È morto Antonio Paolucci, lo storico dell’arte che ha dedicato la vita alla tutela
Classe 1939, Paolucci è scomparso all’età di 84 anni. Allievo di Roberto Longhi, dalla fine degli Anni Sessanta ha prestato servizio presso diverse sovrintendenze e istituti impegnati nella tutela e conservazione del patrimonio artistico. Ministro per i Beni Culturali e Ambientali tra il ’95 e il ’96, ha diretto i Musei Vaticani per quasi un decennio. A lui sarà intitolato l’Auditorium degli Uffizi
Era il 1969 quando Antonio Paolucci iniziava la sua carriera amministrative come funzionario alla Sovrintendenza dei Beni Artistici e Storici di Firenze. Negli Anni Ottanta sarebbe stato Sovrintendente a Venezia, Verona e Mantova, oltre che Direttore dell’Opificio delle Pietre Dure a Firenze (dall’86 all’88), ma l’incarico più importante arrivò durante il Governo Dini, con l’impegno da Ministro per i Beni Culturali e Ambientali, ricoperto nel biennio ’95-’96. Nel ’97, dopo il sisma che colpì l’Umbria e le Marche, fu anche commissario straordinario del governo per il restauro della Basilica di San Francesco ad Assisi (e nel 2018 la storia si è ripetuta, con la nomina a presidente della Commissione di indirizzo per il concorso di progettazione internazionale propedeutico alla ricostruzione della Basilica di San Benedetto da Norcia, danneggiata dal terremoto del 2016). L’ultimo incarico amministrativo l’aveva, invece, riportato in Toscana, come Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, sino al collocamento a riposo per raggiunti limiti d’età, avvenuto nel 2006. Ma nel profilo di uno degli storici dell’arte più influenti e stimati del secondo Novecento si annovera anche la direzione dei Musei Vaticani, per quasi un decennio, dal 2007 al 2016, negli anni in cui fu completata la climatizzazione della Cappella Sistina, operazione essenziale per preservarne gli affreschi.
Il ricordo di Antonio Paolucci. Un uomo di cultura
Classe 1939, nato a Rimini, Paolucci è mancato a Firenze il 4 febbraio, all’età di 84 anni. Tra i primi a ricordarne lo spessore intellettuale e professionale, oggi, c’è Eike Schmidt, ex direttore degli Uffizi (ora alla guida del Museo e Real Bosco di Capodimonte, a Napoli), a lui legato da un rapporto di stima reciproca: “La scomparsa di Antonio Paolucci crea un grande vuoto nel mondo della cultura. Profondissimo conoscitore della storia dell’arte, museologo di fama mondiale, colpiva per la cristallina chiarezza del suo pensiero. Era questa la chiave della sua capacità di comunicare a tutti pensieri altissimi e concetti complessi, rendendoli accessibili. E della grande umanità con cui ha saputo guidare e ispirare i colleghi nel loro lavoro, me incluso. È stato per me un onore poter sempre contare sui suoi consigli e sul suo esempio”. Si associa il direttore entrante degli Uffizi, Simone Verde: “Stanotte ci ha lasciato un uomo di Stato e uno dei più significativi studiosi italiani degli ultimi decenni, con doti di eloquio e scrittura impareggiabili e un naturale talento nel diffondere il sapere. Non solo: Antonio Paolucci possedeva la capacità di governare l’arte e il suo mondo, di soprintendere ai suoi delicatissimi equilibri”. In suo onore, comunicano le Gallerie degli Uffizi, l’Auditorium del museo porterà il suo nome.
Ma arrivano, puntuali, anche gli omaggi istituzionali: “L’Italia perde un uomo di cultura appassionato e rigoroso, un instancabile studioso che ha dedicato la sua vita alla tutela, alla promozione e alla valorizzazione del nostro patrimonio artistico e culturale”, evidenzia il ministro Gennaro Sangiuliano. Mentre il sindaco di Firenze, Dario Nardella, lo ricorda come “studioso e storico di primissimo piano, uomo delle istituzioni, intellettuale raffinato. Nel ruolo di Ministro nel Governo Dini ha dato lustro a Firenze e all’Italia. Ha guidato egregiamente il Polo museale fiorentino e da soprintendente ha fatto parte della giuria internazionale che ha assegnato a Isozaki il progetto di uscita degli Uffizi. Fino a quando è stato possibile Paolucci non ha mai fatto mancare la sua voce, anche critica, sulle principali vicende culturali italiane. Una voce sempre riconoscibile, lucida, mai banale, che ora ci mancherà”, chiosa il titolare di Palazzo Vecchio, chiamando in causa l’autorevolezza di Paolucci per riportare l’attenzione sulla spinosa querelle della Loggia Isozaki (che non si farà).
