I dimenticati dell’arte. Raffaele Carrieri, il critico d’arte marinaio
Prima di approdare all’arte e alla scrittura, Raffaele Carrieri fu pastore, marinaio, doganiere. Parigi e Milano contribuirono a formare la sua creatività e il suo spirito critico. Ecco tutta la storia
Da ragazzo è stato pastore, doganiere, marinaio e gabelliere, mentre in età matura era considerato uno degli scrittori d’arte più sensibili e acuti del suo tempo. Le origini di Raffaele Carrieri (Taranto, 1905 – Pietrasanta, 1984) sono oscure: nato a Taranto da Aldo Giuseppe e Maria Immacolata Petruzzi, a tredici anni Raffaele scappa di casa e si imbarca come clandestino su un battello, sbarca in Albania e arriva a piedi fino in Montenegro, per vivere sulle montagne insieme ai pastori. Tornato in Italia, nel 1920 viene attirato dai proclami di Gabriele d’Annunzio, partecipa agli scontri del “Natale di Sangue” a Fiume e viene ferito, perdendo l’uso della mano sinistra. Quattro anni dopo è a Palermo, dove si impiega come doganiere, per poi viaggiare nel Mediterraneo da marinaio prima di trasferirsi per cinque anni a Parigi, città nella quale comincia a scrivere poesie ed entra in contatto con gli ambienti dell’avanguardia artistica e letteraria. All’ombra della Tour Eiffel si guadagna da vivere posando come modello per giovani pittori, tra i quali Pablo Picasso, per poi essere assunto come sguattero in un ristorante di lusso: nel 1930, a causa delle difficoltà economiche, va a vivere a Milano, dove rimane tutta la vita. Nel capoluogo lombardo cerca in tutti i modi di esercitare l’attività di scrittore, collaborando come critico d’arte a testate di prestigio quali L’Illustrazione Italiana, Epoca e, in qualità di critico teatrale, a Milano Sera.
CARRIERI E LA SCRITTURA
Negli Anni Trenta pubblica una serie di romanzi, come La scoperta di Eva (1930), Turno di notte (1931), Fame a Montparnasse (1932), Quand’ero doganiere (1934) e Un milionario si ribella (1939). La scrittura di Carrieri è densa di spunti poetici vicini al Surrealismo, con l’uso frequente di immagini oniriche, tratteggiate da periodi brevi, simili a versi poetici:
“I cocci si muovono, formicolano, sciamano. Insetti di porcellana bianca e di ceralacca. Scaglie e pupille in tutti gli angoli. Le poltrone vomitano batuffoli d’ovatta grigia”. Non è un caso che nel decennio successivo la sua attività di poeta sia stata assai più apprezzata dalla critica, a seguito della pubblicazione di raccolte di versi, tra le quali spiccano Circo (1943), Lamento del gabelliere (1945), Souvenir caporal (1946), Manuale per gli amorosi (1948), La civetta (1949) e Il trovatore (1953), vincitore del premio Viareggio. Una produzione ispirata principalmente a esperienze vissute durante la sua giovinezza: “La mia poesia è tutta autobiografica; ispirata a fatti realmente accaduti, a viaggi, a soggiorni in paesi stranieri. La mia lunga permanenza a Parigi nella prima giovinezza la considero fondamentale per i molti incontri con gli artisti e i poeti d’avanguardia ora famosi”, dichiara lo stesso Carrieri, definito da Mario Praz “un eccentrico”.
CARRIERI E L’ARTE
Ma Carrieri è stato soprattutto un valido critico d’arte, curatore di una serie di monografie dedicate ad artisti come Piero Marussig (1942); Giorgio de Chirico (1942); Modigliani (1947); Marino Marini (1948); Campigli (1965) e Gentilini (1965).
“La forma di questa critica è tendenzialmente affidata, nella resa, all’esercizio del gusto, dell’intelligenza simpateticamente coinvolta, e soprattutto, della scrittura, della scelta accurata e studiata delle parole”, ha scritto Lucia Strappini. La sua casa milanese in via Borgonuovo era piena di libri, sculture d’arte africana e opere d’arte contemporanea, a testimonianza di una vita stimolante e avventurosa, che Carrieri ha attraversato da uomo libero e fuori dagli schemi.
Ludovico Pratesi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati