Intervista a Luca Di Gregorio. L’artista che decontestualizza il quotidiano
Un pennello deciso, colori intensi e immagini che raccontano la contemporaneità in tutta la sua es-senza. Questa è la pratica di Luca Di Gregorio, artista romano di soli vent’anni. Qui ci racconta la sua storia
Luca Di Gregorio (Roma, 2000) è un artista emergente italiano che si è diplomato quest’anno alla Rome University of Fine Arts. Nonostante la giovane età ha esposto in diverse collettive tra cui Multipli, esposizione al Rufa Space di Roma nel 2020 e L’Incontro, mostra del 2021 a Palazzo Ducale di Genova. Di Gregorio ha uno sguardo vivace e attento che sa cogliere momenti ordinari per poi trasformarli in dipinti affascinanti, in cui è piacevole immergersi.
Quando nasce Luca come artista?
Fin da piccolo i miei genitori mi hanno sempre portato a visitare musei e gallerie: sono dei grandi appassionati d’arte e cinema e hanno sempre cercato di trasmettermi questo amore. Ricordo che uno dei miei primi dipinti l’ho fatto quando avevo più o meno cinque anni, era una riproduzione dei Girasoli di Van Gogh (1853, Paesi Bassi-1890, Francia). Il quadro andò in un’asta di beneficenza organizzata dalle scuole e mia madre decise di comprarlo e appenderlo. Ad oggi ho molti dei miei quadri appesi dentro casa, ma pensare che il primo in assoluto è stato fatto all’incirca vent’anni fa, mi fa pensare che sto percorrendo i giusti passi. O forse mi dico così da solo, perché sento che non saprei fare altro.
Raccontaci la tua esperienza nel campo dello studio: ti sei appena diplomato, giusto?
Ho frequentato la Rome University of Fine Arts, dove ebbene si mi sono diplomato da poco. L’accademia mi ha sicuramente aiutato per quanto riguarda una serie di connessioni con il mondo esterno, anche se credo che la mia vera formazione sia avvenuta grazie ad artisti con cui ho avuto modo di lavorare in questo anni.
Dove lavori? Hai un atelier?
Inizialmente lavoravo sia a casa sia negli spazi accademici, ma con il passare del tempo ho iniziato sempre più a sentire l’esigenza di avere un luogo fisso di lavoro da poter chiamare studio. Per un anno ho cambiato un po’ di spazi, fino a quando nel 2021 insieme ad altri artisti abbiamo deciso di prenderci uno studio insieme, nella periferia di Roma, a Torre Maura. È un luogo magico, strabordante di colori e di rapporti umani.
Come descriveresti la tua pratica artistica? Lavori velocemente, o il tuo processo creativo è più lento e riflessivo?
La mia pratica è altalenante. Sono lento a pensare ad un’opera, ma rapido nel realizzarla. Naturalmente in base alle necessità della mia ricerca variano anche le tempistiche del lavoro.
Raccontaci la tua prima mostra. Come ti sei sentito?
La prima vera mostra è stata COSTRUZIONI PER, nel 2022 da Rufa space – pastificio cerere a Roma. Quest’esperienza mi ha aiutato a percepire ancor meglio il mio lavoro e mi ha dato una specie di conferma. È stato un momento molto bello ed intenso.
E quelle a seguire?
Successivamente ho partecipato ad altre collettive. Non sono troppo a caccia di mostre, naturalmente se capita l’occasione non mi tiro indietro ma attualmente sono più concentrato sulla mia ricerca e sul mio lavoro in studio.
I soggetti che dipingi hanno un’allure misteriosa ma allo stesso tempo sono così naturali, è come se raccontassero gli attimi che viviamo tutti noi ogni giorno…
I miei soggetti sono parte del mio quotidiano. Di loro mi interessa l’apertura e come si comportano come immagini. La mia pratica si concentra sulla decontestualizzazione di scenari quotidiani tratti dalla mia esperienza personale, attraverso la quale rifletto su come determinate immagini possano essere traducibili in altri contesti. Nell’ultimo periodo la mia ricerca si è soffermata sul mondo del lavoro e dei cantieri, ma ho anche trattato soggetti più anonimi e distaccati.
Raccontaci meglio quando e come decidi che qualcosa va dipinto. Cosa cattura la tua attenzione?
Non c’è un vero e proprio momento in cui decido che qualcosa va dipinto, è un qualcosa che viene da sé. Per me è molto importante raccogliere informazioni un po’ ovunque. Ho un archivio molto ampio in costante crescita di soggetti che meritano di essere dipinti, alcuni perché si legano a me in maniera più personale, altri banalmente per la loro composizione. Mi piace riuscire a rivedermi, anche in minima parte, in quello che dipingo. Forse la costante che li attraversa è il fatto che sono soggetti che non si fermano ad essere tali, ma cercano di andare sempre verso un’altra direzione e la pittura è il loro mezzo per farlo. Hanno tutti un ruolo in una storia che devo ancora capire.
Cosa pensi quando hai il pennello in mano?
Quando ho il pennello in mano tendo a non pensare. Ogni fase del dipinto genera l’altra come in una catena e questa catena varia sempre. Se mi imponessi una serie di passaggi e regole fisse non mi sentirei più libero di seguire il flusso. La parte del pensiero direi che viene più prima e anche dopo il lavoro in sé.
Collabori in maniera “fissa” con una galleria?
No, non collaboro con nessuna galleria, preferisco adesso concentrarmi sul mio lavoro. In questi ultimi anni ho lavorato con molti artisti a Roma e sento che ora è la cosa più importante per il mio percorso.
Che progetti hai per il futuro?
In futuro ho intenzione di girare l’Europa per allargare la mia rete di conoscenze. La prima meta è Barcellona, una città vivace, dove mi sono messo già in contatto con molti artisti interessanti.
Sei giovanissimo: cosa pensi del mercato dell’arte oggi?
Il mercato dell’arte mi fa paura, forse perché non lo conosco ancora a fondo per la mia breve carriera. E credo che probabilmente una volta conosciuto meglio me ne farà ancora di più.
Domanda di rito: il tuo sogno nel cassetto…
Diventare uno skater.
Gloria Vergani
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