È morto il gallerista Giorgio Marconi, grande promotore dell’arte contemporanea in Italia
Il suo Studio Marconi, fondato nel 1965, è stato molto più di una galleria privata, concepito come “luogo in cui si espone, si studia, si progetta e si discute”. E Giorgio Marconi, scomparso nella notte tra il 19 e il 20 maggio all’età di 94 anni, ha dedicato tutto se stesso alla “missione” dell’arte
Era il 1965, quando, accantonati gli studi di Medicina, Giorgio Marconi sceglieva di dedicare la sua vita all’arte, aprendo uno spazio espositivo a Milano (Studio Marconi), in via Tadino 15, nel luogo in cui suo padre, Egisto, gestiva un atelier di cornici. Un luogo destinato a diventare presto nodale per le sorti di molti artisti italiani, collettore di esperienze d’avanguardia e fulcro della scena culturale e artistica meneghina. Marconi, classe 1930, nato proprio a Milano, ebbe infatti l’opportunità di entrare in contatto con un vasto panorama di talentuosi artisti grazie al mestiere di suo padre, che per molti nomi di spicco dell’arte degli anni Trenta realizzava cornici.
Studio Marconi e la promozione dell’arte contemporanea
Così Marconi, nel frequentare personalità come Valerio Adami, Enrico Baj, Lucio Del Pezzo, Arnaldo e Giò Pomodoro, Emilio Tadini, si era ritrovato a essere gallerista d’elezione (cresciuto a contatto con gli artisti, di loro diceva: “Nell’arte è pieno di matti, intesi in senso comune, come potrebbe vederli un bancario: gente che pensa e che sogna, che sale sull’ippogrifo e parte“; e a proposito della professione che aveva scelto: “il mestiere del gallerista è quello di guardare sempre avanti con la curiosità di capire o, per lo meno di provare ad intuire, in che direzione va l’arte contemporanea), mosso peraltro da una grande capacità comunicativa e da un approccio innovativo al ruolo, evidente sin dalla prima mostra presentata allo Studio Marconi, nel novembre del 1965, con le opere di quattro artisti italiani: Lucio Del Pezzo, Mario Schifano, Emilio Tadini e Valerio Adami. “Ci abbiamo messo del nostro scegliendo modi di comunicare un po’ diversi del solito. Per la prima mostra ci siamo inventati un catalogo mai visto prima: abbiamo messo in una scatola quattro puzzle, ognuno riportava uno dei lavori in mostra. Perché l’ho fatto? Perché ho pensato che i cataloghi sono come quando vai dal barbiere: questo ti taglia i capelli e parla delle sue cose, di calcio… tu sfogli una rivista e passa via tutto. Cosa ti resta? Invece se ti si spezza il puzzle, beh devi metterti lì a ricostruirlo. E ci devi pensare, devi ragionare sull’immagine che stai componendo“, raccontò a proposito di quella collettiva seminale Marconi ad Artribune nel 2013, in una lunga intervista rilasciata a Francesco Sala. L’evento avrebbe segnato la strada per gli anni a seguire, caratterizzando la galleria di Giorgio Marconi come spazio di sperimentazione e dialogo tra artisti, affine a uno spazio museale, capace di valorizzare il lavoro di giovani artisti emergenti e maestri già affermati, sia a livello nazionale che internazionale, tra cui Joseph Beuys, Alberto Burri, Alexander Calder, Gianni Colombo, Willem De Kooning, Sonia Delaunay, Antonio Dias, Lucio Fontana, Man Ray, Giuseppe Maraniello, Joan Miró, Louise Nevelson, Giulio Paolini, Francis Picabia, Mimmo Rotella, Aldo Spoldi, Antoni Tápies, Giuseppe Uncini, Franco Vaccari e William Wiley.
Giorgio Marconi tra editoria e scouting dell’arte contemporanea
Ma Studio Marconi è stato anche editore, sviluppando una linea editoriale che ha anticipato i moderni magazine di settore. Artisti come Gianfranco Pardi, Emilio Tadini e Bruno Di Bello hanno collaborato attivamente a questo processo, offrendo il proprio contributo alle pubblicazioni e suggerendo persino il nome della galleria – Studio Marconi – in quanto “luogo in cui si espone, si studia, si progetta e si discute”.
E mentre la sua galleria si consolidava come punto di riferimento culturale a Milano, Giorgio Marconi viaggiava per il mondo per stringere le collaborazioni che gli avrebbero permesso di proporsi sempre come una voce innovatrice in città, aggiornata sugli esiti più recenti dell’arte internazionale. A Londra, la vicinanza con il mercante d’arte Robert Fraser gli permise di entrare in contatto con gli artisti della Pop Art inglese: Peter Blake, Patrick Caulfield, Richard Hamilton, David Hockney, Eduardo Paolozzi, e Joe Tilson.
Dalla Galleria Gió Marconi alla Fondazione Marconi
Nel 1992, la mostra dell’artista cinese Hsiao Chin ha chiuso la programmazione di Studio Marconi (oltre 180 mostre all’attivo, tra cui anche “prime” importanti a Milano, come quella di Man Ray, di cui Marconi è stato grande collezionista), in vista del successivo capitolo, rappresentato dalla nascita della Galleria Gió Marconi – fondata insieme al figlio Gió e altrettanto importante per il mercato dell’arte milanese – e, più tardi, dal concretizzarsi della Fondazione Marconi, nel 2004. Da qui in poi l’obiettivo è stato quello di continuare a lavorare con gli artisti, gestire le loro opere e promuovere mostre di rilievo in Italia e all’estero. Per la sua passione e l’impegno ultradecennale nella valorizzazione dell’arte emergente – con l’influenza che ha esercitato sull’evoluzione della scena artistica italiana – nel 2018, Giorgio Marconi ha ricevuto il premio ANGAMC alla carriera, conferitogli dall’Associazione Nazionale delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea: “Riceverlo vuol dire aver svolto un buon lavoro non solo per me e la mia galleria ma anche per gli altri“, commentò Marconi allora.
Oggi la Fondazione Marconi possiede un vasto archivio in costante aggiornamento, documentando così oltre cinquant’anni di ricerca nel campo dell’arte moderna e contemporanea, sia nazionale che internazionale.
Scomparso nella notte tra il 19 e il 20 maggio 2024, Giorgio Marconi si è spento all’età di 94 anni, e sarà ricordato come uno tra i galleristi più influenti e attivi in Italia.
I funerali si terranno mercoledì 22 maggio alle 11 presso la chiesa di San Fedele a Milano.
Livia Montagnoli
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