20 anni di carriera dell’artista Michael Rotondi: a Livorno affitta un negozio per celebrarli
L’artista noleggia per un mese un vecchio negozio su più piani dove costruisce una mostra da zero. Invitando amici musicisti, scrittori e altri artisti a interagire con le sue opere. Ne abbiamo parlato con lui
Se c’è un comune denominatore nel percorso artistico che ha maturato nel mondo della street art e della musica pop, punk e indie è quello del do it your self. Stiamo parlando di Michael Rotondi (Bari, 1977) che per celebrare 20 anni di carriera ha affittato un negozio abbandonato a Livorno per farci una mostra, autoallestita e autoprodotta. La zona è quella di Piazza Cavallotti, dove sorge il Mercato delle Vettovaglie, storico mercato coperto costruito a fine ’800. Qui un tempo c’era lo studio affittato nel 1909 da Amedeo Modigliani, dove ha scolpito quelle teste che si racconta fossero state buttate nel fosso: teatro nel 1984 della famosa storia – beffa. Ora è un quartiere periferico con molti spazi sfitti: uno di questi accoglie fino al 31 maggio la mostra-progetto, durante la quale Rotondi inviterà amici musicisti, scrittori e artisti a interagire con le sue opere, organizzando eventi in divenire. Per capire meglio l’operazione abbiamo fatto qualche domanda all’artista.
Come nasce il progetto 20 anni?
Il progetto nasce dalla necessità di portare un evento culturale nella zona mercato di Livorno, perchè quel centro è diventato una periferia con la crisi: molti negozi chiusi, spazi sfitti, attività cessate. Dopo più di 15 anni di militanza a Milano, dove ho costruito la mia carriera d’artista e lavorato all’idea anche di sistemi diversi dove si mette in gioco la relazione, lo spazio non convenzionale, la mostra come opera d’arte, sono tornato nella mia città. Non sono livornese di nascita, ma di adozione, sono cresciuto qui e sono tornato per portare la mia competenza al servizio della costruzione, là dove c’è da fondare nuove forze per la cultura partendo dal basso.
Come ti sei mosso per metterlo in pratica?
Ho cercato un negozio sfitto per questa idea dei 20 anni dalla mia prima personale in città, e volevo partire dal basso. Ho trovato questo spazio che nel tempo è stato macelleria, sala giochi, e outlet dal nome Mercatone. Ho giocato con la parola e l’ho chiamato Merc @ 1 spazio popolare con-temporaneo: il gioco è sull’apertura alla cittadinanza e sull’evento temporaneo.
E dal punto di vista finanziario?
Si tratta di una mostra auto-prodotta. Ho fatto un’offerta al padrone dello spazio per tenerlo un mese, ho chiesto una mano ed appoggio a realtà locali e al Comune che mi ha dato il patrocinio, quindi a tutti gli effetti diventa anche una mostra pubblica, appoggiata dall’Assessore alla Cultura Simone Lenzi che è molto sensibile a questa mia azione all’interno del quartiere di Piazza Cavallotti.
Cosa succederà dopo la conclusione del progetto?
Cosa succederà dopo non saprei, so che c’è un progetto di riqualificazione di alcune aree urbane come quella Nord degli Ex Macelli, dove vorrebbero ripristinare degli spazi da dare alla cultura, ma anche questa zona ne avrebbe bisogno. Allora mi sono rimboccato le maniche ed ho creato questa mostra che nel mese inviterà artisti anche del posto, musicisti più che altro, dato che vengo dalla musica e la situazione di musica alternativa è sempre stata molto forte a Livorno.
Che tipo di scena musicale c’è a Livorno?
Io l’ho sempre vista come Seattle e un tempo, nel 2005 feci una mostra dedicata ad alcune realtà musicali della città e Rolling Stone definì Livorno come Los Angeles per il volume di band che c’erano rispetto alla popolazione. E poi risultava, in rapporto alla popolazione, quasi più di quella di Los Angeles come percentuale sulla grandezza della metropoli.
Come hanno accolto i residenti il tuo progetto?
Le persone che vivono in zona e che hanno alcune attività che resistono vengono a trovarmi e sono incuriositi da questa mostra dentro un vecchio negozio: uno spazio grandissimo, una palazzina a due piani dove dedicherò un piano all’installazione di carte in bianco e nero dipinte che parlano di memoria collettiva ed al piano di sopra una zona solo dedicata all’animazione che è un mezzo espressivo a cui da circa 6 anni mi sono dedicato e che spesso nasce dall’esperienza di laboratori didattici, dove ne curo la regia e la super visione producendo video clip per artisti emergenti, opere animate, e film collettivi. Nel mezzo della mostra, poi, ogni settimana, ci sarà una performance musicale che darà il sonoro all’installazione ed allo spazio.
Che cosa ti auguri che inneschi questa mostra-progetto?
Spero che questa “azione culturale” serva da apri pista per nuove cose, ma sento che qualcosa succederà proprio perchè c’è la volontà dell’Amministrazione di seguire la cultura dal basso e stanno seguendo molto questo mio operato nella zona mercato. Dare una zona a un artista o a un gruppo d’artisti che ne possano gestire gli spazi e invitare artisti e realtà da altri posti per il nostro territorio ed interagire con il quartiere sarebbe uno dei miei obiettivi. Come entrare nel circuito della Biennale o di Manifesta e creare una mostra dislocata sul disegno, per esempio, che è un mio punto fisso: l’idea di avviare una riflessione sul disegno contemporaneo all’interno del contesto urbano, dismesso, abbandonato, da riqualificare.
Claudia Giraud
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