Intervista a Mat Collishaw. L’artista degli Young British Artists è in mostra a Milano
Ha lavorato con Damien Hirst e fatto parte del leggendario movimento degli Young British Artists. Mat Collishaw oggi è un artista eclettico, che vuole ragionare sulla psicologia, la storia, la sociologia e la scienza
Mat Collishaw (Nottingham, 1966) è un artista contemporaneo che dopo la laurea nel 1989 al Goldsmiths’ College di Londra entra a far parte del movimento degli Young British Artists, prendendo parte alla celeberrima Freeze organizzata da Damien Hirst (Bristol, 1965) nel 1988, e oggi la sua carriera vanta più di trent’anni di esposizioni in tutto il mondo. Collishaw lavora prevalentemente con la fotografia e con la video arte mixando ai dipinti illusioni ottiche, fotografia, proiezioni e sculture in movimento. Lo spettatore è parte integrante delle opere dell’artista: viene chiamato ad abbandonare una modalità visiva passiva per immergersi e lasciarsi ingannare dai lavori. Collishaw studia la psicologia, la storia, la sociologia e la scienza per analizzare il concetto di esplorazione, sia in termini artistici che quanto più personali. Scavare a fondo, scoprire cosa abbiamo dentro di noi, non lasciarsi spaventare dall’ambiguità che spesso divide forma e contenuto. Bellezza e inquietudine diventano così due facce della stessa medaglia, una medaglia che vediamo rappresentata sotto forma di opere d’arte intriganti e poetiche. La galleria M77 di Milano ha aperto una mostra a lui dedicata, Alluvion, curata da Danilo Eccher. Un’ottima occasione per vedere dal vivo i suoi lavori.
Mat, qual’è il tuo primo ricordo come artista? Da bambino? O forse ti sei auto legittimato più tardi nel tempo?
Ho un preciso ricordo da bambino: avevo disegnato diversi cowboy che giocavano a carte intorno ad un tavolo, uno dei cowboy era un imbroglione mentre un altro cowboy di fronte a lui si stava alzando e gli puntava una pistola. Il tavolo stava per cadere, le bevande, le bottiglie e le carte scivolavano sul pavimento. Gli altri cowboy nel disegno si stavano allontanando dal tavolo per evitare di essere coinvolti in una sparatoria. Ricordo che i miei compagni a scuola sono stati per un attimo catturati da quest’immagine e da quel momento ho capito che era possibile evocare un’immagine e catturare l’attenzione delle persone. Questo se l’immagine è realizzata abbastanza bene e la scena ritratta è convincente. Avevo circa 8 anni.
Quando hai iniziato a creare opere d’arte?
Penso che come con la maggior parte degli artisti anche per me è stato un processo graduale: si commettono degli errori e si impara. Non ho esposto nulla fino a quando non ho creato un’opera d’arte chiamata Bullet Hole, avevo 22 anni. Era una fotografia ravvicinata di una ferita nella testa di un uomo da un manuale di patologia forense, è stato stampata a 4m X 3m e montata in 15 lightbox.
Come funziona il tuo processo creativo: studi, fai ricerca?
Il mio metodo di studio è leggere e studiare. Leggo tutto ciò che posso riguardo ad un argomento che mi interessa, cercando di tessere tutto ciò che apprendo in un’idea coerente. Quando l’idea è quasi formulata comincio a fare dei disegni e a studiare i vari materiali con cui lavorare. Poi faccio molti test ed esperimenti per vedere quale materiale e quale scala funziona meglio. Spesso le opere poi vengono fabbricate in diversi laboratori esterni specializzati in alcuni media, come la stampa 3D.
Raccontaci della tua esperienza come Young British Artist…
Ritengo di essere stato molto fortunato per aver frequentato il Goldsmith College in un periodo estremamente vivo e creativo. C’erano moltissimi giovani artisti estremamente entusiasti ed impazienti di portare il loro lavoro nel mondo reale. Nessuno aveva soldi, quindi non avevamo niente da perdere.
I tuoi lavori nascono da esperienze vissute o piuttosto da stati d’animo che riescono a prender forma solo nei tuoi lavori?
Ogni mio lavoro è senza dubbio modellato dall’esperienza vissuta, anche se la vita è in realtà quello che sta accadendo proprio oggi. Intendo dire che oggi sappiamo cosa sta accadendo alle persone dall’altra parte del mondo proprio mentre sta accadendo. L’unico tempo che esiste è il presente, io indago le cose che trovo intriganti e cerco di trovare un modo per ricrearle come opere d’arte che evocano il mio interesse iniziale per il soggetto.
