L’albergo deve generare un ricordo. Intervista all’architetto Flaviano Capriotti
Da oltre vent'anni impegnato nel mondo dell’hôtellerie, Flaviano Capriotti è il nuovo protagonista della ricognizione sulle traiettorie dell’architettura e dell’interior design nell’hospitality
Dopo un lungo e proficuo percorso professionale accanto ad Antonio Citterio e Patricia Viel –durante il quale ha coordinato progetti in tutto il mondo, compresa la creazione e lo sviluppo di architettura alberghiera per Bulgari – Flaviano Capriotti oggi dirige, con Antonio Guido Cuscianna, il suo studio di progettazione multidisciplinare a Milano. Attivo nel campo dell’architettura, dell’interior e del product design, negli anni si è specializzato sul tema residenziale e alberghiero, ma anche sui luoghi di lavoro e sugli spazi ricreativi, educativi e culturali, mettendo a sistema più di vent’anni di solida esperienza nella creazione di progetti luxury per il settore dell’ospitalità.
Il ristorante della Fondazione Rovati a Milano
Restringendo l’ottica al mondo della ristorazione e dell’hotellerie, sono tre i progetti per noi più rappresentativi firmati Flaviano Capriotti Architetti. Si comincia con il ristorante gastronomico all’ultimo piano e il Caffè-Bistrot Andrea Aprea, nella sede della Fondazione Luigi Rovati, a Milano: nello storico palazzo risalente al 1871, al civico 52 di corso Venezia, lo studio mette in scena un dialogo tra antico e presente, memoria e cultura, gastronomia e design, matericità ed emozione, come “punto di incontro tra la filosofia di Andrea Aprea e la mia visione, una perfetta sintesi tra due modi di intendere il tema dell’esperienza sensoriale: tra alta gastronomia e percezione dello spazio, coinvolgendo vista, tatto ed udito. [..] Innovazione, modernità, ricordo, attenzione alla memoria e alla tradizione sono gli ingredienti con cui abbiamo progettato i due ambienti.” Il ristorante per 36 coperti – uno spazio dal grande impatto scenografico, dove una vetrata panoramica apre lo sguardo sul parco di Porta Venezia e sullo skyline urbano – si sviluppa su 400 mq, suddivisi in 210 mq di sala, private dining, cantina, hall d’ingresso e 190 mq di cucina, completamente a vista. La grande sala centrale è caratterizzata da pareti rivestite di conci di bucchero – la caratteristica ceramica nera con cui gli Etruschi realizzavano i loro vasi –, realizzati su disegno a mano da un artigiano del Viterbese, che Capriotti ha voluto per creare una linea di continuità con il Museo d’Arte, progettato invece da Mario Cucinella Architects, che ospita una importante collezione privata di reperti etruschi.
Due recenti progetti di Flaviano Capriotti Architetti
Da una collaborazione di lunga data tra Park Hyatt Milano e Flaviano Capriotti (anche il Mio Lab Bar, con il suo dehors, erano stati progettati dall’architetto nel 2015), nasce il restyling del ristorante Pellico 3 Milano, interno al cinque stelle lusso meneghino. Un progetto in cui alta cucina e design si uniscono. Lo spazio infatti, 120 mq con 28 coperti nella sala principale e fino a 10 nella private dining room, è caratterizzato da una palette cromatica che segue le suggestioni provenienti dalla filosofia gastronomica dell’Executive Chef Guido Paternollo, prevalentemente ispirata alla cultura mediterranea. Recentemente rinnovato e ampliato, il Faloria Mountain Spa Resort di Cortina si pone come nuovo modello di riferimento nel panorama alberghiero dell’intero arco alpino. Camere ridisegnate, una SPA di oltre 1000 metri quadrati, un ristorante gourmet e nuovi spazi comuni: Flaviano Capriotti ha progettato ambienti in armonia con il contesto paesaggistico, dove la tradizione incontra spunti contemporanei, nell’uso dei materiali, delle tecnologie applicate e nella ricerca di comfort e atmosfera.
Intervista all’architetto Flaviano Capriotti
Laureato al Politecnico di Milano nel 1998, Flaviano Capriotti è stato insignito del XVIII Compasso d’Oro Premio Progetto Giovane. Oltre all’architettura, agli interni e al product design, collabora con importanti istituzioni accademiche come la Tsinghua University di Pechino, la Domus Academy e il Politecnico di Milano. Ecco cosa ci ha raccontato in merito all’architettura per l’ospitalità, ai trend da tenere d’occhio, al significato di lusso contemporaneo.
Descrivi il tuo lavoro in 3 parole.
Spazio, comfort, luce.
Cosa vuol dire, oggi, progettare spazi per la ricezione e l’accoglienza? Quali sono gli elementi che non possono mancare?
Vuol dire creare luoghi per vivere esperienze autentiche. Generare un ricordo nella mente degli ospiti è fondamentale. La qualità e la cura devono riflettersi innanzitutto nel modo in cui sono concepiti gli spazi e i percorsi, che devono diventare luoghi dalla forte identità capaci di veicolare il DNA dell’hotel e del luogo in cui si trovano. La narrazione del design non è mai arbitraria, è sempre legata a un luogo e a un tempo, in cui la qualità non riguarda la decorazione ma l’articolazione intelligente dello spazio, l’uso intelligente dei materiali e della luce.
Cosa intende con “lusso” Flaviano Capriotti?
Il lusso è un concetto sempre complesso da esprimere: non vuol dire necessariamente ricco, anche se molto spesso lusso e ricchezza vengono associati e si sovrappongono. Il lusso per me, invece, è autenticità ed esperienza.
Quali secondo te i progetti o i progettisti che hanno fatto la differenza in questo settore?
Tra gli “incontri” che considero più fortunati posso ricordare quello tra Jan Schrager e Philippe Starck: hanno introdotto il concetto di boutique hotel, puntando su un’ospitalità dedicata al lifestyle attraverso la creazione di spazi di grande energia e ironia, ambienti per incontrare, divertirsi e condividere. Da quell’incontro ebbe inizio un nuovo tipo di albergo, ancora attuale.
Le tendenze dell’architettura per l’ospitalità
E quali identifichi come trend nel mondo hospitality del 2023?
L’hotel si sta aprendo ormai a più funzioni che coesistono. Uno dei trend confermati del 2023 è proprio la combinazione di viaggi business e piacere: c’è sempre maggior fluidità tra lavoro e tempo libero. Gli architetti dovranno per questo essere sempre più capaci di anticipare le tendenze. L’architetto storicamente è sempre stato un visionario, un innovatore, una figura tra scienza e arte, capace di cristallizzare periodi storici in edifici, città o anche solo oggetti.
A cosa guardi con interesse in Italia e all’estero?
Oggi guardo con molto interesse le piattaforme dedicate all’accoglienza come Airbnb, che lavorano sul concetto di ospitalità diffusa e riguardano anche località trascurate dall’accoglienza tradizionale. Rifletto su come queste piattaforme in poco più di un decennio hanno cambiato il concetto stesso di ospitalità e rivitalizzato interi territori. Grandi gruppi che operano nel settore hospitality si stanno muovendo creando concetti simili.
Il tuo progetto (di hôtellerie) del cuore?
Il mio progetto del cuore è stato il primo affrontato. Qualcosa di inaspettato quando sei molto giovane: si tratta del Bulgari Hotel di Milano, al quale ho lavorato più di 20 anni fa, durante la mia permanenza presso ACPV Architects.
E il tuo sogno nel cassetto?
I sogni si tengono segreti, anche se il lavoro che faccio è già la realizzazione di un sogno lontano.
Giulia Mura
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