Una raccolta viva e che muta nel tempo. Intervista alla collezionista Marina Croce
Dalla passione di famiglia per l'arte italiana a quella per le giovani artiste internazionali. Abbiamo chiesto alla collezionista come nasce e si trasforma questa collezione e quale è la sua idea del sistema dell'arte
Marina Croce ha iniziato a collezionare negli anni Novanta a Milano, dove vive occupandosi di consulenza finanziaria, ma anche di mecenatismo e di impegno nel mondo dell’arte e della cultura. Senza, peraltro, aver mai paura di mescolare le carte in tavola, potremmo dire.
Muovendosi in modo originale e dinamico tra la tradizione e le ricerche più contemporanee, Croce riesce ad abbracciare la passione di famiglia per l’arte italiana e l’interesse per le ricerche delle più giovani artiste internazionali, in una linea interessante, curiosa ed elastica. Ci siamo fatti raccontare la sua collezione, ancora da scoprire.
Quando e come comincia la storia della sua collezione? Qual è la prima opera che ha acquisito?
La prima opera che ho comprato è stata una scultura di Arturo Martini, Dio e Patria, e ho iniziato a collezionare nel 1992. Penso che il mio sia stato un percorso naturale verso il collezionismo: mio nonno era un collezionista, soprattutto di artisti italiani, ed è stato lui a portarmi nelle gallerie d’arte da bambina.
Come è cambiato il suo sguardo da quegli inizi e cosa resta di quella tradizione?
All’inizio amavo solo la scultura, poi naturalmente, negli anni, il mio gusto si è evoluto e modificato, più volte anche. Adesso, infatti, al rovescio, ho soprattutto opere pittoriche. Una possibilità che mi interessa sempre è avvicinare e mettere a confronto artisti giovani e poco conosciuti con altri già molto affermati, amo il dialogo che si crea fra loro.
L’ultima opera acquistata e le sue ultime passioni/ossessioni?
Un lavoro di Jemima Murphy, una giovane artista inglese. Molte delle opere della collezione devo dire sono di artiste donne. Come Kylie Manning, anche, a proposito di nuove passioni. Una giovane artista americana che avevo scoperto in una piccola galleria di New York, Anonimous Gallery, e che da un anno è con Pace. Di lei sono riuscita a comprare nel tempo tre opere, ma sempre con più difficoltà, come sempre accade quando una giovane e brava artista approda a una top gallery.
Come scova gli artisti e le artiste che le interessano?
Andando alle fiere, ma anche appunto nelle gallerie. E spesso sul web.
Si prefissa un budget da rispettare o sceglie d’istinto? E quanto conta il parere anche di altri professionisti?
No, non ho un budget prestabilito, perché tendenzialmente compro le opere che mi emozionano. Anche sulla base dei consigli di persone e professionisti che stimo. Ho una galleria di riferimento, che è Kaufmann Repetto di Milano, così come ad aiutarmi c’è l’art advisor Mattia Pozzoni, per esempio.
Se le chiedo i nomi che riassumono l’identità della sua collezione quali artisti le vengono in mente per primi?
Direi che gli artisti più rappresentativi per il mio modo di collezionare, tra quelli che possiedo, potrebbero essere Nicolas Party, che ho conosciuto di persona e che amo molto. Ed Clark, anche. Di entrambi ho tre opere. Poi Katharina Grosse: di lei c’è in collezione un’opera degli inizi della carriera e poi un’altra successiva, comprata da Gagosian. Sono tre anche le opere, tra cui un drape, che ho di Sam Gilliam, così come di Simone Fattal, che ho prestato in diverse occasioni espositive e a numerosi musei. Poi Joan Capote e Duane Hanson, ma anche Cecily Brown, Latifa Echakhch o Pae White, Andrea Bowers, e… E potrei andare avanti all’infinito!
Quale è la sua idea di collezionismo e come immagina il futuro della sua collezione?
Collezionare arte riempie il cuore di bellezza e al tempo stesso è uno strumento potente per aprire la mente ai cambiamenti della società, aiutando così ad evolvere e a crescere. La mia collezione è viva e continua a mutare nel tempo. È un essere vivente per me. Non so dire come si evolverà, ma so che lo farà.
Quanto e in che modo ritiene sia importante oggi il collezionista all’interno del sistema dell’arte?
Attribuisco un ruolo fondamentale ai collezionisti per il mondo dell’arte, soprattutto per il loro sostegno attivo alle istituzioni. É quello che faccio in prima persona con l’associazione Amichae per tre musei di Milano. Ed è quello il motivo per cui sono sempre stata e sono tuttora disponibile a prestare opere della mia collezione per le istituzioni pubbliche.
Un aspetto che del sistema dell’arte le piace e uno meno?
Mi piace molto la globalizzazione, e la possibilità di connessione che fino a pochi decenni non esisteva e non era pensabile; mentre non mi piace l’eccessiva speculazione sui giovani artisti e avallata dalle gallerie e da quei collezionisti che trattano l’arte alla stregua delle cripto-valute.
Cristina Masturzo
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