È morto a 100 anni Carlo Guarienti, l’artista della realtà dell’illusione

L’artista trevigiano, d’adozione romana, vicino a de Chirico prima, poi ad Arturo Martini, esordì con i Pittori Moderni della realtà, per poi intraprendere un percorso concentrato sulla geometria e l’alterazione della figura. Scompare a 100 anni

Alla fine del 2022, il Castello Estense di Ferrara dedicava a Carlo Guarienti la prima antologica mai realizzata per indagare un percorso artistico segnato da un processo di metamorfosi costante. Una lunga carriera, quella dell’artista trevigiano, classe 1923, che ha attraversato buona parte della storia del Novecento, proiettandosi poi nel XXI secolo, fino al centesimo compleanno, festeggiato poco più di un mese fa, il 28 ottobre scorso.

Carlo Guarienti, Il guerriero, 1947 49. Collezione Franca Bournique
Carlo Guarienti, Il guerriero, 1947-49. Collezione Franca Bournique

Carlo Guarienti e la realtà dell’illusione

A Guarienti, scomparso a Roma il 5 dicembre, la grande retrospettiva ferrarese ha riconosciuto la caparbietà nell’inseguire la rappresentazione della “realtà del sogno” (un realismo basato sul pensiero), in un percorso espressivo e formale votato alla metafisica, però sostenuto dallo studio dei maestri rinascimentali, quel Quattrocento italiano capace di distillare l’essenza del reale, purificandola, proprio come farà la Metafisica nel XX secolo. L’arte ci serve per non morire di realtà, titolava in merito un’altra mostra sul lavoro di Guarienti, allestita nel 2018 alla Pinacoteca Albertina di Torino. Guarienti, dopo una laurea in medicina all’Università di Padova e due anni trascorsi all’Accademia di Belle Arti di Firenze come preparatore di anatomia artistica nell’ultimo scorcio della Seconda guerra mondiale, esordì come artista nel 1949, aderendo al Manifesto dei Pittori Moderni della realtà, insieme a Pietro Annigoni, Xavier e Antonio Bueno, Gregorio Sciltian, Giovanni Acci e Alfredo Serri.

Carlo Guarienti - L’arte ci serve per non morire di realtà
Carlo Guarienti – L’arte ci serve per non morire di realtà, Pinacoteca Albertina, Torino, 2018

Chi è stato Carlo Guarienti

Già nel ’46, a Treviso, alcune opere della sua prima produzione dichiaravano la sintonia con la ricerca coeva di Giorgio De Chirico, che ebbe modo di conoscere personalmente a Roma. Ma nel ’50, partecipando all’Antibiennale di Venezia organizzata dal Pictor Optimus in polemica proprio con i pittori moderni, inizia a perseguire una visione di immaterialità che privilegia lo spazio e le linee, rispetto alla figura. Del 1953 è la sua prima personale a Roma, presso la galleria L’Obelisco; nello stesso anno espone a Parigi e Milano. A metà degli anni Cinquanta, stimolato dalla lezione di Arturo Martini, elabora una poetica fantastica e visionaria e nel 1956, anno in cui si trasferisce definitivamente a Roma, viene invitato alla XXVII Biennale di Venezia; nel ’57 è alla Permanente di Milano. Nel ‘63 è tra i pittori selezionati per la Prima Antologica degli artisti romani a Palazzo delle Esposizioni. Tra gli Anni Settanta e Ottanta, Guarienti diventa pittore di geometrie: i temi ricorrenti sono solidi, linee, numeri, segnali stradali; la figura umana ritorna nelle sue ultime opere, dove spesso si ritrae come decomposto, in pittura come in scultura, rugginosa, metafisica, puramente mentale.

Carlo Guarienti – L’opera grafica 1942-2014 - MIG, Castronuovo di Sant’Andrea 2015 - courtesy MIG e l’artista
Carlo Guarienti – L’opera grafica 1942-2014 – MIG, Castronuovo di Sant’Andrea 2015 – courtesy MIG e l’artista

La pratica artistica come sperimentazione, tra pittura, scultura e grafica

Guarienti, del resto, ha sempre lavorato per inventare nuove tecniche (come la pittura alternativa all’olio, dalla tempera all’uovo al caseato di calcio, cui si avvicina in qualità di esperto restauratore di affreschi) e ricercare nuove forme, dedicandosi alla pittura come alla scultura e alla grafica (a 15 anni già plasma le prime figure in creta, a venti disegna e dipinge), e distinguendosi tra i più apprezzati esponenti dell’arte contemporanea italiana e internazionale, lucidissimo e desideroso di fare fino alla fine dei suoi giorni. Alla grafica, accanto alla produzione principale che spazia dai grandi dipinti alle sculture in bronzo, si è dedicato con costanza dagli Anni Quaranta ai Duemila, producendo un corpus imponente di litografia, xilografie e serigrafie, che rivelano accenti surreali e immaginifici, dalla rappresentazione di paesaggi stranianti agli animali fantastici, alle forme geometriche. Si ricorda anche il suo lavoro come scenografo, negli Anni Cinquanta e Sessanta della Rai.

Livia Montagnoli

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