E cosa ti affascina? Cosa cattura la tua attenzione?
Mi interessa ciò che guida i nostri pensieri, sentimenti e comportamenti. Quanto viene ereditato geneticamente e quanto è programmazione culturale o manipolazione. Sono curioso di sapere cosa mi spinge a comportarmi in certi modi, è un impulso primordiale o un risultato del condizionamento? Penso che sia una questione fondamentale nelle arti visive: l’immaginario è un potente strumento di coercizione che sia in iconografia religiosa, propaganda politica o pubblicità. La tecnologia digitale, in particolare i social media, stanno portando la capacità di costrizione e di manipolazione a livelli senza precedenti. C’è un’ottima citazione dal socio-biologo Edward O. Wilson, che dice qualcosa come “il vero problema dell’umanità è il seguente: abbiamo emozioni paleolitiche, istituzioni medievali e tecnologia divina. Ed è terribilmente pericoloso”.
Credo sia molto interessante l’idea della bellezza e di quanto possa essere maligna. I fiori che si prendono gioco di noi e attraggono gli insetti raccontano di un egoismo e di una tendenza manipolatoria che spesso ritroviamo nell’uomo… Parlaci di questo aspetto narrativo.
Sì, trovo affascinante il modo in cui gli organismi preistorici compiono atti di coercizione e manipolazione, e a mio avviso rendono più comprensibile l’uso da parte delle scienze umane degli stessi strumenti di manipolazione. Alcuni fiori imitano alcuni insetti in modo che il maschio di quella specie di insetti sia attratto dal fiore e inavvertitamente impollini il fiore. Il fiore sta usando una forma di distrazione visiva per controllare l’insetto e usarlo per i propri fini. Naturalmente il fiore non è consapevole di questo processo; è una conseguenza della selezione naturale. È questa generazione cieca di forma che mi ha portato a pensare che fosse un argomento interessante per sperimentare l’uso dell’intelligenza artificiale che genera anche immagini alla cieca. I geni non sono dissimili dal codice del computer e dagli algoritmi che ne sono alla base.
La violenza è un’altra tematica centrale nei tuoi lavori. E non a caso è spesso vista come un ossimoro alla bellezza. Raccontaci la tua visione
Mi interessa sapere perché, come società civile, siamo ancora attratti dalla violenza. Ai giorni d’oggi è sotto forma d’intrattenimento online, giochi per computer e film. Lo psicologo cognitivo Steven Pinker pensa che sia un “sano istinto di sopravvivenza”, un qualcosa che può aiutarci se la violenza scoppia nelle vicinanze e ci minaccia. Siamo affascinati da scene di violenza perché possiamo imparare qualcosa d’inestimabile. Questo innesco evolutivo dei nostri istinti ha reso facile per i progettisti di giochi per computer violenti, per esempio, di dirottare la nostra attenzione. YouTube è un diluvio di violenza sgradevole se si sceglie di andare in quella ‘tana del coniglio’. L’opera d’arte All Things Fall, nella mostra Alluvion da M77 gallery, tenta di riflettere su questo carosello di crudeltà che si è srotolato nel corso dei secoli; la sofferenza umana sacrificata per lo spettacolo.
QUALCHE DOMANDA AL CURATORE DELLA MOSTRA DI MAT COLLISHAW, DANILO ECCHER
Come è stato lavorare con Mat?
Ho iniziato a lavorare con Mat Collishaw nel 1999, sono dunque molti anni che collaboriamo e accanto al rapporto professionale è nata anche una sincera amicizia. Mat è un artista straordinario, curioso e colto, molto preciso sul lavoro, visionario nella poetica. Ciò che appare nella sua arte non è mai ciò che veramente è.
Come racconteresti ad un bambino il lavoro di Mat?
Direi: stai entrando in una fiaba, in un mondo di fiabe che vanno rincorse fermando solo le immagini che ti piacciono.
E invece ad un adulto?
Direi: stai entrando in una fiaba, in un mondo di fiabe dove verità e apparenza si confondono, dove tutto è in bilico, dove scienza e poesia si confondono. Ciò che vedi è solo una maschera che cela altri mille volti, che distrae dalla complessità dei pensieri e dalla profondità delle ricerche. Direi: fermati davanti a ogni opera, scavalca l’immagine e ricerca la narrazione più profonda.
Gloria Vergani
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