Muore a 89 anni Giovanni Anselmo, l’artista dell’altrove e tra i fondatori dell’Arte Povera
Nelle fila del movimento di Arte povera fin dalla sua formazione, l’artista piemontese nel tempo aveva sviluppato un linguaggio personale caratterizzato dalla tensione, da un’energia in potenziale ben rappresentata da tutte le sue opere
È morto 89 anni Giovanni Anselmo, artista conosciuto a livello internazionale per essere stato tra gli artisti fondatori della corrente Arte povera. La sua produzione artistica, spaziando tra installazione, pittura e fotografia, ha sviluppato il suo linguaggio nel tempo, senza mai venir meno a un principio essenziale: costruire l’opera sulla base di un’energia in potenziale e di una tensione inesauribile. Da Torsione del 1968 in poi, tutto il suo lavoro ha ruotato attorno tale principio. L’alternanza di materiali metallici e industriali a quelli organici, unita a un particolare apporto poetico, l’hanno portato ad essere uno dei massimi esponenti del poverismo e del concettualismo in Italia. Ripercorriamo i punti salienti della sua storia.
Giovanni Anselmo nell’Arte Povera
Giovanni Anselmo nasce a Borgofranco d’Ivrea il 5 agosto 1934. Compie studi classici ed esordisce come pittore autodidatta nel 1967 alla Galleria Vincenzo Sperone di Torino, all’interno di una mostra collettiva. Nell’ambiente torinese entra in contatto con il critico d’arte Germano Celant, che proprio a quel tempo componeva le fila di Arte povera, che sarebbe diventato uno dei movimenti più riconosciuti e affermati dell’arte italiana del secondo Novecento. È in questo gruppo, accanto a Michelangelo Pistoletto, Piero Gilardi, Gilberto Zorio e agli altri componenti, che Anselmo supera la pittura e mette le basi del proprio linguaggio artistico maturo. Dopo alcune mostre nell’ambito dell’Arte povera, nel 1968 ottiene la sua prima personale alla Galleria Sperone e contemporaneamente inizia a presentare alcuni suoi lavori in occasione di eventi internazionali. Come la storica esposizione di Berna When Attitudes Become Form, curata da Harald Szeemann nel 1969, caposaldo dell’espressione concettuale. Anselmo prende parte alla Biennale di Venezia nel 1978, nel 1980 e nel 1990 anno in cui vince il Leone d’oro per la Pittura.
L’opera di Giovanni Anselmo
“I miei lavori sono veramente la fisicizzazione della forza di un’azione, dell’energia di una situazione o di un evento”, dice Anselmo a proposito della sua opera. Dagli anni ’60, fino alla fine, ha prodotto installazioni e lavori legati al concetto di energia, giocando su rapporti di equilibrio tra spinte contrapposte e tendendo sempre a un “oltre”, a un altrove indefinito ma desiderato. Tra le più conosciute, Torsione del 1968 è composta da un panno di fustagno mantenuto attorcigliato da una barra di ferro, il cui movimento è impedito dalla presenza della parete: lì si accumula tutta l’energia “in potenza” a cui il tessuto è costretto. In Senza titolo (Struttura che mangia) un cespo di lattuga è trattenuto tra due blocchi di granito; entrambe le opere visualizzano il concetto di entropia, assunta dal filosofo Georges Bataille, molto apprezzato tra le fila di Arte povera. Respiro, del 1969, enuclea il fenomeno della dilatazione del metallo: due sbarre di ferro trattengono una spugna, che quando la temperatura si abbassa ed il metallo si restringe, “respira”. L’elemento temporale è fondamentale in Neon nel cemento, 1967-1969, definita dallo stesso artista “un’opera inquietante”, in quando contenente la sua stessa morte: quattro tubi al neon, collegati a un circuito elettrico, sono cementati dentro altrettanti blocchi in calcestruzzo posati a terra. A intravedersi è solo un alone indefinito della luce. Anselmo crea anche alcuni libri d’artista, tra cui Leggere nel 1972, nel quale ogni pagina riporta la stessa parola in progressivo restringimento e dilatazione, e Particolari visibili e misurabili di INFINITO, che inizia con pagine del tutto nere arrivando a visualizzare dettagli della parola “infinito”.
