovico Pratesi
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