Chi è Adriano Pedrosa, alla guida della prossima Biennale Arte di Venezia
Identità, territorio e sessualità sono solo alcune delle tematiche affrontate da Adriano Pedrosa, curatore brasiliano chiamato a dirigere la 60esima Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia
Sarà Adriano Pedrosa (Rio de Janeiro, 1965) a dirigere la Biennale Arte di Venezia 2024, che segnerà la 60esima edizione di uno dei maggiori eventi d’arte contemporanea nel mondo. Per la prima volta, la curatela della Biennale viene assegnata a un latino-americano, dimostrando la crescente attenzione dell’istituzione nei confronti di un sistema artistico sempre più globale. I numeri da record della 59esima Biennale, curata da Cecilia Alemani, alzano l’asticella, così come le aspettative: il curriculum di Adriano Pedrosa, tuttavia, parla da sé.
CHI È ADRIANO PEDROSA
Dopo gli studi universitari in legge ed economia conseguiti a Rio de Janeiro, e una specializzazione in Arte e scrittura critica al California Institute of the Arts, Pedrosa intraprende una carriera costruita su numerosi e prestigiosi incarichi istituzionali in tutto il mondo, tra cui: curatore della 24esima Biennale di San Paolo nel 1998 e co-curatore della 27esima edizione della stessa nel 2006, nonché co-curatore della 12esima Biennale di Istanbul (2011) e curatore del padiglione di San Paolo alla nona Biennale di Shanghai (2012).
Agli importanti ruoli curatoriali Pedrosa ha sempre affiancato un’ampia attività critica: i suoi articoli sono apparsi sulle edizioni online e cartacee di riviste come Artforum, Flash Art, Mousse, Frieze. Dal 2014 è direttore artistico del MASP – Museu de Arte de São Paulo Assis Chateaubriand, progettato da Lina Bo Bardi.
LA PRATICA CURATORIALE DI ADRIANO PEDROSA
Sotto la direzione di Pedrosa, la programmazione del MASP ha assunto una precisa linea espositiva, ogni anno organizzata intorno a determinate tematiche socio-politiche e costantemente in dialogo con la collezione permanente del museo. Il 2017, per esempio, fu dedicato alla sessualità e all’erotismo, con le mostre degli artisti contemporanei Teresinha Soares e Miguel Rio Branco, ma anche riscoprendo i maestri del passato (come Henri de Toulouse-Lautrec) e il loro dialogo con il presente. Nel 2018, attraverso il ciclo espositivo Storie Afroatlantiche, Pedrosa dà voce ad artisti come Rubem Valentim ed Emanoel Araujo, che riflettono sul peso storico della tratta degli schiavi africani e sul ruolo del Brasile in particolare. Non mancano i temi del femminismo (protagonista delle esposizioni realizzate dal museo nel 2019) e dell’infanzia (2016), ma anche focus dedicati a un particolare mezzo espressivo, quello della danza e della coreografia, in cui si stratificano le istanze dell’identità, della tradizione e del corpo. Quelle che fanno da sfondo ai cicli espositivi curati da Pedrosa, come rivela egli stesso a Louise Neri in un’intervista per Gagosian Quarterly del 2020, sono “storie inclusive e polifoniche, ma anche processuali, frammentarie e incomplete”.
Appare chiaro che nelle pratiche curatoriali di Pedrosa, così come nei suoi diversi articoli, la ricerca artistica è necessariamente accompagnata da studi di tipo etnografico e antropologico, volti a indagare i fenomeni sociali del presente a partire dalle loro radici storiche e territoriali.
COME SARÀ LA BIENNALE DI ADRIANO PEDROSA
È lecito aspettarsi, dunque, una Biennale fortemente interessata alle culture e ai soggetti che, nel corso dei secoli, hanno sofferto di una posizione marginale, tanto nel panorama artistico quanto in quello sociale. Come spiega il presidente della Biennale di Venezia, Roberto Cicutto, “la scelta di Adriano Pedrosa come curatore della 60. Esposizione Internazionale d’Arte è il frutto di un processo partito dall’esperienza maturata con il lavoro fatto da Cecilia Alemani”.
Si tratta, infatti, di una decisione che, in fatto di sensibilità nei confronti di temi sociali quali l’inclusività etnica, si pone in linea con l’edizione precedente, pur costituendo un punto di vista interno e, proprio per questo, inedito per le rappresentazioni delle culture non occidentali a livello istituzionale. Parlando degli artisti selezionati per le mostre del MASP in un’intervista rilasciata a CFA – Conceptual Fine Arts nel 2016, Pedrosa ne sottolinea l’estraneità rispetto al “sistema ortodosso dell’arte e del suo mercato”. Possiamo ritenere plausibile, di conseguenza, una medesima sensibilità nelle scelte per la Biennale che verrà. In attesa di novità sul tema della rassegna lagunare, così come sulle diverse partecipazioni nazionali, non possiamo che congratularci con Adriano Pedrosa per la nomina e augurargli un buon lavoro per i prossimi (intensi) mesi.
Alberto Villa
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