L’opera di Giovanni Anselmo: i graniti
Ampliando e approfondendo la ricerca di partenza, nel corso degli anni Ottanta Anselmo elabora un ciclo di lavori formati da blocchi o lastre di granito, sospesi o tenuti in equilibrio da cavi di acciaio e nodi scorsoi, talvolta messi in relazione con l’idea di oltremare. Ancora, gli elementi della tensione e dell’equilibrio precario fanno la propria parte: è proprio grazie all’agire continuo della forza di gravità che l’opera si regge, cercando in qualche modo di annullare la percezione del suo stesso peso. Appartenente a questa serie, Verso oltremare, 1984, è formata da una grande lastra in pietra di forma triangolare appartiene a questa serie: posizionata quasi verticalmente, la lastra viene retta da a un cavo d’acciaio, in modo che il vertice superiore tenda, senza toccarlo, a un piccolo rettangolo di blu oltremare dipinto a parete. L’oltremare assume così significati molteplici: è il colore dell’intervento pittorico; è il nome del pigmento, in riferimento all’origine del minerale, anticamente importato in Europa da terre lontane, “al di là del mare”; è quell’altrove a cui Anselmo non cesserà mai di tendere. Nel 1984 è stato tra i primi artisti ad esporre nella famosa mostra inaugurale del Castello di Rivoli, Ouverture; la stessa istituzione gli ha dedicato nel 2016 una personale (la prima in un museo torinese) lasciandogli carta bianca nell’ideazione di un preciso progetto negli spazi della Manica Lunga.
Giovanni Anselmo: le ultime mostre e i riconoscimenti
“Anselmo appartiene a una generazione di artisti per i quali la riduzione, l’impoverimento appunto, della pratica dell’arte ai suoi componenti primari – materiali, concettuali, poetici – è insieme una strategia di azzeramento dell’espressività tradizionale e la condizione per spingere opera e spettatore verso una diversa relazione con ciò che giace oltre i confini del sensibile, che vive solo in una dimensione mentale: la totalità, l’energia, l’invisibile, l’infinito”, scrive Stefano Chiodi, critico d’arte, raccontando su Doppiozero la mostra del 2019-20 Giovanni Anselmo, Entrare nell’opera all’ Accademia Nazionale di San Luca di Roma. Una mostra svoltasi in occasione dell’assegnazione del Premio Presidente della Repubblica, “concepita da lui nei minimi dettagli, senza l’intervento di curatori. Una mostra ricca di tante piccole sensibilità, che racconta l’evoluzione della ricerca di un artista che ha sempre puntato all’essenziale, riservando la propria attività espositiva alle occasioni necessarie, senza mai strafare”, commentava il critico Ludovico Pratesi su Artribune. A Torino, Giovanni Anselmo è il protagonista della nuova edizione di Luci d’Artista, inaugurata lo scorso 27 ottobre: “intitolata ‘Orizzonti’, l’installazione è costituita da quattro luci di colore blu che riportano i nomi dei quattro punti cardinali (Nord, Est, Sud e Ovest): un lavoro che mette in relazione un luogo specifico di Torino con uno spazio molto più ampio capace di superare i suoi stessi confini”, scrive Valerio Veneruso. “Fortemente voluta da Carolyn Christov-Bakargiev e dal direttore della GAM Riccardo Passoni, l’opera si presenta come una sorta di dispositivo in grado di consentire tanto allo spettatore quanto al passante casuale di andare oltre il mero dato spaziale superando idealmente gli orizzonti della stessa città”.
http://www.archivioanselmo.com/
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