L’impegno di Antonio Paolucci
Del resto, lo storico dell’arte riminese, che Firenze l’aveva vissuta sin dagli anni della formazione, come allievo di Roberto Longhi (con laurea conseguita nel 1964), per eleggerla a città d’adozione e scrutarla dalla prospettiva – privilegiata e insieme complicatissima – di chi ha il compito di amministrarne l’enorme patrimonio culturale, non si è mai tirato indietro di fronte alla necessità di indicare la via. E proprio a pochi giorni dal pretestuoso accanimento politico contro le dichiarazioni di Cecilie Hollberg, aiuta ricordare che nel 2021, intervistato dal Corriere della Sera, Paolucci si soffermava sul pericolo della “mono-cultura del turismo dei grandi numeri”, cui Firenze aveva finito per convertirsi, rinunciando alla pluralità di “voci politiche e religiose, voci intellettuali, artistiche, di chi lavora all’innovazione”, che l’animava in passato. “Ma c’è spazio su cui lavorare, si può ancora invertire la tendenza. Anche se con enormi difficoltà”, spiegava fiducioso, non facendo mistero di apprezzare la “svolta” verso l’arte contemporanea di una Firenze impegnata ad andare oltre l’etichetta di “culla del Rinascimento”.
Antonio Paolucci e l’importanza della tutela
Figlio di antiquari, Paolucci respirò la passione per le cose antiche sin da piccolo. Di Longhi (scomparso nel 1970) sarebbe stato l’ultimo allievo, con una tesi sugli Zaganelli da Cotignola, due pittori dell’ultimo Quattrocento emiliano-ferrarese. A Bologna si specializzò, invece, con Francesco Arcangeli. Ma alla sola ricerca – che pure ha continuato a esercitare per tutta la vita, curando pubblicazioni e mostre – preferì, da subito, un ruolo più attivo nell’ambito della tutela delle opere d’arte, fautore di un’idea del restauro che non può esplicarsi al meglio nella sua dimensione tecnico-operativa senza il sostegno di un’operazione “politica” di tutela del contesto (in linea con il pensiero di Giovanni Urbani). Da autore con spiccate qualità narrative, Antonio Paolucci ha pubblicato numerose monografie su artisti e temi del Rinascimento (da Piero della Francesca ad Antoniazzo Romano, Raffaello in Vaticano e Michelangelo; e poi approfondimenti su Malatesta, Gonzaga, i dipinti dei Musei Vaticani, le Tombe medicee), libri sul restauro (Il laboratorio del restauro a Firenze, 1986; Il braccio nuovo. I volti del restauro, 2016) e sulla tutela, manuali (come il compendio sull’Arte Italiana: mille anni di storia, edito da Giunti nel 2006; o L’alba dell’arte. Dal paleolitico alla caduta dell’impero romano, sempre per Giunti, ultima pubblicazione curata, in uscita nel 2024). Del 2007 è la pubblicazione del libro (Olschki) che raccoglie i suoi Scritti d’arte tra il 1996 e il 2007, tra tutela e pubblica amministrazione, mostre e critica. Paolucci ha inoltre collaborato con diverse testate giornalistiche (Il Sole 24 Ore, La Repubblica, La Nazione) e riviste specializzate (Paragone, Bollettino d’arte), e insegnato all’Università di Firenze e all’Università di Siena. Nel 1997 fu nominato presidente dell’Accademia di Belle Arti di Carrara. Tra le molte mostre curate, si ricordano Masaccio e il suo tempo (Firenze, 1990), Piero della Francesca (Arezzo, 2007), il progetto sulle corti italiane del Rinascimento (Il Rinascimento in Italia. La civiltà delle corti, Roma e Tokyo, 2001), la Mostra Giorgione (Castelfranco Veneto, 2009), La bella Italia. Italia, Italiae (Torino, 2011). Era Accademico dei Lincei, Accademico ordinario dall’Accademia delle arti del disegno di Firenze, Cavaliere della Gran Croce e della Legion d’Onore. Nel video che condividiamo a questo link, un compendio del pensiero sulla storia dell’arte di Antonio Paolucci, protagonista dei Martedì Critici nel 2017.
Il funerale avrà luogo martedì 6 febbraio, alle 15.30, nella Basilica della Santissima Annunziata di Firenze.
Livia Montagnoli
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