Il libro che interpreta il nostro rapporto con la morte (ma attraverso l’arte)
Si concentra sulla presenza di chi manca il libro che parla della morte attraverso le immagini di chi resta. E l’arte aiuta a esplorare un terreno sempre difficile da affrontare. L’intervista a Giovanna Brambilla
Qual è il legame tra chi muore e chi resta? E come l’arte può aiutarci a comprendere questo rapporto? Giovanna Brambilla dà alle stampe un saggio importante, che illumina angoli oscuri e punti bui che forse solo l’arte riesce a sondare.
Parliamo con lei di come è nato il libro Aldiqua, immagini per chi resta.
Intervista a Giovanna Brambilla sul libro Aldiqua
Partiamo dal titolo e dall’opera in copertina, che non rassicura, e quindi illumina, una prospettiva da sondare. In che momento è stato scritto questo libro?
Il titolo ha avuto una gestazione complessa. Il libro parla di chi resta, stringe il campo sui vivi, sul loro dolore ma anche sulla capacità di ricostruzione dedicata dalla memoria dei legami, e non volevo che leggendo le parole sulla copertina la prima immagine fosse quella della morte, che il rimando semantico fosse alla fine, a una parola definitiva. Aldiqua è un’invenzione geniale di mia figlia, con cui mi sono confrontata sui miei dubbi, porta in modo stringente a pensare a noi, lancia lo sguardo oltre la siepe, genera possibilità, apre e non chiude. Il libro nasce da un incontro che mi è stato chiesto di tenere a Bergamo, in seguito ai peggiori mesi del Covid, dall’Associazione Le Piane, ed era importante parlare della presenza di chi manca, della mancanza per chi resta e di legami. Come sempre, per questi incontri si raccoglie una mole di materiale immensa, ricca di sollecitazioni, e da qui l’idea di darle una forma compiuta, grazie al supporto editoriale di Lubrina Bramani.
Il titolo Aldiqua ci guida verso un concetto fondamentale, che tocca tutti noi e che chiama in causa da sempre l’arte, ovvero la morte. Vuoi parlacene?
Il libro parla della morte, lo ricorda anche Giacinto Di Pietrantonio in apertura, ma le immagini scelte sono quelle di chi resta, e che con la morte deve fare i conti perché, come ricorda Marcel Duchamp, “in fondo sono sempre gli altri che muoiono” (aveva scelto questa scritta per la sua lapide). In una società dove si chiede di funzionare più che esistere, in cui si teme sempre di più il confronto con la normalità del nostro essere mortali, questo tema viene costantemente eluso, levato agli sguardi di bambini e ragazzi, che così non sono protetti da un brutto avvenimento, come sembrerebbe all’apparenza, ma ingannati sul senso dell’esistenza, su quel suo limite che è al tempo stesso sprone a fare delle nostre esistenze qualcosa di speciale, che ci consente la grazia dei ricordi, che è motore di creatività e ingegno.
La morte nell’arte
Altro tema che attraversa il libro e la storia dell’arte è quello del rapporto pubblico/privato, delle infinite storie che ogni opera porta con sé nei secoli.
Per le opere scelte cercando di coprire temi e ambiti diversi, non ho voluto procedere in ordine cronologico, perché quello che mi stava a cuore erano le istituzioni di perdita e commiato. Per questo alcune opere, come quella di Picasso, non rimandano a eventi reali, ma vanno incontro al gusto del collezionismo; altre, come il Compianto Baglioni di Raffaello,intrecciano un lutto familiare con una storia dinastica. Altre ancora, come David Kirby sul letto di morte di Therese Frare, fanno di uno straziante dolore personale un’immagine che diventerà un’icona per combattere lo stigma dell’Aids. Cildo Meireles denuncia le sparizioni in Brasile, mentre la doppia foto dei funerali di Aldo Moro, quelli privati e quelli di Stato, che la famiglia non voleva, senza corpo, raccontano in modo severo proprio questo contrasto.
E infine quindi l’arte riesce davvero a colmare certe assenze, a rispondere al nostro innato desiderio di immortalità, o meglio di non essere dimenticati?
Credo di sì. Siamo gli unici esseri viventi che seppelliscono i propri morti perché attribuiamo un fondante valore simbolico a chi ci lascia e questo valore lo rappresentiamo proprio attraverso le arti, che non hanno mai abdicato al compito. Forse l’opera di Giuseppe Stampone, Duration, lo racconta bene: costruita come l’immagine di un abecedario è priva di un’immagine rappresentativa. Il dolore ha una durata, non è per sempre, non è sempre, e non possiamo dare alla durata un’immagine se non quella di uno spazio vuoto, deputato ad accogliere il tempo necessario.
Annalisa Trasatti
Giovanna Brambilla – Aldiqua. Immagini per chi resta
Lubrina Bramani Editore, Bergamo 2023
Pagg. 160, € 18
ISBN 9788877667946
www.lubrina.it/
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